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Quando la Chiesa di S. Domenico era sede di comizi elettoriali: alcuni episodi inediti

di: Vito Marino - del 2014-02-10

Immagine articolo: Quando la Chiesa di S. Domenico era sede di comizi elettoriali: alcuni episodi inediti

(ph. gds.it)

Dopo lunghissimi anni di chiusura e di restauri finalmente il 7/2/2014 la chiesa di San Domenico, ricca d’arte e cultura, chiamata “La Cappella Sistina della Sicilia”, riapre al culto e ai visitatori. Alla cerimonia inaugurale sono stati presenti le maggiori autorità civili, militari e religiose, mentre  una numerosissima folla di fedeli e amanti dell’arte ha assistito con interesse. Tralascio di riportare i particolari della cerimonia e tutto quello che riguarda l’importanza della chiesa nella storia di Castelvetrano e nella storia dell’arte, perché già ampiamente trattata dalla stampa locale e dagli storici e ricercatori di Castelvetrano.    

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  • A me interessa riportare alcune pagine di un  manoscritto inedito, scritto da Antonino Salvaggio parroco della chiesa di San Giovanni dal 1939 al 1970 e rettore della chiesa di San Domenico.

    Si tratta di particolari storici che riguardano la chiesa di San Domenico negli anni a cavallo della II Guerra Mondiale:  “…In fondo alla navata sinistra c’è l’altare dedicato alla Madonna di Fatima, una statua scolpita in legno dallo scultore castelvetranese prof. Castrense. Pisani nel 1950.

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  • L’altare è in marmo, fatto costruire a spese della signora Dott. Benvenuta Corseri, per celebrare l’anniversario della morte del coniuge prof. Giacomo Corseri, per come rivela la lapidetta murata sulla parete destra della cappella.    

    La chiesa era dotata di un magnifico organo, sorretto da due mensole con teste d’angeli indorate. Purtroppo all’interno si nota la mancanza assoluta di canne, di registri e di mantice. Il tutto è stato portato via per creare un vano da adibire ad aula scolastica. Vi si accedeva da un corridoio dell’ex convento, ma anche questo è stato chiuso e quindi è rimasto sospeso senza possibilità di potervi accedere.    

    Con l’abolizione degli ordini religiosi del 1866 -70 i padri domenicani furono costretti a lasciare il convento e la chiesa, che furono ceduti al Comune con l’obbligo di mantenere il culto nella chiesa.  Il Comune cedette la chiave al parroco di San Giovanni per la celebrazione delle messe.    

    Quando il 05/07/1898 un incendio doloso fece crollare la volta della chiesa parrocchiale di S. G. Battista e questa dovette essere chiusa per le opportune riparazioni, la chiesa di San Domenico funzionò da parrocchia per alcuni anni.

    Qui furono eseguiti i funerali del parroco della chiesa di San Giovanni, Errante Parrino Giovanni, morto per il dispiacere dell’incendio alla sua chiesa. Il suo successore il parroco Lorenzo Curti, preso possesso del beneficio parrocchiale nella chiesa di S. Domenico, quando furono terminati i lavori ritornò nella sua parrocchia, ma restò rettore nella prima chiesa.      

    Nonostante la cessione della chiave, il Comune continuò a vantare dei diritti su questa chiesa e spesso la richiedeva per comizi, per sedi elettorali, pubbliche riunioni che, provocavano una continua profanazione; per cui il parroco Curti restituì la chiave al Comune, il quale pensò di murare la porta centrale, lasciandone l’accesso dalla parte interna della scuola elementare attraverso la porta che dall’ex convento portava in chiesa.    

    La chiesa fu lasciata in pieno abbandono; il comune non sapendo che fare di un si grande locale, pensò di adibirlo come posto di rifiuti, come banchi vecchi, armadi inservibili, carta straccia, voluminosi fascicoli e quando col fascismo fu abolito il Consiglio Comunale, vi furono trasportati gli scanni dei consiglieri e l’intero mobilio dell’aula consiliare.

    I monelli, dalla parte esterna, ruppero i vetri della finestra lasciando libero accesso a tutti gli uccelli, che nidificarono addirittura sulle teste delle statue. La chiesa si riempì di polvere portata dal vento e del concime degli uccelli.

    Per conservare le apparenze furono collocati alcuni armadietti nella navata di destra contenenti alcuni reperti archeologici ritrovati negli scavi a Selinunte, rinominando il locale “museo selinuntino”, ma i turisti che andavano a visitarlo ne uscivano sconcertati per la sporcizia. I vandali imbrattarono i muri con scritte, pupazzi e con i loro nomi e rompendo le gambe ai leoni della tomba degli Aragona e la testa dell’aquila.    

    La chiave era custodita gelosamente dal prof. Centonze, che si prestava ben volentieri alle richieste di visita del museo, illustrando i cimeli conservati negli armadietti. Lo stato di cose durò molto tempo; qualcuno ha riferito che nel soffitto della chiesa, durante la guerra 1915-18 è stato rifugio di disertori che ricevevano i viveri attraverso un buco nella volta dell’abside, accanto alla testa della madonna. In verità un grande buco esisteva, ma fu rimpicciolito in occasione dei restauri apportati nel 1951.

    Durante la II Guerra Mondiale il locale dell’ex convento dei domenicani fu adibito a caserma dell’aviazione dei tedeschi, e le arcate divennero rifugi antiaerei. Terminata la seconda Guerra Mondiale e partiti i tedeschi, furono sgombrati i locali, rimessi a posto i banchi e le aule tornarono ad echeggiare delle festanti grida dei bambini.    

