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Francesco Calcara "bacchetta" la politica di Sgarbi

Augurando buon anno

del 2011-12-31

Immagine articolo: Francesco Calcara "bacchetta" la politica di Sgarbi

(ph. mazaraonline.it)

Dopo l'articolo pubblicato nei giorni precedenti sul concorso indetto a Salemi per individuare tramite un concorso la figura del Vicesindaco si sono scatenati i commenti che hanno visto intervenire diverse personalità note politiche e non di Castelvetrano e Salemi. Degno di particolare rilievo è stato il commento di Franceco Saverio Calcara che alle "accuse" di un tale Roberto Ferranti che lo tacciava di frustrazione politica così ha risposto:

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  • Ecco come va il mondo: un guitto che gestisce un Comune con trovate populiste (le famose case a 1 €), assessorati al Nulla, concorsi, tipo miss Italia, per scegliere un vicesindaco, che fa della volgarità da angiporto il suo pane quotidiano (Pompeo, Bocchino, Cinquemani, prova orale....) è un demiurgo da invidiare; mentre chi mette in evidenza la deriva demagogica e l'oggettivo spregio delle istituzioni, sarebbe un politicamente frustrato e, udite udite!, un moralista che inveisce.

    Posso assicurare Roberto Ferranti di essere assolutamente appagato di quanto in politica ho potuto fare per la mia città, la quale - forse la cosa gli è sfuggita - proprio qualche settimana fa è stata protagonista di tutte le cronache culturali per il grande convegno tenutosi al parco archeologico, promosso fra gli altri da un atentico (lui sì!) uomo di cultura come Valerio Massimo Manfredi.

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  • L'accusa di moralismo è quella tipica che si scaglia quando si sono esauriti gli argomenti, nè essa mi tange, anzi mi onora. Chi è un moralista? Un moralista è colui che conosce l’umanità, sa che il legno storto non lo si può raddrizzare, e fa di tutto perché le persone siano dolorosamente consapevoli di questo, si emendino per il possibile, e per il resto lascino alla giustizia di essere giusta e alla morale di essere una faticosa conquista, non una bandiera faziosa impugnata da chi urla di più. Il grande filosofo tedesco Immanuel Kant era un moralista. Il moralista vero, classico, rispettabile, da cui si può imparare qualcosa e che si rende compatibile con le regole liberali e una democrazia non radicale, non utopistica, non ipocrita, è colui che conosce la politica con le sue regole, l’impasto di bene e di male necessario al governo degli uomini. Niccolò Machiavelli era un moralista, cercava di mettere un argine massiccio contro la prepotenza dei suoi tempi, l’anarchia, lo spirito di fazione distruttivo, e predicava una modernità laica, discutibile nelle conseguenze secolari ma così distante dagli illusionismi spirituali e politici dei Savonarola dell’epoca. Moralista era Montaigne, che sapeva tutto e non voleva insegnare nulla, se non il fatto che vivere è un “imparare a morire”. Moralista era Cervantes, che rese eroiche e buffe le passioni dell’amore e della stessa giustizia nella figura immortale del Cavaliere dalla faccia triste, il Don Chisciotte.

    Magari mi fossi avvicinato a costoro! Ho solo cercato di dar voce al buon senso e di stigmatizzare chi erge l'apparire e l'urlare a criterio di verità. Mi creda, Roberto, quando si pone all'ingresso del centro abitato la scritta: "Benvenuti a Salemi, la città di Sgarbi", non si rende un buon servizio alla comunità, se non forse nell'immediato. Ci potrà essere qualche curioso in più (e io dubito francamente che ce ne siano di così tanti) che può rimanere ammaliato da una estemporanea provocazione, ma alla lunga questa politica non paga. La strada di una crescita sociale e civile passa da ben altro, così come abbiamo cercato di fare, tra tante difficoltà, anche a Castelvetrano (teatro, accademie, archivi, scuola di musica, laboratori, sostegno alle produzioni tipiche, strumenti di pianificazione economica, progetti finanziati coi fondi strutturali, ecc. ecc.). Forse i risultati saranno meno eclatanti, ma alla fine saranno più duraturi e solidi. Del resto, lei conosce il famoso proverbio: "fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce". Senza rancore, cordialità e auguri di un buon anno.

    Nel messaggio giunto alla nostra redazione Calcara augura un buon 2012:

    Anno nuovo, vita nuova: che proverbio insulso e insopportabile! La vita nuova sembra non arrivi mai, come insegna Leopardi nel suo dialogo sul venditore di almanacchi, il più breve delle “Operette Morali".

