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Quando per gli sposini campobellesi l'Aurora era tappa del primo anno di matrimonio

di: Vito Marino - del 2016-03-26

Immagine articolo: Quando per gli sposini campobellesi l'Aurora era tappa del primo anno di matrimonio

Mi ricordo che fino agli anni ’50 molte persone venivano da Campobello con il carro agricolo o, chi se lo poteva permettere, con il carro “patrunali” tutto scolpito e dipinto e con il cavallo bardato a festa. Moltissime erano le ragazze accompagnate immancabilmente dai mariti, padri o fratelli. Per la civiltà maschilista di allora era una buona occasione per le donne di potere uscire di casa per assistere ad una rappresentazione unica per quei tempi.

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  • All’ingresso del paese dovevano proseguire a piedi. Intorno agli anni ’60 arrivavano pochi carri e si sistemavano direttamente ”a lu chianu”. Essi si trovavano avvantaggiati, rispetto a tutti gli altri spettatori, perché potevano godersi la cerimonia, standosene comodamente seduti sulle sedie poste sul carro e con una visione panoramica di tutta la Piazza.  

    Secondo Giovanni Asaro in “A Castelvetrano l’Aurora” pubblicato in “Il Faro” (a.8, n.15, Trapani 1966), le donne portavano vestiti dai sgargianti colori e nelle dita di entrambe le mani portavano anelli di varia fattura; inoltre si ornavano con collane, bracciali, lunghi orecchini; sul capo portavano fazzoletti di seta dai cento colori, fermati da spilloni d’oro o colorati.

    Di questa usanza rimane il detto: “ma chi sì camubbiddisa?” Oppure: “Pari ‘na camubbiddisa a l’Arora” per indicare una persona vestita in maniera “bagiana” (vistosa).  I colori sgargianti e gli ornamenti d’oro facevano parte dei costumi siciliani antichi ormai scomparsi. Questa usanza è ancora molto viva in Sardegna, dove in occasione di alcune ricorrenze festive partecipano da tutta la Sardegna rappresentanze di ogni paese vestiti con i costumi sardi tradizionali e ricchi ornamenti d’oro.

    A proposito di Campobello, una volta c’era la seguente usanza: negli accordi di fidanzamento spesso scritto, e riportato nell’atto matrimoniale dal notaio, si stabiliva che nel primo anno di matrimonio lo sposo doveva portare la sposa a Castelvetrano in occasione dell’Aurora e della Fiera della Tagliata (terza domenica di settembre).

    Questa usanza iniziata nel 1759 rappresentava “la prima nisciuta” per la coppia. Non dobbiamo dimenticarci che fino agli anni ’50 circa, il basso reddito della popolazione non permetteva ancora di fare il viaggio di nozze e, visitando Castelvetrano, la città più vicina, per quei tempi, già era un successo.  

    La folla che assisteva alla manifestazione era così numerosa (continua anche oggi ad esserlo) che era diventata proverbiale; infatti, in altri casi simili si diceva: - “Ma chi c’è la Rora?” – C’era anche un detto che diceva: “ficiru l’Arora” per indicare la gioia di due persone che, dopo tanto tempo, s’incontrano e corrono per abbracciarsi. - “Sarvatìllu pi la matina di Pasqua” (conservatelo per il mattino di Pasqua) si dice di un qualsiasi capo di vestiario caratteristico, molto vistoso, spesso si tratta di un cappello, perché era proprio durante la funzione dell'Aurora che apparivano certi cappelli d'uomo e certi scialli di donna dai colori assai vivi che si vedevano solo in quella ricorrenza.

    La manifestazione dell’Aurora, tuttora, si fa tutti gli anni anche con condizioni di tempo proibitive; si è svolta durante la guerra e anche nell’anno del terremoto del 1968. Pertanto, voce di popolo dice: “Se non si fa, se la prende Trapani”. 

     

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