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"La Vugghia di l'acqua": storia di una importante opera antica voluta da Don Carlo D’Aragona

di: Vito Marino - del 2013-11-26

Il monumento della vugghia di l'acqua dopo il restauro

In foto: Il monumento della vugghia di l'acqua dopo il restauro (ph. Ino Mangiaracina)

Nel lontano passato tutte le abitazioni di Castelvetrano erano edificate dentro i cortili,.dalle caratteristiche arcate a tutto sesto. Chiuso il portone i suoi abitanti si sentivano più protetti contro i malavitosi e, principalmente, contro i pirati che, dal 1400 fino ai primi dell’800 depredavano la costa ma si addentravano anche per diversi chilometri nell’entroterra.

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  • Il modernismo e il boom economico hanno cambiato il volto delle città e molti cortili sono stati fabbricati. Tuttavia a Castelvetrano esistono censiti ancora160 cortili con le caratteristiche arcate.

    Il nostro territorio è ricco di acque sotterranee, per cui ogni cortile era provvisto di pozzo.

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  • Gli arabi, popolo molto ingegnoso, ci insegnarono ad utilizzare anche l’acqua piovana proveniente dai tetti, attraverso la canalizzazione dentro le cisterne. Tuttavia queste provviste, a causa delle scarse piogge, spesso non erano sufficienti al fabbisogno delle famiglie, allora con numerosa prole; inoltre, le abitazioni più povere, non possedevano nemmeno la cisterna. Per evitare malattie causate dalla mancanza d’igiene, i governanti hanno cercato di utilizzare le grosse sorgive d’acqua, prelevandole e canalizzandole anche da zone lontane..

    Per porre fine all'annoso problema della mancanza d’acqua potabile, nel consiglio civico dell’8 maggio 1575, don Carlo D’Aragona, principe di Castelvetrano, sollevò il problema dell’approvvigionamento idrico della città, facendo arrivare l’acqua dalla località Bigini, realizzando, per l’epoca, la più antica ed imponente opera di ingegneria idraulica, in parte in affioramento, ancora visibile ed in parte ipogeica.

    “La cassa della guglia dell’Oreto” (Oreto, dal nome della chiesa omonima che si trovava nella vicinanza), meglio conosciuta come la “Vugghia di l’acqua”, e la fontana della Ninfa (fatta costruire per l’occasione da Giovanni III d’Aragona) sono due monumenti che fanno parte integrante dell’acquedotto Bigini, a ricordo perenne di quest’opera, che fu portata a termine nel 1615.

    Per accumulare l’acqua da smistare alle fontane e abbeveratoi della città., fu costruita una vasca sotterranea di smistamento, ubicata a destra della salita di via Crispi, all’incrocio con la via Mazzini. Sopra fu eretta una fontana monumentale, con due rubinetti, nota come: “La Vugghia di l’acqua”.

    Col passare del tempo la vasca e la fontana andarono in disuso e dimenticate; la vasca è stata riempita di cemento in occasione della ristrutturazione del palazzo adiacente al monumento; mentre “la Vugghia di l’acqua”, si trovava in pessime condizioni statiche.

    Il Club Unesco di Castelvetrano, nell'ambito delle iniziative volte al “Recupero della memoria storica delle nostre radici”, il 21 gennaio 2013 ha lanciato una campagna di sensibilizzazione per la messa in sicurezza del monumento, attraverso la raccolta di fondi, documenti e materiale.

    Il progetto per sottoporre il monumento ad interventi di “rilievo, messa in sicurezza, pulitura e  arresto del degrado”. è stato redatto dai soci del Club, gli architetti Gian Vito Luppino e Angelo Curti Giardina. Un sostanziale aiuto, per il reperimento del materiale fotografico, per l’istruttoria delle pratiche amministrative e, principalmente per la raccolta di fondi è stato apportato dai 60 soci del Club Unesco, rappresentato dal dottor Nicola Miceli.

    Ad occuparsi del fattivo recupero del manufatto architettonico, è stata l’impresa di restauri “L’Isola”, la stessa che ha restaurato la chiesa di S. Domenico.

    Il manufatto architettonico, i cui lavori sono stati completati a fine ottobre, è stato consegnato alla cittadinanza il 23 novembre 2013.

    In l’occasione dell’inaugurazione, presso l’ex chiesa del Purgatorio si è svolta una conferenza, interessante anche dal punto di vista culturale, nella quale hanno parlato vari relatori.

    L’architetto Angelo Curti Giardina ha riportato l’importanza storica della “Vugghia di l’acqua” e di tutta l’opera idraulica annessa.

    Durante la conferenza si è parlato anche di altre importanti opere dell’antichità che hanno pertinenza con l’opera idraulica: “l’abbiviratura e li cannola”, il Castello di Bigini, la Vasca Selinuntina e la Fontana della Ninfa.

