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C'era una volta “Lu sapunaru” a bordo del carretto. Ricordi e aneddoti

del 2022-08-25

Immagine articolo: C'era una volta “Lu sapunaru” a bordo del carretto. Ricordi e aneddoti

Negli anni passati, fra i mesi di Febbraio/Marzo, arrivava il tempo nei casati dei “burgisi” di “ramazzari” (travasare) l'olio di oliva, prodotto nell'anno precedente, per liberarlo dalla “muria” (la morchia), residuo ricco di polifenoli, formato dalla decantazione dell'olio evo. Allora la macchina “sparti ogghiu”, una centrifuga destinata al processo estrattivo, usata negli antichi frantoi, non era perfezionata come adesso.

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  • In questi mesi, nei quartieri del paese come per incanto si materializzava la figura di “lu sapunaru”, testimoniando la sua presenza con il vociare: “la muria vi canciu pi sapuni”, aggiungendo anche “capiddi m'accattu!”.

    Erano tempi in cui niente si buttava e tutto veniva riciclato per l'economia dell'uomo e per la salute dell'ambiente.

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  • “Lu sapunaru” si aggirava per le vie del paese, guidando un carretto ibrido, le cui ruote erano formate non da legno ma da gomma, cosa che all'epoca mi stranizzava non poco. Oggi, riaprendo i cassetti della memoria, potrei ipotizzare che quelle strane ruote in gomma siano appartenute a qualche sidecar, abbandonato assieme ad altro materiale dai tedeschi, che di stanza presiedevano il campo di aviazione di Castelvetrano.

    Su tale ibrido mezzo, chiamato carretto, trainato da altrettanto ibrido animale, un bardotto, campeggiavano alcuni recipienti:

    - tre taniche in metallo, precedentemente utilizzate dai militari per rifornire di carburante i propri mezzi e al momento usati per versargli la muria;

    - un orcio dove veniva riposto il sapone molle di colore biondo miele e dall'odore di mandorle amare;

    - un capace recipiente in terracotta con coperchio, deputato a contenere una pasta bianca (lu levattacchi), usata per smacchiare la biancheria;

    - in un altro contenitore più piccolo trovava posto “l'azzolu” (azolo), potente sbiancante usato per candeggiare tovaglie e lenzuola, che l'uomo vendeva usando come unità di misura un cucchiaio da cucina;

    - un recipiente cilindrico di modesta entità (silos) con alla base “l'aciddittu” (rubinetto) che conteneva petrolio, il quale veniva venduto sfuso.

    Insomma, era un vero e proprio emporio ambulante. Soddisfatte le vendite, spingeva il ciuccio a riprendere la via, mentre cantilenava: “Arsolio avemu”.

    In foto il Presidente dell'Archeoclub Campobello Cave di Cusa Antonino Gulotta

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