Tra storia e demografia. Il ripopolamento della Sicilia dalla dominazione Normanna a quella Spagnola
di: Vito Marino - del 2018-06-19
In Sicilia, sin dalla colonizzazione greca, le città principali si trovavano ubicate lungo le coste, mentre all’interno era quasi spopolata. Così, lungo la costa c’erano Messana (Messina), Naxos (rovine vicino Giardini), Siracusa, Megara Hyblea (rovine vicino Augusta), Gela, Camarina, Akragas (Agrigento), Leontinoi (odierna Lentini), Selinunte (rovine nel territorio di Castelvetrano), Imera (vicino Termini Imerese), Lilibeo (odierna Marsala). All’interno c’erano vastissimi territori senza centri abitati o paesetti di poca importanza, come Kentoripa (Centuripe), Enna, Morgantina (resti presso Aidone, provincia di Enna), Agirion (Agira in provincia di Enna).
La popolazione era composta da gente di varia origine: Siculi, Sicani, Greci, Punici; furono i Romani, che riuscirono ad amalgamare le varie popolazioni; tuttavia, nella parte orientale rimase di lingua greca e di religione bizantina (seguaci di San Basilio), sino alla venuta dei Normanni e oltre.
Con la conquista araba della Sicilia occidentale, avviene lo sterminio della popolazione locale e la colonizzazione da parte degli invasori; ma, durante la guerra con i Normanni, gli Arabi, che si erano ribellati e volevano creare un territorio indipendente, furono sconfitti da Federico II, e deportati in massa a Lucera in Puglia e a Pagani, presso Napoli, lasciando spopolata questa parte della Sicilia; il territorio di Castelvetrano è rimasto anch’esso spopolato. Federico II, volendo ripopolare questa zona aveva creato il Priorato di Delia, affidandolo ai monaci Basiliani; ma lo scopo principale fu quello di togliere su questa vasta area il potere ai baroni e alla Chiesa di Roma, poiché detti monaci erano cristiani, ma non cattolici. In ogni caso il ripopolamento non avvenne, perché zona malarica e nemmeno i priori risiedevano nel priorato.
Altre vaste aree da ripopolare erano i terreni incolti dei latifondisti, situati in zone lontane dal centro abitato, le zone più deserte e squallide del latifondo, difficilmente raggiungibili.
La Spagna, che all'epoca dominava in Sicilia, necessitando di grandi quantità di cereali, concesse ai feudatari una "licenza di ripopolamento" (la "Licentia populandi"), tramite la quale i nobili siciliani, tra il 1500 e il 1800 fondarono nelle loro proprietà incolte e disabitate: i bagli, che in seguito diventarono dei veri e propri villaggi. Il feudatario, in previsione di futuri guadagni, anche perché il prezzo del grano si manteneva buono, chiedeva la concessione di questa licenza dietro pagamento al fisco dello Stato di una somma di denaro che poteva arrivare a 2000 scudi. Ottenuto il permesso doveva affrontare l’opera grandiosa della costruzione di un nuovo centro abitabile, appunto il baglio, che doveva essere abitato, attirando i contadini di altre zone. Virgilio Titone ci riferisce che: << nel 1549 e 1556 si rilasciarono 24 licenze e 11 dal 1571. Ma dalla fine del 1400 al 1583, nonostante le numerose licenze concesse, sorsero in tutto 16 comuni>>.
Il feudatario, come premio acquisiva la giurisdizione sul nuovo agglomerato urbano e i suoi abitanti, oltre il titolo di conte, di duca o di principe, toccando il culmine della potenza e il diritto ad occupare un posto nel parlamento siciliano. I nuovi abitanti godevano dell’esenzione di tasse per un certo periodo di tempo e l’amnistia per i reati commessi nel passato.
Il provvedimento ha dato ottimi risultati, che si possono constatare ancora oggi: in provincia di Caltanissetta su 22 comuni, ben sedici sono sorti negli ultimi quattrocento anni, cioè quasi tutti nel periodo della dominazione spagnola.