    Poiché non si sapeva come dare il segno dell’inizio delle lezioni, dato che la campana della chiesa era stata risparmiata dalla fusione per costruirne cannoni, si pensò di farla funzionare. Infatti, fu aperta una porta sul terrazzino della navata destra, fu calata una corda dalla campana e così tutte le mattine i fanciulli venivano avvertiti dell’inizio delle lezioni. Il campanile era inaccessibile, perché precedentemente ne era stato murato l’accesso, per costruirne un’aula scolastica, era quindi quella l’unica soluzione.

    Quando però si sparse la notizia che le scuole si erano regolarmente aperte e funzionavano nel plesso S. Domenico, la campana non fu fatta più suonare, ma il Municipio acquistò un diritto sul terrazzino che prima non aveva.

    Nel febbraio del 1944 un colonnello dell’esercito americano volle visitare i locali già adibiti a caserma dei tedeschi.

    Gli furono aperte tutte le porte, compresa quella che dal corridoio interno dell’ex convento immette  nella chiesa. Restò sconcertato per tanto scempio in un luogo sacro e così ricco d’arte, che si recò subito a Mazara dal vescovo mons. Salvatore Ballo Guercio per informarlo.

    Il vescovo, sorpreso e impressionato venne subito in Castelvetrano, per costatare di presenza tanta profanazione e abbandono di tanti tesori d’arte; quindi promise al parroco Salvaggio Antonino, vicario foraneo  e si interessò  affinché la chiesa tornasse all’autorità ecclesiastica. e all’antico splendore.    

    Tornata alla normalità l’amministrazione comunale, con libere elezioni, il vescovo andò a parlare col nuovo sindaco Simanella, che si rifiutò di ceder la chiesa perché al comune serviva un locale da adibire a magazzino.  

    E’ dovuto intervenire l’allora ministro dell’Interno Alcide de Gasperi che, per venire incontro al desiderio del vescovo, si è valso di una legge appena approvata che autorizzava lo Stato a restituire le chiese ex conventuali all’autorità ecclesiastica; ma vista la resistenza del sindaco, il ministro nominò un commissario straordinario, con pieni poteri, che, in presenza del procuratore del registro, fece la consegna al can.

    Giovan Battista Mangogna, quale direttore dell’Ufficio Ammnistrativo Diocesano e delegato del vescovo. La chiesa fu sgombrata dai pochi scaffali sparsi nella navata destra e la chiave fu consegnata al vicario can Salvaggio.  

    Il lavoro di pulitura fu eseguito con la cooperazione dei signori Giardina Vito, Samburgato Giovanni e di altri volenterosi. Il muro che otturava l’ingresso principale fu abbattuto e aggiustato il portone, si cercarono presso famiglie private candelieri, qualche paramento, sedie varie, tele per le tovaglie; con fili raccolti di qua e di là si fece l’impianto elettrico.    Nel 1948 fu portata a Castelvetrano la Madonna di Fatima da Sciacca, per la “peregrinatio Mariae” nelle varie parrocchie.  

    La sera del 08/10/1948 dopo un lunghissimo scampanellio la Madonna fu ospitata nella chiesa sfarzosamente illuminata, con una folla strabocchevole che gremì le tre navate, e tutti non si stancavano di ammirare i meravigliosi capolavori e le bellezze artistiche, che mai aveva nel passato ammirato.  Per i tre giorni in cui la Madonna si fermò in San Domenico; fu un continuo afflusso di fedeli, i quali, venerando la Madonna, non si stancavano di visitare ogni angolo della chiesa e principalmente l’albero genealogico del cappellone, che pochi riuscivano a comprenderne il significato.        

    Finalmente la chiesa riprendeva il culto a ritmo normale.  Intanto la chiesa era sprovvista di tutto, poiché durante il periodo della chiusura, quei paramenti di qualche valore, che erano custoditi presso famiglie private, sparirono completamente.      Il sac. Salvatore Lombardo restituì una cappa e una pianeta ricamata, ma molto sciupata ed il municipio cedette l’incensiere, un ostensorio ed un calice d’argento.

    Anche l’Intendenza ai Monumenti ha riconosciuto che la chiesa di San Domenico era un autentico monumento nazionale degno di ogni attenzione. Nel corso del 1951 riparazioni varie sono state fatte e, poiché il peso del tetto si scaricava sulla volta, con pericolo di crollare, furono rialzate le mura laterali e con nuove capriate il peso venne scaricato sulle mura.    

    Furono ritoccati alcuni finti stucchi della navata di destra, rifatti i panneggi del coro e dell’abside, rattoppata la facciata esterna e ripulite le statue della genealogia della Madonna, rivestendole con foglie di oro.  Rimane ancora insoluto il problema per l’accesso al campanile. E’ un vero guaio quando si spezza la corda. Occorrono molte scale per arrivare al terrazzino, e da questo alla campana.  Per mantenervi il culto era stato incaricato il sac. Giuseppe La Rocca, il quale vi celebrava la messa ad intervalli.”- 

    Il servizio sulla chiesa di San Domenico andato in onda sul settimanale del TGR Sicilia e realizzato in occasione dell'inaugurazione è visualizzabile Cliccando qui (a partire dal minuto 12.47)

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