    Il paradosso del nostro tempo è che abbiamo edifici sempre più alti, ma moralità più basse, autostrade sempre più larghe, ma orizzonti più ristretti. Forse, in tempo di crisi, abbiamo speso meno, ma il vero guaio è che abbiamo anche meno, dentro; forse abbiamo comprato meno, ma il dramma è che sorridiamo meno. Abbiamo case più grandi e famiglie più piccole, più comodità, ma meno tempo. Abbiamo più istruzione, ma meno buon senso, più conoscenza, ma meno giudizio, più esperti, e ancor più problemi, più medicine, ma meno benessere.

    Beviamo troppo, fumiamo troppo, viviamo, a volte, al di sopra delle possibilità, ridiamo troppo poco, guidiamo troppo veloci, ci arrabbiamo troppo, facciamo le ore piccole, ci alziamo stanchi, vediamo troppa TV, e preghiamo di rado. Abbiamo moltiplicato le nostre proprietà, ma ridotto i nostri valori. Parliamo troppo, amiamo troppo poco e odiamo troppo spesso. Abbiamo imparato come guadagnarci da vivere, ma non come vivere. Abbiamo aggiunto anni alla vita, ma non vita agli anni. Siamo andati e tornati dalla Luna, ma non riusciamo ad attraversare la strada per incontrare un nuovo vicino di casa. Abbiamo conquistato lo spazio esterno, ma non lo spazio interno. Abbiamo creato cose più grandi, ma non migliori. Abbiamo pulito l'aria, ma inquinato l'anima. Abbiamo dominato l'atomo, ma non i pregiudizi.

    Scriviamo di più, ma impariamo meno. Pianifichiamo di più, ma realizziamo meno. Abbiamo imparato a sbrigarci, ma non ad aspettare. Costruiamo computers più grandi per contenere più informazioni, per produrre più copie che mai, ma comunichiamo sempre meno. Questi sono i tempi del fast food e della digestione lenta, grandi uomini e piccoli caratteri, ricchi profitti e povere relazioni. Questi sono i tempi di due redditi e più divorzi, case più belle ma famiglie distrutte. Questi sono i tempi dei viaggi veloci, dei pannolini usa e getta, della moralità a perdere, delle relazioni di una notte, dei corpi sovrappeso e delle pillole che possono farti fare di tutto, dal rallegrarti al calmarti, all'ucciderti. E' un tempo in cui ci sono tante cose in vetrina e niente in magazzino. Un tempo in cui la tecnologia può farti arrivare questo articolo in tempi reali, come si suol dire, e in cui puoi scegliere di condividere queste considerazioni con altri, o di cancellarle. Un tempo in cui domina la pretesa di affermare diritti, senza curarci di quelli del prossimo, tanto meno dei doveri: parola obsoleta, da armamentario passatista, in odore di fascismo. Si nega il diritto di esistere al proprio avversario – professionale, culturale, politico – che si vorrebbe poter sopprimere, forse anche fisicamente.

    Altro che auguri. Anche quest’anno è cominciato col peso della paura: bombe, guerre, attentati, epidemie, esperimenti genetici, contingenza economica, tutto fa pensare che “le magnifiche sorti e progressive” portino a un vicolo cieco. Per quanto mi riguarda, non ho particolari buoni propositi da fare per l’imminente 2012, prenderò quello che verrà cercando di tanto in tanto (o magari spesso) di aggiungere qualcosa di mio.

    Da un po’ di tempo gli anni corrono e trascorrono molto più in fretta; come dice Francesco de Gregori: "Avevo pochi anni e vent'anni sembran pochi, poi ti volti a guardarli e non li trovi più”; cosicché a starvi dietro è sempre più difficile. Ricordo quando ero adolescente – “garzoncello scherzoso”, avrebbe detto Leopardi - che per passare un anno ci voleva un'eternità e ora che la maturità ci fa vivere meglio ogni istante, il tempo se ne va in fretta, e dunque l'unico modo per starvi dietro è forse quello di non pensare a quello che verrà. Non è ovviamente un invito a vivere alla giornata, ma a prendere tutto quello che ci sarà dato e viverlo con intensità: “Dum loquimur, fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero”! Mentre parliamo, fugge il tempo geloso: cogli l'attimo, non pensare a domani, esclama il sempre attuale Orazio; “Ricompriamo il tempo”, fa dire Manzoni al buon Federigo; “Tutto è grazia”, soggiunge l’indimenticabile curato di campagna descritto da Bernanos.

    Cogliere l’attimo, ricomprare il tempo, vedere in ogni cosa il segno di un progetto più grande, significa oggi non cadere nel catastrofismo, ma convincersi che il nuovo anno si inizia ogni giorno; pensare che per ciascuno l’anno coincide con tutta la sua vita, la quale, come diceva S. Teresa d’Avila è breve ed incerta – una cattiva notte in una cattiva locanda – ma che non per questo non deve essere ben vissuta. Del resto, un antico proverbio arabo, citato spesso da Rudyard Kipling, racconta di una formica nera su una pietra nera in una notte nera; ma Dio la vede, conclude. Quella formica è ciascuno di noi. Buon anno.

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