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C'era una volta "l’apparaturi". Nel ricordo di "Don Pippinu" Vaiana, indimenticata figura professionale ed eclettica

di: Vito Marino - del 2018-05-03

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Ripropoiamo un articolo a firma di Vito Marino che parla di una indimenticata figura castelvetranese. Nel dopoguerra e fino agli anni ’60 circa, con la ripresa economica, le chiese aperte al culto erano più numerose e le feste religiose si susseguivano una dopo un'altra.

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  • Ad ogni Santo da festeggiare si chiamava “l’apparaturi” per “apparari” (ornare) la chiesa con ornamenti fastosi barocchi fatti di stoffe di seta, damasco e velluto, che dal tetto scendevano fino a terra e ornati di frange e angeli di cartapesta. l’altare era generosamente adorno di fiori e l’illuminazione era sfarzosa. La statua del Santo da festeggiare, come avviene ancora oggi, si portava in processione posta su un carro ornato di angeli di cartapesta, palme, fiori, tessuti di seta e lampadine accese; oppure era portata a spalla. Anche in questo caso interveniva l’apparaturi con la sua esperienza.

    Le spese relative all’addobbo interno provvedeva la chiesa con i propri redditi, mentre le spese da affrontare fuori, specialmente se si trattava della festività per il Patrono della città, provvedeva il Comune, che in occasione delle feste principali provvedeva ad esporre la bandiera italiana in tutti gli uffici pubblici. Oggi l’addobbo è molto semplice, ma in quegli anni occorreva l’opera del “apparaturi”, un mestiere oggi quasi scomparso.

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  • In quegli anni “l’apparaturi” per antonomasia, conosciuto da tutti in paese fu  don Pippinu Vaiana Con delle apposite modifiche egli ornava la chiesa anche in caso di matrimonio e a lutto per il Venerdì Santo o in caso di funerali,  Inoltre, in occasione di alcune processioni come quella del “Signuri di lu tri di Maiu” (il SS. Crocifisso dei padri Cappuccini), in occasione dei posi (soste) organizzate dai fedeli, l’apparaturi preparava un altarino con tanti ornamenti di fiori, piante e statue o quadri di Santi. Siccome era molto noto ai Castelvetranesi, un proverbio locale dice: "cu t'apparà Vaiana?"

    Per significare: “come ti sei vestito? oppure: “chi ti ha vestito in quel modo”? Ma come concorrente di don Pippinu c’era in quegli anni il cugino: Nunzio Vaiana, pure “apparaturi”, anche se meno rinomato. con il quale erano in competizione.

    Anche se si tratta di casi eccezionali, il Vaiana era capace di preparare in casa della sposa un vero altare per potere effettuare, in casi particolari, la cerimonia religiosa del matrimonio. Don Pippinu Vaiana, fino al 1967  era anche uno specialista nel preparare i fantocci del “nannu e la nanna” da bruciare in Piazza la sera del martedì  grasso “sdirri martiri” a conclusione del  Carnevale.  Egli apparteneva ad una famiglia che si è tramandato quel mestiere per varie generazioni.  Il capostipite fu  il padre: Luigi Vaiana, che, assieme al figlio  esercitavano anche il mestiere di fotografo. Don Pippinu ha tramandato questo mestiere al figlio Umberto, che a sua volta  l’ha trasmesso a suo figlio Edoardo.

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