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"La prima volta che vidi Triscina me ne innamorai. Era il 1970.."

di: Pietro Errante - del 2018-10-15

Immagine articolo: "La prima volta che vidi Triscina me ne innamorai. Era il 1970.."

Ho visto Triscina per la prima volta nel 1970. Avevo 19 anni. Con i miei genitori eravamo andati nella contrada marina raggiungibile allora percorrendo una trazzera  piena di buche e avvallamenti, poi diventata la strada provinciale di oggi. Neopatentato condussi la vecchia seicento color sabbia fino allo spiazzo sterrato che si affacciava sul mare.

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  • Avevamo percorso più di dieci chilometri facendo delle vere e proprie gimkane per evitare buche e fossi, cunette e avvallamenti di quella orribile strada.

    Mio padre, innamorato di mare e grande appassionato di pesca, aveva avuto offerta da un amico una intera “lenza” di terreno a 500 lire metro quadrato. Con meno di 5 milioni si poteva acquistare un lotto di quasi 10000 metri quadrati, ma a noi per la stessa cifra ne erano stati offerti ben 20000, quasi l'intera lenza, una bellissima striscia di terra e sabbia che si tuffava a mare dal pianoro della strada principale.Mia mamma si oppose fieramente: non amava il mare, non amava quel posto desertico, non amava quella strada infernale, non era mai stata propensa a comprare cose insicure e dalle prospettive incerte. Papà, con suo disappunto,  lasciò sfuggirsi l’affare.

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  • Quella contrada però, mai vista prima di allora, mi aveva letteralmente stregato: chilometri di spiaggia immacolata, mare turchino pulitissimo, immense dune di sabbia, canneti, uliveti, qualche limone, cedri e pomodorini piccoli e dolcissimi. Su quelle dune mi arrotolai diecine di volte fino a raggiungere le limpide acque del mare. Grazie a mio nonno che aveva un magazzino rurale in quella contrada, spesso passai estati memorabili su quelle dune , facendo il bagno in un mare limpido e cristallino, prendendo il sole su spiagge deserte e pulite.

    Non era esagerato paragonare quel paradiso alle mete esotiche dell'Africa dirimpettaia ! Bellissime le coste, ma bellissime anche le campagne sabbiose nelle quali venivano coltivati vigneti e pomodorini ma anche limoni e cedri. L’acqua potabile non era un problema: bastava scavare pochi metri magari  con l’ausilio di una trivella ed ecco per incanto spuntare una vena d’acqua fresca e zampillante.  Acqua  buonissima, dal gusto leggero e piacevole.

    Si scendeva a mare attraverso le sabbie lisce e vellutate interrotte da trazzere appena accennate su cui passavano i pochi trattori e i carretti tirati dai muli.

    Le prime vacanze nella casa colonica dei nonni acquisiti si svolgevano con i ritmi dell’antica solitudine: non c'era una casa a perdita d'occhio, tutto era veramente selvaggio naturale, spontane. I ritmi della vacanza erano sempre gli stessi:sveglia col canto del gallo, colazione con fichi d’india, pane fatto in casa, oppure "pani cunzatu"(pane di casa con aglio olio e pomodoro e la classica sardina salata), a pranzo pasta con aglio e pomodoro, frugale cenacon i prodotti dell'orto e poi tutti attorno al tavolo a sentire i racconti del nonno col lume a petrolio dato che ancora non era arrivata l’energia elettrica.

    Ci raccontava di aver fatto la guerra a Rodi dove aveva saputo smontare e rimontare un mitragliatore a occhi bendati, era stato a Barletta "paisi chinu di muschi" e diaver fatto il viaggio di nozze con nonna Lilla "darrè la cantunera" (dietro l'angolo per dire che non ne aveva fatto), di "aver comprato quella terra con annesso macaseno purannu li sordi a lu nutaru nta un pfazzulitteddu di sita". Si rideva, si giocava, si cercavadiammazzare il tempo per non andare a letto con le galline. A sera tardi, tra il frinire delle cicale e l’abbaiare dei cani si restava incantati sotto un cielo stellato da mozzare il fiato.

    Poi tutti a nanna nell’unica stanza disponibile per riprendere il giorno dopo la vacanza fatta di mare, spiagge, dune, uva e pomodori, fichi secchi, polverine magiche di aromi, spruzzati sulla pasta, e poi ancora pomodori secchi, olive schiacciate, fichi d'india dolcissimi, sieste pomeridane sutto i cedri giganteschi e secolari appollaiati sulle morbide sabbie di rena dorata.

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