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Gli accertamenti emessi dall'Agenzia delle Entrate firmati da “falsi dirigenti" sono inesistenti

di: Antonino Pernice - del 2015-03-29

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(ph. www.pmi.it)

La Corte Costituzionale, sent. n.37 del 17.03.2015, ha dichiarato l’illegittimità della legge “sanatoria” del 2012, con cui erano state “convalidate” le nomine dei funzionari dell’Agenzia delle Entrate a ruolo di dirigenti senza però un pubblico concorso.

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  • La sentenza della Corte Costituzionale, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimi l’art.8, co. 24, D.L. 16/2012, l’art.14, 1 co., D.L. 150/2013 e l’art.1, co. 8, D.L. 192/2014, per violazione dell’art. 97 della Costituzione che impone il concorso per l’accesso alle cariche pubbliche, pone un serio problema circa la validità degli atti sottoscritti dai dirigenti diversamente nominati, con la conseguenza dirompente di mettere in crisi l’erario. In pratica la sentenza della Corte dichiara incostituzionale l’art.8, comma 24, del D.L. 16/2012, che consentiva alle Agenzie delle Entrate di coprire, in attesa dei concorsi, le posizioni dirigenziali con il ricorso a contratti individuali di lavoro a termine stipulati con funzionari interni.

    Per effetto di tale sentenza, il risultato è che tali soggetti, ormai privi di autorità con effetto retroattivo dei relativi poteri, non potevano neanche firmare gli accertamenti fiscali che, pertanto, sarebbero non nulle bensì del tutto inesistenti. Anche le cartelle esattoriali subirebbero la stessa sorte. Nei casi di avvisi di accertamento dell’Agenzia delle Entrate firmati da funzionari privi dei poteri previsti dalla legge o sprovvisti della delega da parte del direttore dell’ufficio, la Cassazione e i giudici di merito (si cita CTP Bari sent. n. 67.11.14; CTP Palermo, sent. n. 1429/14. Cass. sent. n. 14942/2013) hanno ribadito l’illegittimità dell’atto, perché gli atti dell’Agenzia delle Entrate devono essere firmati dal direttore dell’ufficio e non da altri soggetti, a meno che non siano muniti di procura (e quest’ultima venga prodotta agli atti).

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  • Considerato, tuttavia, che la facoltà di delega è direttamente prevista da apposita disposizione di legge, deve ritenersi che l’esistenza della delega è atto imprescindibile per la sottostante investitura attraverso l’atto medesimo. Ma non qualsiasi firma apposta all’atto, può ritenersi sufficiente ad integrare gli estremi della “sottoscrizione”; neppure nel caso di appartenenza del firmatario all’ufficio di provenienza può ritenersi sufficiente a realizzare una valida sottoscrizione o la sua qualifica di dirigente ma non capo dell’ufficio.

    Titolare è chi esercita stabilmente un ufficio o una funzione, essendone formalmente investito, vale a dire chi è il legittimo soggetto di un determinato rapporto giuridico.    L’art. 42 del DPR 600/73, infatti, specifica come siano da ritenersi nulli gli atti non sottoscritti dai funzionari competenti. La sottoscrizione, quindi, è richiesta a pena di nullità, dato che la manifestazione di volontà dell’amministrazione deve esplicarsi in maniera espressa, e cioè munendo l’atto della firma del capo dell’ufficio che lo compie.

    In pratica, se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare, incombe all’amministrazione finanziaria dimostrare il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore e la presenza della delega in caso di contestazione.

    Insomma, se è nullo l’accertamento firmato dal funzionario privo di procura o dei poteri, non può che esserlo quello del dirigente che, in realtà, non è dirigente, ma semplice funzionario perché la sua nomina è stata ritenuta illegittima.

    La giurisprudenza ha sempre detto che quando l’atto è firmato da un soggetto privo dei poteri, si configura una causa di inesistenza (che è, tra tutti i vizi, la categoria più grave e insanabile). Il risultato è che l’inesistenza può essere fatta valere in ogni stato e grado del giudizio e anche d’ufficio. Il che significa che quanti non hanno mai impugnato la cartella esattoriale o l’atto dell’Agenzia, e hanno lasciato scadere i termini, dovrebbero essere ancora in tempo per far valere tale eccezione. Così come chi ha già intrapreso il ricorso, ma sulla scorta di ulteriori e differenti contestazioni, potrebbe sempre allargare il tema della decisione anche al difetto del potere del dirigente.  

    Attenzione: l’eccezione, basandosi su un difetto di potere da parte del dirigente dell’Agenzia delle Entrate, potrà essere fatta valere solo nei confronti delle cartelle di Equitalia che sono la diretta conseguenza di atti appunto dell’Agenzia stessa. Non potrà, quindi, essere utilizzata per il caso di recupero di sanzioni amministrative, contributi previdenziali dell’Inps, imposte locali, ecc.  Per sapere i nomi dei funzionari illegittimi, le associazioni di tutela dei consumatori (in particolare Adusbef e Federconsumatori), si starebbero apprestando a chiedere l’accesso agli atti alle agenzie fiscali per individuare funzionari e dirigenti promossi illecitamente, affinché, in sede di giudizi pendenti nei Tribunali e nelle Commissioni tributarie, vengano annullati tutti gli atti illegittimamente sottoscritti, a carico di migliaia di contribuenti.

    In ogni caso, ogni singolo contribuente, che abbia ricevuto un accertamento fiscale, può sempre fare, in autonomia, istanza di accesso agli atti amministrativi, dinanzi alla locale Agenzia delle Entrate, per verificare se il dirigente (o meglio, funzionario) che ha firmato l’atto aveva effettivamente i poteri per farlo, ossia aveva acquisito la qualifica attraverso un concorso pubblico. Attenzione.

    La questione sollevata dalla sentenza della Corte Costituzionale non riguarda direttamente Equitalia, ma i funzionari dell’Agenzia delle Entrate. Al contrario le cartelle esattoriali vengono coinvolte nella misura in cui emesse sulla scorta di un precedente accertamento fiscale nullo (se, infatti, quest’ultimo è viziato, non può che esserlo anche la conseguente cartella). In ogni caso, per quanto attiene specificamente agli atti di Equitalia, l’orientamento della Cassazione è quello di ritenere che non sia necessaria la sottoscrizione del dipendente che lo ha redatto, purché rechi l’indicazione, stampata al computer, dello stesso agente della riscossione e indichi il soggetto responsabile del procedimento (Cass. sent. n. 24541/2014).

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