Riforma della legge Elettorale, tappa necessaria nel sentiero della rifondazione dello Stato
di: Beppe Bongiorno - del 2012-06-13
(ph. Foto: strettoweb.com)
Mi chiedo se davvero la credibilità della politica e l’autorevolezza dello Stato possano dipendere anche in parte dal lavoro di un governo composto da stimati tecnici e titolati accademici e dal tentativo di cambiamento delle regole elettorali.
Il governo tecnico lo abbiamo avuto e avremo pure riacquistato autostima e dignità agli occhi del mondo. Quanto ad uscire dalla crisi vedremo. Ci vuole tempo. Ma la dote di tempo di cui disponiamo si va assottigliando ogni giorno di più.
Quanto alla “riforma” della legge elettorale, se ne parla tanto ma si conclude poco. Se ce ne fosse la volontà, se si avessero le idee un po’ più chiare, se si anteponessero all’interesse di bottega il bene collettivo e il rispetto della volontà popolare, una nuova legge elettorale o, se volete, alcuni indispensabili e condivisi cambiamenti delle regole attuali, potrebbero essere varati in poche settimane. Invece sin qui nulla, mentre alla fine della legislatura manca ormai meno di un anno, salvo sempre possibili derive anticipatorie dell’appuntamento elettorale.
Considerato tale presupposto, forse non si fa male a pensare che non si è alla ricerca di un reale cambiamento del sistema elettorale, tutt’al più di un aggiustamento, tale comunque da garantire quanto più possibile lo status quo in favore degli attuali attori principali.
Il “sistema” del resto è compatto e solidissimo, quasi inattaccabile. Pesi e contrappesi, se d’un canto opportunamente garantiscono la legittima inviolabilità della Costituzione e del sistema statuale nella stessa consacrato, d’altro canto però rendono particolarmente complesso ogni legittimo intendimento di revisione.
Le leggi elettorali, in quanto tali, non sono leggi costituzionali, modificabili perciò con procedure ordinarie più semplici di quelle previste per le riforme costituzionali. Le proposte innovative di tali norme, tuttavia, possono direttamente o indirettamente refluire su aspetti costituzionalmente rilevanti. In tal caso la legittimità della proposta di legge modificativa, ovvero, in alternativa, della proposta referendaria di abrogazione della legislazione vigente in materia, va attentamente e rigorosamente vagliata. Così spesso l’intento riformatore, pur valido sostanzialmente, resta vanificato.
E’ il caso dell’ultima proposta referendaria, abrogativa delle legge elettorale cosiddetta “porcata”, il cui quesito è stato dichiarato inammissibile con sentenza della Corte Costituzionale proprio sotto il profilo della illegittima refluenza sul sistema costituzionale di elezione dei componenti del Parlamento. L’abrogazione infatti di quella legge elettorale, o di talune sue parti, avrebbe reso ineleggibile il Parlamento per mancanza di una legge elettorale completa ed organica. Si sarebbe creato, in pratica, un pericoloso vuoto legislativo in una materia di fondamentale rilevanza costituzionale, quale il sistema di elezione dei parlamentari.
Ne viene fuori il blocco dell’attuale sistema (porcellum) di selezione dei nostri legislatori, causato dalla insipienza della “politica” e dalla obiettiva difficoltà di incidere sulla legislazione elettorale attraverso lo strumento abrogativo popolare.
Ma, in ogni caso, c’è da considerare se vale realmente a qualcosa modificare le regole elettorali funzionali alla elezione di un Parlamento e di un Governo, la cui composizione, le cui funzioni, le cui competenze, ormai sono manifestamente messe in discussione da tutti.
Se sono però da riformare anche Parlamento e Governo, prima è giusto procedere al soddisfacimento di tale fondamentale adempimento. Dopo si procederà alla adozione di una nuova legge elettorale funzionale alla nuova concezione degli organi legislativo ed esecutivo. Ma - è bene avvertire - un siffatto tipo di intervento riformatore inciderebbe direttamente e pienamente sull’assetto costituzionale, con tutte le complesse conseguenze procedurali (doppia lettura e doppia approvazione del testo di legge da parte di entrambi i rami del Parlamento, seguite da referendum popolare confermativo qualora la legge non dovesse essere approvata con una maggioranza di almeno i due terzi delle due Camere).
D’altra parte, se è auspicabile che si proceda in tal senso, ha un senso approvare adesso una riforma elettorale senza contemporaneamente riformare le parti della Costituzione inerenti il Parlamento e il Governo?
Ma ci sono in questo momento la volontà, le condizioni, i tempi per predisporre e approvare, in maniera largamente condivisa, serie leggi di riforma? Credo proprio di no.
Stando così le cose, si potrebbe magari correggere soltanto la legge elettorale per reintrodurre il voto di preferenza. Ma anche questo non è così semplice come appare. Sono infatti diverse le opzioni sostanziali e non solo formali di metodo, prodromiche alla scelta del ritorno al riconoscimento al cittadino-elettore del diritto di scegliere la persona del rappresentante parlamentare. Appare pertanto complicata l’attuazione anche di questo minimo risultato.
Si rischia così di tornare alle urne per eleggere un Parlamento più delegittimato dell’attuale, che, tra l’altro, si troverà a dovere eleggere nel giro di qualche settimana (maggio 2013) il nuovo Presidente della Repubblica. Ci si trova di fronte ad un blocco politico, forse senza precedenti. Blocco però che deve essere assolutamente rimosso.
E a tal fine non servono le “grandi coalizioni” di maggioranza imposte, più che da scelte largamente condivise, dallo stato di necessità contestualizzato nella generale gravissima crisi dello Stato, inverosimilmente indebitato (2.000 miliardi di euro, con una conseguente produzione di oltre 80 miliardi di euro di interessi passivi ad anno) e incapace di reagire.
Né sono sufficienti, anche se legittimi e salutari, i movimenti di protesta, che, comunque, rischiano prima o poi d’essere risucchiati dal vortice del sistema che oggi combattono. Non sarebbe la prima volta.
E’ indispensabile invece la grande mobilitazione popolare sul sentiero di un progetto politico di alto profilo di rifondazione dello Stato. Bisogna fare piazza pulita, essendo però pronti a ripopolarla immediatamente, con persone, con idee, con comportamenti assolutamente alternativi agli attuali.
Si mobilitino allora i cittadini onesti, discutano e si confrontino civilmente e seriamente, si creino moderne aggregazioni orientandosi verso i nuovi punti cardinali che l’evoluzione della storia offre.
Ma presto. Si buttino alle ortiche le piccole e misere vicende elettorali di questi giorni e dei mesi a venire, dalle quali nulla di buono viene fuori. Ci si impegni immediatamente per dare corpo e anima al progetto della nuova Repubblica, che non sarà la “terza” poiché la “seconda” non si è mai formata. Sarà la “nuova” Repubblica, frutto della naturale evoluzione della società nazionale.