Ricordando il "boom" edilizio a Triscina. Quando la disoccupazione diventò un ricordo
di: Pietro Errante - del 2015-08-14
(ph. Foto: eurekabooking.com)
Dagli anni ’70 alla fine degli anni ’90 Castelvetrano godette di grande ricchezza economica, grazie alla fervida attività edilizia esplosa nella vicina borgata di Triscina. Questa era una zona rurale di grande fascino e bellezza con i terreni sabbiosi coltivati quasi del tutto a vigneto , separati dalla candida chilometrica spiaggia a causa delle immense dune che il vento accumulava.
Erano gli anni della sfrenata corsa alla costruzione della classica casetta al mare.
La trafila era sempre la stessa: strisce di terra degradanti dalla trazzera verso il mare venivano messi in vendita e di solito interi nuclei familiari acquistavano il terreno indispensabile per costruire la propria casa al mare, un sogno per molti castelvetranesi, che difficilmente potevano trovare posto nella vicina e affollatissima Selinunte.
Il grande problema, esploso negli anni seguenti, era quello di una mancata regolamentazione urbanistica del territorio, per cui le costruzioni che in pochi anni divennero migliaia erano in gran parte abusive, dunque prive di opere di urbanizzazione: niente acqua (ma solo pozzi privati) niente fognature (ma solo pozzi neri, nel migliore dei casi), niente strade (ma solo trazzere quasi impercorribili). Insomma solo spiaggia e mare, nient’altro.
Le famiglie spesso si costruivano una casetta mettendo a lavoro l’intero nucleo: tutti collaboravano dal capofamiglia fino ai figli in tenera età, alle donne e perfino agli anziani utilizzati come manovali. In men che non si dica, quattro mura ed un tetto erano sufficienti ad ospitare la famiglia per il periodo estivo (solitamente luglio e agosto).
Ovviamente costruire migliaia di abitazioni significò dare lavoro incessante a muratori, falegnami, ebanisti, piastrellisti, impiantisti, commercianti, trasportatori ecc..
Ci furono anni in cui veramente la disoccupazione sembrò essere solo un problema di altri.
In un ventennio, una zona rurale semisconosciuta, neanche segnata nelle carte geografiche, divenne una metropoli del mare dove si riversarono non solo castelvetranesi, partannesi ed altri abitanti dei limitrofi centri belicini, ma anche palermitani, agrigentini, nisseni ecc.
Le magnifiche stupende dune di sabbia, scomparirono quasi d’incanto, utilizzate per l’edilizia che in quegli anni toccò livelli d’occupazione impensabili e mai più ripetibili.
La politica dapprima non intervenne, lasciò fare, permise in silenzio e lavandosene le mani, nella speranza di una soluzione cercata sempre in altri. Tutta una serie di leggi di sanatoria edilizia permise di regolarizzare una parte dell’immenso patrimonio urbanistico.
Finiti gli anni del boom economico, rimasero giganteschi problemi di sistemazione del territorio che d’estate diventa un immenso dormitorio di villeggianti, d’inverno una desolata terra di nessuno, abitata da poche diecine di famiglie, prive di qualunque servizio (C’è solo un bus che sale e scende da Castelvetrano un paio di volte).
Nel corso degli anni successivi, molti giornalisti famosi come Giorgio Bocca, Michele Santoro ed altri dedicarono libri e trasmissioni televisive al fenomeno Triscina.
Nel mio piccolo me ne occupai con numerosissime inchieste sul Giornale di Sicilia che sortirono discreti risultati: sistemazione della cosiddetta strada di Bresciana che collega Castelvetrano a Triscina , qualche miglioramento della via del Filo Campobello-Menfi e dotazione di silos di acqua potabile(ora rimossi).