    L’ABBIVIRATURA E LU CANNOLU

    L’uomo, durante la civiltà contadina, per eseguire i lavori più pesanti si serviva dell’aiuto “di li vestii” (delle bestie da soma). Numerosi erano anche gli ovini e caprini, poiché latifondo lasciava molti terreni incolti a pascolo, mentre anche i terreni seminativi si lasciavano incolti, un anno ogni due, per la rotazione agraria.

    Tutti questi animali avevano bisogno, specialmente nel periodo estivo, d’acqua da bere. I Comuni, a tale scopo, avevano costruito diversi abbeveratoi (o beverini), anche di una certa bellezza architettonica; a Castelvetrano da alcuni decenni sono tutti scomparsi, diroccati, travolti dalla ventata euforica di modernità, che ha coinvolto anche molti edifici antichi di notevole interesse architettonico e storico. Detti abbeveratoi si trovavano principalmente agli ingressi del paese, per permettere agli animali da soma di dissetarsi al loro rientro dalle campagne. Gli abbeveratoi per gli ovini e caprini si trovavano fuori dei centri abitati ed erano molto bassi.

    Si trattava di vasche rettangolari in muratura, dentro le quali si raccoglieva l’acqua potabile che usciva dal “cannolu” (un tubo metallico); a volte, per economizzare l’acqua, al posto del tubo c’era avvitato “l’aciddittu” (il rubinetto).

    Numerose erano anche le fontanelle “li cannola” dislocate nei vari quartieri della città, per l’approvvigionamento idrico delle famiglie più povere.

    IL CASTELLO DI BIGINI

    Bigini è un ex feudo ricco di sorgive di ottima acqua potabile, di cui il territorio di Castelvetrano e Selinunte si sono serviti sin dall’antichità. Del castello che sorge nelle vicinanze delle sorgive si conserva ancora la facciata medievale merlata, Sorto all'inizio del 1500, in una zona circondata da tracce di insediamenti umani, con tombe corredate di ceramica campaniforme, risalenti al II millennio a.C. il castello, ospitò nel 1575 una sezione della Inquisizione con dieci ufficiali, tra laici e secolari.

    Nel 1652 tutto il territorio, esteso 334 salme, fu acquistato dai gesuiti, che nel 1680 restaurarono la torre ed eressero una cappella, per celebrare la messa, per i contadini del circonda­rio.

    Dopo l'espulsione dei Gesuiti, avvenuta nel 1767, le terre di Bigini furono cedute ad enfiteusi ai contadini della zona.

    Nel 1846, l'ex feudo di Bigini, assieme a quelli di Ciafaglione e Donzelle, fu sottratto al territorio di Castelvetrano e aggregato a quello di Partanna, come da decreto del 31 dicembre 1845 di re Ferdinando Il di Borbone.

    La zona del castello e le adiacenti sorgenti pervennero in proprietà al barone Favara di Par­tanna che, nel giugno 1882, le vendette al comu­ne di Castelvetrano al quale a tutt'oggi appar­tengono

    LA VASCA SELINUNTINA

    Nei pressi del convento si trova la pregevole “Vasca Selinuntina”, una grossa vasca circolare interrata, rivestita in conci di tufo, del diametro di circa 15 metri e profonda 4, in cui venivano raccolte nel V e IV secolo a. C. le acque delle vicine sorgenti che, attraverso un sistema di canalizzazioni di circa 15 Km. fornivano acqua potabile a Selinunte.

    Fu il il Salinas a riconoscere la vasca selinuntina nel 1882 e a ritrovare, durante i lavori di pulitura, un gran numero di lucerne e monete. Le lucerne vengono datate dal periodo romano imperiale fino all'età bizantina, ma anche del periodo cristiano. Il Ferrigno ricordava nei suoi scritti la famosa lampada col Deo gratias che si trova al Museo di Palermo e che dimostra la presenza a Selinunte di cristiani al tempo della persecuzione dei vandali ariani.

    LA FONTANA DELLA NINFA

    La Fontana della Ninfa, “La Ninfuzza di li Cannola”, per come veniva chiamata dal popolo è posta in Piazza Umberto. Orgoglio e vanto dei castelvetranesi, ricorda il completamento dell’acquedotto di Bigini, un traguardo di civiltà che numerose altre città dell’isola a tutt’oggi ignorano. La fontana ha uno sviluppo verticale con quattro vasche sovrapposte e nicchia superiore contenente la statua di una ninfa che, se­duta, tiene con la mano sinistra una cornucopia, simbolo di abbondanza e con l'altra regge un'anfora da cui esce abbondante acqua che scorre giù nelle vasche inferiori. L’opera fu progettata e realizzata da Orazio Nigrone nel 1615. Lo stemma civico con la scritta “Palmosa Civitas Castrum Vetranum” è stato aggiunto a fine ‘800, ma già nella fontana risultava l’immagine di una palma, simbolo dei Tagliavia.

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