Abuso d’ufficio, PM chiede condanna a due anni di reclusione per Pompeo
di: Chiara Putaggio - del 2014-09-24
In foto: Il sindaco Gianni Pompeo
Una condanna a due anni di reclusione è stata invocata dal pubblico ministero per Gianni Pompeo, ex sindaco di Castelvetrano, accusato di abuso d’ufficio, ma i difensori ribattono: “chiediamo l’assoluzione perché il fatto non sussiste”.
Volge così verso le battute finali il procedimento che si sta celebrando davanti al Tribunale collegiale di Marsala – presidente Sergio Gulotta, a latere Jole Moricca e Tommaso Pierini – e in sede di requisitoria il pm Antonella Trainito ha chiesto una condanna a due anni, sostenendo che in dibattimento sono stati provati tutti i fatti addebitati all’ex primo cittadino. Gianni Pompeo è stato rinviato a giudizio il 16 ottobre del 2012, ma il politico non ha mai dubitato sulla buona conclusione della vicenda. Questo il suo commento appena saputo del rinvio a giudizio: “Ho massima fiducia nella giustizia”.
L’inchiesta ha preso il via da una denuncia presentata dall’ex comandante della Polizia Municipale Simone Marcello Caradonna, sostituito da Pompeo quando ricopriva la carica di sindaco a Castelvetrano.
I fatti risalgono al 31 luglio del 2009, quando l’allora sindaco, con provvedimento sindacale numero 101, ha revocato dall’incarico di comandante dei vigili urbani e di dirigente del VI settore a Simone Marcello Caradonna e, poco dopo (con provvedimento sindacale numero 105) ha affidato le stesse mansioni a Vincenzo Bucca.
Ebbene, secondo la Procura, questo comportamento di Pompeo avrebbe prodotto “un ingiusto vantaggio patrimoniale a Bucca e un danno ingiusto a Caradonna”. Per il sindaco la revoca era scattata perché Caradonna non avrebbe >raggiunto gli obiettivi richiesti dall’amministrazione e non avrebbe osservato le direttive del primo cittadino. Secondo la Procura il provvedimento del sindaco sarebbe scattato prima dell’accertamento da parte del Nucleo di Valutazione.
Durante il dibattimento Gianni Pompeo è stato assistito dagli avvocati Giovanni Messina del Foro di Marsala e Donato Messina del Foro di Palermo. “Già nel contratto di lavoro – spiegano i difensori – firmato dalla >persona offesa era scritto che lo stesso contratto era correlato ad un rapporto fiduciario con il sindaco che era essenziale per il mantenimento nel ruolo.
Basta visionare il contratto, la clausola è all’articolo numero 2”. Dopo la richiesta di condanna avanzata dal pm i difensori hanno invece chiesto l’assoluzione – in sede di arringa finale: “non ravvisiamo né l’elemento oggettivo, né quello soggettivo, ossia psicologico, del reato”.
La prossima udienza è stata fissata per il 6 ottobre, giorno in cui accusa e difesa potranno replicare a quando già detto in arringa finale. Poi il collegio giudicante si ritirerà in camera di consiglio ed emetterà la sentenza.
Fonte: Giornale di Sicilia