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“Madonna Bona”, un borgo rurale dimenticato e che dava lavoro a tanti agricoltori castelvetranesi e salemitani

di: Salvatore Di Chiara - del 2021-12-15

Immagine articolo: “Madonna Bona”, un borgo rurale dimenticato e che dava lavoro a tanti agricoltori castelvetranesi e salemitani

“ Pozzu viriri li foti? Chissa è Madonna Bona! Chi tempi! Eru nica e cu me nannu iamu sempri dda. Atri tempi, atra Castelvetranu! Lu lunedì pigghiava lu carrettu e scinniamu versu la campagna”.

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  • Inizia così il racconto emozionante della signora Angela, dalle cui parole traspare quella sensazione di un vissuto mai dimenticato. I suoi occhi lucidi, emotivamente propensi al passato, evocano un percorso fatto di immagini, storie e situazioni vissute personalmente.

    Madonna Bona o Buona ha rappresentato per molti contadini una possibilità di lavoro, un modo per una soluzione efficace alle loro precarie condizioni economiche. Situazioni che raccontano un periodo storico di stenti, con l'Italia alle prese  con le vicissitudini del dopoguerra e di conseguenza, una situazione socio-finanziaria piuttosto difficile.

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  • Castelvetrano viveva una lenta fase di assestamento economico: la mancanza di opportunità lavorative creava enormi disagi ai cittadini che si dedicavano per lo più ad umili lavori di campagna. Madonna Bona fu l'occasione per alcune famiglie castelvetranesi e salemitane per sopperire a questo disagio.

    La contrada era formata da distese di ettari adibite alla coltivazione di carciofi e gestite dal noto avvocato Bruscia. Quest'ultimo decise di affidare le colture ad alcuni coltivatori, gestendo la produzione e vendita dei prodotti a Palermo.

    Gli agricoltori partivano il lunedì mattino prima del sorgere del sole, affrontavano il viaggio con i carretti. Percorrevano la lunga strada che dal centro cittadino scendeva sino a Delia e passavano dal ponte di Baddanu salendo verso la strada regia per Trapani. Percorsa la trazzera, proseguivano verso Madonna Bona.

    Quel luogo compare nelle cartine topografiche sin dai primi anni dello scorso secolo. Col passare del tempo, furono costruiti degli alloggi (con le cucine, i camini e diversi accessori consoni del periodo) e divennero le dimore delle famiglie agricole dal lunedì fino al sabato mattino. Una volta terminata la settimana lavorativa, ognuno ritornava dalle proprie famiglie.

    “Cu si lu scurda l'arcu di l'intrata! Na vota trasuti, ni paria tuttu un divertimentu. Avia 6 anni circa e cu ttanti picciliddi iucavamu na lu spiazzali. C'era na cristiana di 60 anni circa (la signura Catarinicchia) e ni facia fari un saccu di cosi. Li ioca, attività vari, ni la cucina, priparava cosi di manciari e pi niatri era sempri festa!"

     Le parole della signora Angela trasmettono tanta dolcezza ed allo stesso tempo testimoniano la vita semplice del passato non dimenticando anche la grande fatica dei lavori nei campi. Le giornate a Madonna Bona a volte erano interminabili e caratterizzate da sudore e fatica. Soprattutto i periodi invernali erano molto complicati, spesso segnati dalle piogge e le stagioni estive erano calde e afose.

    Oggi si accede al borgo rurale scendendo lungo la diga Delia, si continua per la strada della Montagna e, superate le “forche” si trova a sinistra del secondo ponte visibile. Non appena si giunge nel lungo, è facile notare un silenzio assoluto, quasi spettrale interrotto dal fruscio del vento.

    La passeggiata verso il borgo è interessante soprattutto perché carica di significati. In quei luoghi molte famiglie hanno avuto l’opportunità di sostentamento, dove la fatica era ricompensata dal miglioramento delle condizioni di vita del periodo.

    Dalla contrada sono ancora oggi visibili le colline e parte della città di Salemi e s'intravede, inoltre, anche l'ex feudo “la Montagna” con il costone roccioso facilmente riconoscibile. Il paesaggio ci induce a pensare alle difficoltà che i carretti potevano avere nel raggiungere i campi, soprattutto nel caso di condizioni meteorologiche avverse.

    “U ritornanu cchiu sti tempi e Madonna Bona è l'esempiu di tuttu! Pi mmia avi un significatu particulari e unni lu pozzu scurdari. Canuscivu na brava signura e m'insignà tanti cosi. Si putissi turnari n'arrè, vulissi iri di novo a Madonna Bona e viviri li stessi mumenti.”

    Erano tempi sicuramente duri ma caratterizzati anche da una grande umanità e partecipazione collettiva: la comunità era unita e collaborava al raggiungimento di obiettivi lavorativi.

    Oggi quello che resta di Madonna Bona è una masseria riversa in un totale stato d'abbandono, forse perché gli attuali proprietari considerino la ristrutturazione troppo dispendiosa. Ma nonostante tutto, il paesaggio castelvetranese riesce a stupirci ancora una volta regalandoci luoghi d’interesse intrisi di storia.

    Un patrimonio paesaggistico e architettonico importante che meriterebbe di essere ancor di più valorizzato, permettendo lo sviluppo di un turismo d’eccezione che sia non soltanto culturale ma anche ambientale.

    Un ringraziamento speciale va al sig. Vincenzo Napoli per alcune immagini dall'alto contenuto paesaggistico.

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