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Affollata celebrazione presso la Chiesa di San Domenico. Ecco alcune considerazioni

del 2015-08-09

Immagine articolo: Affollata celebrazione presso la Chiesa di San Domenico. Ecco alcune considerazioni

Si è celebrato ieri otto agosto San Domenico con una solenne messa all’interno della Chiesa di Castelvetrano alla presenza del Vescovo dei sacerdoti e con in testa l’arciprete Don Giuseppe Undari, nell’edificio storico pieno di fedeli e tanti turisti che hanno assistito alla solenne funzione religiosa. Vi proponiamo uno spaccato di storia della stessa Chiesa a cura dello storico Francesco Saverio Calcara che ringraziamo:

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  • Eretta dai Tagliavia, signori di Castelvetrano, la chiesa conventuale di San Domenico sorge in uno dei momenti più felici della storia cittadina, restando di quel fortunato periodo la testimonianza più rappresentativa. Infatti, è nell’ultimo scorcio del secolo XV che, a Castelvetrano, i nostri baroni danno il via alla fabbrica della chiesa di Santa Maria di Gesù (poi S. Domenico), poco distante dalla chiesa vecchia di S. Giovanni, attestata già dal 1412.

    Erano quelli gli anni in cui i domenicani, nell’era della fioritura dell'umanesimo, della cultura classica e dei costumi paganeggianti, furono i veri predicatori della penitenza, insistendo in ogni maniera contro la depravazione dei costumi, per la compostezza e purezza della vita, per la pratica della fede, della speranza, della carità e della giustizia, fautori di una spiritualità che coniugava alla preghiera anche la ricerca e lo studio S. Domenico rappresenta con S. Francesco il grande tentativo della Chiesa del Medioevo di vivere il vangelo nella storia; ed è forse l'ultimo dei santi generati dalla tradizione spirituale ancora unita e unificata attorno alla Bibbia, alla Parola di Dio meditata e letta con i Padri della Chiesa e celebrata nella perenne liturgia.

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  • Tutto ciò si riflette nel suo pacifico approccio al mondo e ai suoi bisogni storici, nel suo sguardo penetrante sulla situazione della Chiesa, nella sua qualità contemplativa, nella sua ardente preghiera, e contribuisce a fare di lui - come dice il Vicaire - il santo necessario, il santo che ha vissuto la grande avventura del radicalismo cristiano e il cui messaggio e carisma sono attualissimi.

    Domenico nacque a Caleregua, nella Vecchia Castiglia, intorno al 1172, da famiglia di piccola nobiltà contadina (i Guzmàn e gli Aza). Compì i suoi primi studi a Palencia e successivamente entrò a far parte del capitolo della cattedrale di Osma. Avendo accompagnato il proprio vescovo, Diego d'Acebes, in una missione diplomatica nel nord Europa, ebbe modo di rendersi conto della drammatica situazione in cui versava la Chiesa, minacciata dal decadimento interno e dalle eresie dei presunti riformatori.

    Fallito il compito diplomatico, i due decisero di recarsi a Roma per chiedere al Papa il permesso di partire missionari in Oriente. Ma Innocenzo III impose loro di affiancarsi ai Cisterciensi che contrastavano l'eresia albigese nella Francia meridionale.

    In quel contesto Domenico maturò l'idea della sancta praedicatio, il proposito cioè di dar vita ad una nuova forma di apostolato, basata sulla vita delle prime comunità cristiane e attenta al fondamentale mandato di Cristo di andare in tutto il mondo e predicare il suo vangelo a tutte le creature. E' interessante notare però che la prima comunità fondata da Domenico era costituita da donne, a Prouille; quasi a voler significare il valore della preghiera come sostegno all'azione apostolica dei suoi predicatori.

    La culla dell'Ordine fu comunque Tolosa, dove il grande castigliano venne favorevolmente ricevuto dal vescovo Folco, e dove nel 1215 raccolse la prima comunità di frati attorno al chiostro di Saint-Romain. Innocenze III, per non compromettersi con l'episcopato, diffidente nei confronti dei predicatori itineranti, - non dimentichiamo che siamo in un periodo di grandi eresie - chiese al Santo di scegliere pei suoi frati una regola già esistente.

    Domenico optò allora per quella di S. Agostino che, data la sua genericità, consentiva alle nascenti comunità domenicane una certa elasticità di interpretazione per adattarla alle diverse esigenze apostoliche della predicazione.

    Onorio III, pur non impegnandosi con un riconoscimento ufficiale, apprezzò la generosità dei predicatori ed espresse il suo consenso al loro genere di vita, con la bolla Religiosam vitam del 22 dicembre 1216. Nel febbraio 1218 la bolla Sipersonas religiosas configurò la caratteristica dell' Or do fratrum praedicatorum, incentrato sul binomio: povertà e predicazione. Il nuovo Ordine mendicante cominciò a diffondersi in Italia e in Francia, aiutato in questo suo fiorire dalle prime figure di grandi domenicani: Giordano di Sassonia e Reginaldo d'Orléans.

    Nella primavera del 1220 si celebrò a Bologna il primo capitolo dell'Ordine che tradusse in formulazioni rigorose ma vitali le intuizioni e le esperienze maturate in tanti anni di apostolato: i predicatori abbracciarono la scelta della povertà, rinunciando ai beni immobili e alle rendite fìsse.

    Dopo un anno di intensa attività missionaria nell'Italia settentrionale, il secondo capitolo generale, radunato ancora a Bologna, vide i rappresentanti di più di venti comunità e confermò la scelta missionaria e mendicante. Domenico riprese quindi la suafrenetica attivitàapostolica, ma spossato e sentendo prossima la fine chiese di essere portato al suo convento di Bologna per essere sepolto sotto i piedi dei suoi frati.

    Lì si spense, il 6 agosto 1221, il Patriarca dei predicatori: il Santo non aveva mai avuto una cella propria e per rivestire il suo corpo di una veste decorosa si dovette chiederla a un suo confratello.

    Domenico fu innalzato alla gloria degli altari da Gregorio IX nel 1234; la sua festa liturgica si celebra l'8 agosto. Oltre al ritorno all'ideale evangelico della povertà, l'innovazione più originale di san Domenico fu l'introduzione dello studio nelle istituzioni ecclesiastiche.

    Infatti, «se dissolutezza e denaro erano le due piaghe purulente che alimentavano il proliferare di pseudo-evangelici, l'ignoranza ne costituiva il denominatore comune» (2). Lo studio non doveva essere considerato fine a se stesso, ma coltivato come una vera e propria virtù da ricercare per la salvezza delle anime.

    Ricordiamo le celebri parole di un altro grande santo domenicano, Tommaso d'Aquino.- «Io ti ricevo, prezzo del mio riscatto!

    Per tuo amore studiai, vegliai, mi affaticai». Altro cardine dell'Ordine è la preghiera: «Parlava solo con Dio e di Dio», diranno i testimoni del processo di canonizzazione ; e abbiamo già fatto notare che la prima comunità ad essere fondata fu quella di un gruppo di donne redente, consacrate all'orazione.

    Non c'è soluzione di continuità tra vita e preghiera, tra preghiera e studio; e questa impostazione si riflette nella stessa struttura conventuale e negli orari della vita comune. Vivere insieme deve costituire per ogni domenicano uno stimolante richiamo alla correzione fraterna, una crescita nella perfezione evangelica, un effettivo aiuto nello studio e nella predicazione, carisma fondamentale dell'Ordine. 

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