Strategie per la riattivazione della Valle del Belice a 46 anni dalla ricostruzione post-sismica
di: Giorgio Clemenza - del 2014-01-16
A più di 46 anni dall’evento sismico che ha colpito il Belice, numerose sono ancora le criticità che questo territorio fa riscontrare giornalmente rispetto alla qualità di vita di ogni singolo cittadino, relativamente al contesto territoriale e rispetto alla qualità dell’abitare più in generale.
È indubbio che lo scenario del Belice pre-sisma presentasse un territorio che incarnava perfettamente tutte le difficoltà che riassumono dentro di sè l’identificazione della “questione meridionale”.
La Sicilia del 1968, infatti, associava alle criticità di un evento sismico la fragilità di un territorio interno che ancora non aveva deciso se orientarsi verso un modello insediativo urbano, quale quello che si stava sviluppando lungo le coste dell’isola, o verso un modello che utilizzasse il paesaggio rurale come sua matrice di evoluzione (M. Carta 2009).
A partire da queste contraddizioni l’evento sismisco, se da un lato ha rappresentato dolore e rimpianto, dall’altro è stato anche occasione speculativa socio-economica.
Tuttavia, superate le difficoltà di prima istanza relative all’emergenza e alla opportunità di garantire un alloggio a tutti, seppur momentaneo, le più cogenti perplessità rimangono sulle questioni che, ancora oggi, ruotano attorno alle vicende della ricostruzione post-sismica.
All’indomani dal terremoto si crea attorno ai luoghi del sisma un grande fermento culturale che porta in questi luoghi grandissime personalità a discutere ed occuparsi di soluzioni atte a favorire la rinascita del Belice. Vengono redatti grandi progetti di territorio che ancora oggi testimoniano la qualità dei progettisti interessati.
Tutto ciò non è bastato a ridare dignità ed aderenza identitaria alle popolazioni del Belice, che in taluni casi, a seguito di scelte politiche, piuttosto che simboliche, e di enfatizzazione della presenza forte dello Stato, sono state trasferite di sito, vivendo giornalmente un dualismo che ancora oggi le divide tra i luoghi della memoria e quelli della vita quotidiana.
Leggere il territorio vuol dire individuare, capire e interpretare gli elementi strutturali, sia antropici che naturali, storici e culturali che hanno contribuito alla sua formazione e trasformazione attraverso un processo di stratificazione storica in cui l’azione umana e quella naturale si sono integrate, sovrapposte e talvolta sono entrate in conflitto; la lettura del territorio procede per sistemi; fisico, naturalistico e antropico (Carbonara, 2004).
Per capire i processi e le cause, che stanno alla base e che hanno determinato forti criticità rispetto alla qualità dell’abitare, è necessario ripartire dai luoghi e dalle relazioni contestuali in visione integrata, tornando a discutere di “progetto di territorio” attraverso un approccio strategico che tenga in considerazione le potenzialità territoriali, individuando le linee di forza della configurazione urbana-territoriale, sperimentando strategie del “riciclo” urbano che consentano di “ri-pensare il territorio” funzionalmente ad una rigenerazione dei cicli vitali dell’intero complesso territoriale ambientale e paesaggistico, del tessuto insediativo, degli impianti infrastrutturali, della rete economica-commerciale e turistica.
Il sistema socio-culturale di riferimento
Lo stato dei luoghi impone delle riflessioni. La Sicilia tutta è territorio di specificità locali. Il Belice è tassello fondamentale di un grande mosaico costituito da commistioni ed influenze culturali notevoli e di diversa matrice.
La conoscenza del territorio e dei suoi valori culturali è una forma di difesa delle identità locali, che la globalizzazione dell’economia e della comunicazione tendono a cancellare (Turri 2002).
Il Belice continua a rappresentare un grande laboratorio di ricerca da innumerevoli punti di vista, all’interno del quale è necessario tenere in considerazione le variabili storico-conoscitive, valoriali-culturali, politico-sociali che certamente hanno avuto rilevanza notevole nella determinazione attuale. Il Belice si presenta come un territorio con difficoltà di fruizione organica ed organizzata, con vistose ferite ancora aperte nelle città, con una viabilità territoriale in molti tratti non più percorribile, con resti di centri urbani distrutti, con porzioni di città costruite ma incomplete e/o disabitate.
E’ quindi necessario lavorare prevalentemente sull’analisi delle relazioni tra insediamenti urbani e territorio, sulla possibiltà di conversione di preesistenze in una logica di riuso compatibile,, considerando le potenzialità degli innumerevoli materiali in disuso o in dismissione sia abitativi, artistici, produttivi e logistici in un’ottica creativa e ripropositiva.
Dovranno essere ricercate le connessioni strategiche tra i valori significativi del territorio, e si ricostruirà attraverso la partecipazione responsabile della comunità il tessuto identitario legato alle memorie delle aree da ripensare.
L’ambito locale e le interazioni di sistema
Il territorio della Valle nonostante le criticità, attraversa un discreto dinamismo, causato da una ripresa di azioni collettive da parte delle Amministrazioni locali che si aggregano in relazione agli obiettivi da raggiungere.
La progettualità locale e le tradizioni di partecipazione possono essere potenziate e perseguite anche attraverso la concertazione dei diversi attori del territorio attraverso un progetto unitario.
Base bibliografica
- Badami A., Picone M., Schilleci., (a cura di) (2008), Città nell’emergenza: progettare tra Gibellina e lo Zen, Palumbo, Palermo. - Cannarozzo T. (2010), Il progetto di territorio e di paesaggio. In Macramè, Rivista del Dottorato in Progettazione Urbanistica e Territoriale dell’Università di Firenze. - Carbonara L. (2004), Immaginando il paesaggio, Aracne, Roma. - Carta M. (2009), Belice, la resistenza dello statuto dei luoghi, in <>, n.226, pp 13-14-15. - Turri E. (2002) La conoscenza del territorio, Metodologia per un analisi storico-geografica, Marsilio, Venezia