I love facebook…(i genitori "a scuola" dai figli)
di: Desirè Giancana - del 2012-05-27
Nell’epoca della comunicazione globale,in un contesto in rapida evoluzione,le aspettative di genitori e figli finiscono sempre più per divergere,aumentando inesorabilmente il GAP culturale. Giornali e TV parlano quotidianamente del disagio giovanile portandone alla ribalta i diversi volti (bullismo, sexting,anoressia,baby gang…); ci si sforza sempre più di afferrare i paradigmi del nuovo malessere ma,a mio avviso,senza tenere in giusta considerazione l’altrettanto diffuso disagio che attraversa,di riflesso,i genitori. Il disorientamento,dunque,affligge entrambi. Molti genitori sono confusi di fronte ai ritmi accelerati del mutamento sociale.
Il cambiamento, si sa, destabilizza,ma la sua assenza implica l’instaurazione ed il mantenimento di quel senso d’inadeguatezza che si fa sempre più evidente. E tale inadeguatezza non è dovuta solo alla differenza reale di età,ma soprattutto alla diversa modalità di crescita dei figli:si cresce molto più velocemente e con problematiche del tutto differenti da quelle di “ieri”.
Oggi il compito dei genitori rappresenta una vera e propria sfida alla criticità di argomenti nuovi a cui spesso siamo impreparati e l’analfabetismo digitale (digital divide)acuisce il normale scarto generazionale fra genitori e figli. Alcuni genitori appaiono ostaggio di figli ormai ritenuti incomprensibili e risucchiati in una società tecnologica,di fronte alla quale assistiamo impotenti.
Se i figli sono cambiati è necessario dunque che cambino anche i genitori e se fin’ora è prevalso il sentimento della “disapprovazione” il rischio che si corre è che la relazione genitori-figli resti imprigionata a livello delle lamentele,dei pregiudizi, bollata come un “problema da risolvere”, piuttosto che da interpretare.
Cosa fare allora per uscire da questo empasse?Non esiste un modo giusto di essere genitori,ma un passo costruttivo verso i nostri figli sarebbe quello di metterci in discussione,di ridefinire i ruoli familiari. Il rapporto genitori-figli deve divenire bidirezionale. Emerge con prepotenza la necessità di “individuare” ciò che accomuna genitori e figli,piuttosto che accentuare ciò che li separa e creare così un “ponte generazionale”in cui sia possibile uno “scambio”.
I genitori dovrebbero,metaforicamente, “tornare a scuola” per imparare ad ascoltare i più giovani e “mettersi dentro l’attuale contesto”,superando conflitti e colpevolizzazioni reciproche. Dovremmo imparare a “metterci in relazione dialogica”,riconoscendo nel figlio un produttore di significati “anche se diversi dai nostri”.
Si tratta di un riconoscimento non più centrato sul ruolo,ma orientato appunto allo scambio. Questo compromesso è necessario a ridisegnare la nostra identità più autentica,laddove per identità s’intende quel nucleo essenziale di ogni individuo che si rende visibile proprio dopo che i suoi ruoli sono stati messi in disparte.
La cultura dominante di oggi anestetizza la fatica,promuovendo il benessere superficiale del “tutto e subito”, ottenuto attraverso la rimozione di ogni forma di patire. Ma questa rimozione non è prodotta dai figli,bensì dai genitori,sempre più incapaci di mettersi in rapporto con le dimensioni del dolore,del limite e della mancanza(soprattutto di regole).
I genitori dovrebbero perciò “essere rieducati” a queste dimensioni che sono indispensabili per creare un luogo simbolico in cui si possa rielaborare una co-progettazione. In un contesto come quello attuale essere genitori significa allora prestare attenzione alle esigenze dei figli, con una consapevolezza senza giudizi.
Questo permetterebbe una transizione non traumatica,in cui il GAP sarebbe colmato non attraverso una trasmissione asettica dei valori genitoriali(ormai obsoleti),ma piuttosto come la possibilità di co.costruzione di “nuovi mondi possibili insieme”.