Salemi, la storia di “Pasqualino U' pusteri”. "Vi racconto la mia missione ai tempi degli emigrati"
di: Mariangela Messina - del 2016-09-21
I postini hanno un santo protettore, Carlo Bukoswki, e di protezione loro ne hanno davvero bisogno. Ogni giorno sprezzanti del pericolo, percorrono migliaia di chilometri in giro per le vie della città con i loro motorini, spesso vecchi e scassati per cui è una gran fortuna arrivare a fine giornata senza neppure una sosta obbligata.
Attraversano la città consapevoli o semiconsapevoli che essa gli appartiene. Le strade, le scorciatoie, gli incroci, i lavori al manto stradale, i locali vecchi e nuovi, gli abitanti e i turisti sono per loro come un libro già letto di cui conoscono a memoria trama e personaggi. Sanno bene la particolarità del loro mestiere e quanta pazienza devono avere, ogni cittadino ha il suo umore ma al postino il sorriso sulle labbra non deve mai mancare.
È stato proprio un sorriso speciale, accompagnato da garbo e modo di fare a far sì che il salemitano Pasquale Marrone, portalettere per circa 40 anni per le vie di Salemi, si conquistasse la fiducia di tutti i cittadini che ancora oggi ne conservano un buon ricordo.
La posta a quei tempi arrivava con il treno a Palermo e a Trapani e poi da lì veniva distribuita negli uffici postali dei paesi con il servizio AST (pullman).
A Salemi allora la Posta aveva la sua sede nel corso principale del paese e qui avvenivano due distribuzioni al giorno una la mattina e una il pomeriggio, non si conoscevano domeniche, feste, anzi nei periodi festivi (pasqua, natale) il lavoro era maggiore e la corrispondenza immane per cui entravi la mattina alle 8 e potevi uscire pure alle 24.
Vi erano solo due porta lettere per il paese e uno per le zone di campagna. Incuriositi dal conoscere le dinamiche e le difficoltà di questo lavoro, abbiamo avuto il piacere di incontrare lo stesso Pasquale ormai in pensione che ha aperto il cassetto della memoria.
Pasquale, che vita era quella del porta lettere? Come funzionava prima la corrispondenza? Per quanti anni ha fatto il porta lettere?
"Ho fatto il portalettere per circa 40 anni! Prima non era come oggi, non c’era la televisione, a Salemi non si conosceva il telefono e tutto avveniva tramite posta e per le urgenze si usava il telegramma e io ho iniziato proprio così.
Quando ero piccolino (1940-41 circa), parliamo degli anni in cui alle spalle di Via Monte rose (zona in cui tutt’oggi lui vive) c’era la casina occupata dal 5° reggimento di fanteria, la corrispondenza in paese era immane e colui che si occupava di distribuire i telegrammi era molto anziano per cui io quando finivo la scuola, per sole tre mila lire al mese, lo andavo ad aiutare.
La mia fortuna è stata quella di passare molte ore in mezzo ai soldati e uno di loro era un telegrafista per cui con il tempo vedendo le mie capacità mi insegnò il linguaggio morse e ad usare il telegrafo per cui quando ho iniziato a lavorare alle poste ho iniziato come telegrafista.
Avevo acquisito molta praticità e spesso mi bastava solo sentire il suono trasmesso per decifrarne la scrittura e trascriverla. Io ho iniziato a fare il portalettere di ruolo nel 1955 (fino al 1985) e ho svolto il mio servizio sempre a Salemi con una sola eccezione dal 1971 al 1975 quando dopo aver ricevuto una promozione ad “operatore interno” sono stato trasferito a Bologna. Dopo quattro anni però mi hanno proposto di rientrare a Salemi e io ho colto subito l’occasione e me ne sono tornato nella mia terra".
Come ha iniziato questa carriera?
"Ai miei tempi per diventare portalettere dovevi avere compiuto 18 anni, avere una buona condotta (bisognava possedere il certificato penale), poi ci si scriveva come “sostituto” del portalettere di ruolo e dopo 180 giorni si servizio svolto, anche saltuario e non per forza continuativo, se si voleva gli spettava il posto di diritto.
Anche se comunque ai tempi fare il portalettere non conveniva ed era un posto poco ricercato perché oltre ad essere un lavoro faticoso la paga era scarsa, si guadagnava solo 27 mila lire al mese. Io comunque risparmiando e facendo tanti sacrifici nel 1957 sono riuscito lo stesso a sposarmi e mantenere i miei tre figli maschi.
La situazione ovviamente è cambiata e le condizioni sono migliorate quando sono sorti i sindacati e si sono interessati anche di noi. Allora le condizioni delle strade erano particolari, per raggiungere molte abitazioni c’erano gradinate, strade piene di buche etc. per cui sarebbe stato impossibile distribuire la posta con la bici o in altro modo, l’unica soluzione era a piedi.
Ogni giorno era infiniti i km che percorrevo in divisa in compagnia della mia bisaccia carica di posta per raggiungere tutti i compaesani, anche quando pioveva. Il servizio postale non conosceva sosta e condizioni meteo, quando pioveva coprivo la bisaccia con una mantellina e proseguivo nel mio lavoro".
Sappiamo che era chiamato con un certo soprannome
" Tutti mi chiamavano “Pasqualino u pusteri” (Pasqualino il postino). Per me fare il portalettere era una missione, non era un lavoro e mi dispiacevo molto quando qualcuno aspettava notizie e non le riceveva.
Gli anni in cui ho iniziato a lavorare molte persone avevano i figli imbarcati, molti erano emigrati in Canada e in Venezuela e avere loro notizie era sempre un’immensa gioia. In paese mi conoscevano tutti e tutti avevano fiducia in me.
Conoscevo proprio tutti, sapevo ciascuno cosa aspettava. Ogni giorno le persone sapevano l’ora in cui facevo il giro della zona e, soprattutto le anziane signore, mi aspettavano dietro le grate delle porte in attesa di un mio cenno di conferma o meno di notizie".
Ricorda qualche aneddoto che vuole raccontarci?
"Di certo il ricordo più caro e tenero che porto è quello di una ragazzina con un forte handicap che le impediva di parlare. Lei aveva un fratello in Germania e aspettava sempre con ansia che le arrivassero sue notizie per cui tutti i giorni si metteva dietro la finestra e mi aspettava, non appena io passavo lei già conosceva il mio cenno e se capiva che c’erano notizie per lei cominciava ad emettere un suono, quasi un grido per far si che la madre la sentisse e potesse scendere subito a ritirare la posta".
Anche durante gli anni del terremoto, che ha colpito Salemi (1968 e seguenti) sebbene l’ufficio postale era andato distrutto e in sostituzione la posta veniva consegnata in una “baracca” provvisoria, scomoda e di piccole dimensioni, il servizio postale non si è fermato.
Molte case sono andate distrutte ma Pasquale conosceva una per una le famiglie. Sapendo dove si fossero trasferite provvisoriamente, riusciva lo stesso a far recapitare la posta a ciascuno. Un uomo che ho amato molto il suo lavoro e che di esso ne conserva un piacevole ricordo.