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Sant'Onofrio e "Santu Spiritiuni". Culto e riti tra credenze e preghiere

di: Vito Marino - del 2017-05-11

Immagine articolo: Sant'Onofrio e "Santu Spiritiuni". Culto e riti tra credenze e preghiere

(ph. www.lacittascoperta-palermo.blogautore.repubblica.it)

 Onofrio (o Nofriu in siciliano) è un nome poco comune, che tuttavia ha avuto personaggi famosi. Voglio citare quello di Sant’Onofrio e un Nofriu fra le farse carnevalesche siciliane. Il nome Onofrio è di origine egizio; era un appellativo che si dava ad Osiride e significa “che è sempre felice”.

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  • Secondo una leggenda, del V secolo d.C. Onofrio era figlio di un re e abitava in Egitto. Convertitosi al Cristianesimo, si isolò dedicandosi alla vita eremitica ancora in età molto giovane. Era un eremita che per mantenere l’estremo segno della povertà rifiutava qualsiasi segno di vestito. Per coprire le sue nudità pregò ed ottenne dal Signore che tutti i peli del suo corpo crescessero a tal punto da coprirlo tutto.

    Il vecchio vescovo e monaco egiziano Pafnuzio, desideroso di conoscere la vita degli eremiti del deserto, lo volle incontrare e trascorrere con lui alcuni giorni. Pafnuzio riportò la sua esperienza nel libro “La Vita”, che ebbe larga diffusione in Oriente, dando l'avvio al culto di sant'Onofrio che si estese in Egitto e per tutta l'Asia minore e da qui il suo culto si diffuse in Italia attraverso Bisanzio e i Bizantini. Tutti i calendari di queste regioni lo riportano chi al 10, chi all’11, chi al 12 giugno; in arabo è l’Abü Nufar, (l’erbivoro), qualifica che gli si adatta perfettamente.

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  • Egli lo rappresenta come una figura umana di terribile aspetto, ricoperta da capo a piedi solo da lunghi capelli, peli e da qualche foglia. Questo abbigliamento era solito negli anacoreti, che, abituati a star soli e visti solo dagli angeli, alla fine facevano a meno di un indumento difficile a procurarsi lì nel deserto.

    Pafnuzio poté constatare di persona come viveva Onofrio al suo eremo di Calidiomea, il luogo dei palmizi, di come resisteva alle intemperie e di come si sosteneva: un angelo provvedeva quotidianamente al suo nutrimento. Onofrio morì mentre c’era Pafnuzio, che, ricopertolo con parte della sua tunica, lo seppellì in un anfratto della roccia.

    L’immagine di Sant’Onofrio anacoreta nudo, ricoperto dei soli capelli, fu oggetto della rappresentazione figurata nell’arte, in tutti i secoli, arricchita dei tanti particolari narrati, il perizoma di foglie, il cammello, il teschio, la croce, l’ostia con il calice, l’angelo. I fedeli si rivolgono a questo Santo, assieme a Sant'Antonio da Padova e San Graziano di Tours, per la ricerca di oggetti smarriti, nonché a Firenze come protettore dei tintori, ma soprattutto delle donne che cercano marito e degli studenti che hanno problemi di studio (a Palermo, dov'è compatrono della città, è stato scelto come patrono degli studenti della facoltà di ingegneria elettrica).

    A Castelvetrano per la ricerca di oggetti smarriti ci si rivolgeva a Santu Spiritiuni (Santo Spiridione di Trimithonte,vescovo). Una delle preghiere tipiche, in Sicilia, per ottenere l'intercessione del Santo, recita così:

    Santu Nofriu pilusu-pilusu

    Tuttu amabili e amurusu

    Pi li vostri santi pila

    Facìtimi sta grazia

    Diccà a stasira.

    Oppure:

    Santu Nofriu pilusu-pilusu

    Lu me cori è tuttu cunfusu

    Pi li vostri santi pila

    Facìtimi sta grazia

    Diccà a stasira.

    Un'altra preghiera tipica recitata dagli studenti devoti prima degli esami, e anche da coloro che hanno smarrito e vogliono trovare un oggetto cui tengono molto, dice così:

    Sant'Onofrio u' pilusu,

    nun mi lassari scurdusu;

    Sant'Onofrio anacoreta,

    fammi iùnciri a ‘sta meta;

    Oppure:

    Santu Nofriu Pilusu Pilusu

    Misi un curanu ‘nta u pirtusu

    Pi li vostri santi pila

    Facitimi attruvari

    Prima di sta sira

    Un altro motto recita:

    “Beddu è stu santuzzu amurusu, viva Santu Nofriu 'u pilusu!”

    Trascrivo un’altra preghiera confezionata anche per le donne che cercavano marito:

    Santu Nofriu lu pilusu

    Iu vi pregu di cca jiusu

    Vui ‘na grazia m’aviti a fari

    Un maritu m’aviti a truvari

    La terza domenica di Maggio, a Rossano, presso l'Eremo di Sant'Onofrio, si celebra una processione in suo onore.  A Sutera, paese del nisseno, il santo, patrono del paese viene festeggiato la prima domenica di agosto; nel santuario sito sul monte San Paolino è custodita un'urna argentea settecentesca che contiene le reliquie di Sant'Onofrio.

    Volendo citare un altro Nofriu, caro ai siciliani voglio citare le “vastasate” di Nofriu, Virticchiu e Peppenninu, dalle farse carnevalesche, che entrarono nel repertorio del teatro popolare di figura, per esprimere in dialetto il punto di vista del popolo e commentare scherzosamente l’azione.

    Nelle farse dell’opera dei pupi, come nelle farse estemporanee del carnevale tradizionale, si ha una rappresentazione del mondo alla rovescia, nel senso che i rapporti sociali vengono invertiti e per un giorno il povero comanda sul ricco.

    Negli ultimi trent’anno del 1700 in Palermo, dentro alcuni casotti furono rappresentate un’infinità di commedie, volgarmente chiamate “vastasati”, perché sulla scena si rappresentava la classe del popolo chiamata “vastasi” (facchini). Vista l’importanza assunta da tali rappresentazioni, con decreto reale del 18/02/1774 si incominciava a legalizzare i casotti, che devono essere: “di tavole e amovibili” (Giuseppe Cocchiara, “le vastasate – contributo alla storia del teatro popolare”).  

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