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"Lu Ponti di lu Re" a Castelvetrano, luogo cittadino della resa dei conti

di: Salvatore Di Chiara - del 2025-03-12

Immagine articolo: "Lu Ponti di lu Re" a Castelvetrano, luogo cittadino della resa dei conti

“Stasira ni viremu a li setti a lu Ponti di lu Re!” Detto così, oggi, non sapremmo dare una valida spiegazione. A partire dagli anni Cinquanta - per un “certo” periodo - al ponticello di via Re accadevano cose strane. Il dopoguerra aveva segnato inevitabilmente le coscienze italiane, in particolare quelle
meridionali. Il conflitto - devastante di per sé - aveva lasciato miseria e povertà. In alcuni casi la mancanza di regole destava preoccupazione. La nostra città cercava in tutti i modi di riprendersi economicamente. Una situazione che “mortificava” nel vero senso della parola qualsiasi forma possibilista. In un contesto sociale complicato, i casi delinquenziali erano in aumento, a tal punto che alcuni, in assenza di vere e proprie indagini, rimasero “quasi” impuniti. 

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  • Dai sequestri fino alle morti “ammazzate” agricole erano gli episodi frequenti. Non mancavano le classiche soluzioni “fai da te” con ”appuntamenti per ragionamenti e per sfide al coltello”. La cosa suona alquanto strana, ma nel periodo sopra descritto rappresentava uno dei mali maggiori di Castelvetrano. Una volta congiunte le vie Agesilao Milano e Scinà, il prolungamento era appunto la via Re. La stessa andava a sboccare nella circonvallazione attraverso un piccolo passaggio chiamato appunto “Ponti di lu Re”. Di fatti e misfatti se ne contano a bizzeffe, tra questi l’omicidio di Luigi Maggio. Uno dei casi di cronaca più controversi degli anni Cinquanta. Tutto partì da una frase sibillina: ”ni viremu a lu ponti”.

    Correva il 17 dicembre 1958 quando, a distanza di un anno dal fattaccio, perse la vita il castelvetranese.  Andiamo con ordine. Lo stesso Maggio - nonostante fosse sposato e padre di due bambini - aveva sedotto (cronaca del periodo) una ragazza. Da quest’ultima, malgrado il parere contrario della famiglia, ebbe una bambina. Il “tradimento”, la “fuitina” e la mancanza di rispetto dovevano essere colmati con la sete di vendetta. Per evitare i più facili sospetti, la famiglia assoldò (proprio un anno dopo) un sicario che mettesse fine alla vita del Maggio. Alle 18 di un giovedì qualsiasi, una volta calato il tramonto, un “singolo” colpo di pistola ferì mortalmente l’uomo. La voce si sparse velocemente in città!

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  • Senza remore alcuna, molti pensarono ai componenti della famiglia della donna in questione. In assenza di elementi probanti, il commissario di Polizia Conigliaro ebbe l’intuizione di estendere le indagini altrove. Secondo il “suo” pensiero personale, sarebbe stato riduttivo credere al coinvolgimento familiare. Fu dell’idea che a sparare fosse stato qualcuno, un “tipo inesperto” e dalla mano poco lesta. In pochi giorni cadde il castello delle verità mancate. A sparare era stato un incensurato, un ventiduenne che mai avrebbe commesso un reato di tali proporzioni. Smarrito, incredulo e fragile, lo stesso secondo gli inquirenti, se avesse sbagliato il colpo alla testa sarebbe scappato dalla paura.

    Il caso fu risolto in tempi rapidi. Da quel giorno, una volta evidenziata l’ennesima morte a “lu ponti”, le agitazioni popolari portarono gli inquirenti a setacciare la zona quotidianamente. E finalmente, una delle pagine più tristi della storia castelvetranese “meno recente” venne cancellata.

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