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Castelvetrano, storia del feudo della Campana tra onze, confini e abbandono

di: Salvatore Di Chiara - del 2022-08-14

Immagine articolo: Castelvetrano, storia del feudo della Campana tra onze, confini e abbandono

Una trazzera disseminata al confine tra due comuni, abbandonata nella sua cruda realtà tra vigneti, uliveti, magaggiari, ampie cave e isolamento territoriale. Siamo di fronte all’ex feudo della Campana, oggetto di dispute e possedimento in mano ai castelvetranesi fino al 1955.

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  • Attaccato al territorio castelvetranese per un piccolo lembo di poche centinaia di metri, al confine con l’ex feudo di Fontanelle (dove passava la strada originaria partendo da Castelvetrano) e della Guardiola (territorio di proprietà campobellese), il feudo ha rivestito una sua onorevole importanza nella storia principesca della nostra città.

    Faceva parte della Baronia di Birribaida, comprendente anche i territori di Seggio, Latomie e Bresciana. Dopo una lunga peripezia, iniziata con l’assegnazione della foresta di Birribaida da re Ruggero a Curzio Fimetta, nelle epoche successive (aragonese) fu ceduta a Tommaso Lentini.

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  • Tra il 1400 e il 1500 subentrò la famiglia Firreri con obblighi di assunzione dello stesso cognome da parte dei futuri eredi. Fino a quando, tra il 1630-31, il Duca di Terranova Don Diego acquistò in permuta il sito e iniziò un percorso di rinnovamento. Era abbastanza vasto e di salme 1200, costituito prevalentemente da magaggiari e pascolo.

    Fu concesso per 122 onze annuali per la parte ricadente a vigneti e terre di qualità. Mentre per la parte scadente non era previsto un compenso censo annuale ma di affitti. Proprio la zona eccedente al pascolo di bovini nel periodo invernale era messa sotto il conto affittuario (pagato con onze 135 annuali).

    Rientravano in essa le zone chiamate Campana e Campanotta, gabellato per alcuni anni e compensate con le guardie poste vicino al mare. Mettendo da parte alcune scritture notarili per non appesantire la seguente lettura, l’aspetto storico-ambientale ricongiunge il feudo a particolari architettonici e archeologici di notevole importanza.

    Sulla costa ricadente nel suddetto territorio si ergevano e tuttora si ergono seppur siano cambiate alcune caratteristiche, le torri di guardia di Sorello (o Saurello) e di Granitola (o Mazara). Nell’Ottocento, la zona sud-est (vicino a Tre Fontane) era infestata dalla presenza di una grossa palude detta “Ingegna”.

    In seguito venne bonificata. Intorno al 1870, il principe Diego Pignatelli fondò la borgata di Torretta Granitola. Nel territorio ricadono anche le Cave di Cusa e sulla costa, in prossimità di una grande tonnara, predomina un faro. Percorrendo la vecchia strada che divide i confini delle cittadine di Mazara del Vallo e Campobello di Mazara, è possibile osservare una tipologia di ambiente “particolare”.

    Predomina un paesaggio spento, quasi rude e privo di vivacità. Tra l’abbandono generale, la presenza di palme nane, magaggiari e lentisco provano a scuotere un territorio spento. Le cave moderne furono utilizzate per le costruzioni di alcuni paesi e dismesse alcuni decenni orsono. Raggiungono misure elevate (fino al chilometro di lunghezza) e sono visibili dal ciglio della strada.

    Rispetto ad altri ex feudi studiati, analizzati e visitati in prima persona, questo è la perfetta simbiosi di un mondo diviso in due parti. Da un lato, la folta vegetazione sotto forma di vigneti e uliveti che, alla lunga, cedono il passo all’arido ambiente “quasi desertico”. La Campana è un luogo che inizialmente trasmette poche emozioni ma alla lunga, una volta immersi nella sua centralità, è possibile scavare nella storia castelvetranese. 

    Lo storico Napoli non smette mai di stupire e le sue foto testimoniano atti, fatti e certezze dell’impianto storico cittadino.

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