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OGM, opportunità per la nostra agricoltura o pericolo per salute e ambiente?

di: Ignazio Verde - del 2015-06-24

Immagine articolo: OGM, opportunità per la nostra agricoltura o pericolo per salute e ambiente?

Gli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) entrano spesso nel dibattito pubblico generando paure e discussioni accese ma anche molto interesse. Per descriverli sono stati coniati termini apocalittici come “cibo Frankenstein”.

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  • La politica negli ultimi decenni anziché prendere decisioni partendo dai dati disponibili ha preferito cavalcare le paure e l’emotività dell’opinione pubblica.  Ma cosa sono gli OGM?

    E inoltre, sono veramente così dannosi per la salute e l’ambiente come spesso vengono presentati?

    A definirli ci pensa una direttiva dell’Unione Europea (Direttiva 2001/18/CE) con tutta una lunga serie di inclusioni ed esclusioni alquanto incomprensibili dal punto di vista biologico (vedi qui per una trattazione più dettagliata http://www.ilpost.it/2015/06/10/ogm-contro-natura/).

    Ad esempio, non sono considerati OGM le piante derivate da mutagenesi indotta da sostanze chimiche o radiazioni ionizzanti (raggi X, raggi gamma) anche se possono portare modifiche genetiche che non conosciamo.  La tecnica maggiormente sotto i riflettori è quella nota come ingegneria genetica, o tecnica del DNA ricombinante.

    Con questa tecnica possiamo trasferire un singolo gene esogeno nel genoma di un individuo carente senza mescolare l’intero patrimonio genetico del donatore e del recettore come invece avviene nell’incrocio classico. In questo modo la tecnica consente di superare le barriere di incompatibilità tra specie anche distanti.

    Semplificando possiamo dire che l’ingegneria genetica non è che un’operazione di “taglia e cuci”: il gene che vogliamo trasferire viene isolato dal donatore usando delle forbici particolari chiamate enzimi di restrizione (tagliano il DNA in siti specifici) e poi trasferito nella cellula ospite per mezzo di un vettore.

    I vettori sono dei virus o microrganismi patogeni che hanno la capacità di integrare il loro materiale genetico (DNA o RNA) nel genoma dell’ospite. Ma questi sono stati resi innocui, cioè disarmati dai geni di patogenicità, sostituendoli con i geni esogeni che vogliamo trasferire nell’ospite. Nel caso delle piante il vettore più utilizzato è un batterio (Agrobacterium tumefaciens).

    Le piante modificate vengono poi sottoposte a un lungo iter di selezione, analisi e test (genetici, tossicologici, allergologici, di impatto ambientale) per arrivare dopo molti anni alle varietà che verranno coltivate dagli agricoltori. L’uso di questa tecnica non è limitato all’agricoltura. Il primo prodotto a essere stato ottenuto con l’uso dell’ingegneria genetica fu l’insulina umana ricombinante.

    Il gene umano dell’insulina fu inserito in un batterio per produrre l’ormone oggi utilizzato da milioni di diabetici. Prima dell’avvento dell’insulina ricombinante la qualità e le aspettative di vita di questi pazienti erano molto basse. Oggi esistono decine di farmaci (come l’interferone e l’ormone della crescita) prodotti con l’ausilio dell’ingegneria genetica.

    Un’altra frontiera nell’uso del DNA ricombinante in ambito medico è la terapia genica. In questo caso i vettori sono dei virus disarmati come quello dell’AIDS che è stato utilizzato recentemente da un’equipe italiana per curare dei bambini affetti da due gravi malattie genetiche.    

    Le piante GM oggi occupano una superficie di circa 180 milioni di ettari, il 12% delle terre arabili sul pianeta, e la loro coltivazione è in crescita da 15 anni. Una critica spesso mossa alle piante GM è quella di essere “contro natura”. La prima osservazione è che quasi nessuna delle piante domesticate e coltivate oggi dall’uomo sarebbe in grado di sopravvivere autonomamente in natura a causa delle profonde modifiche genetiche apportate dall’uomo nei millenni.

    Tutte le piante coltivate quindi dovrebbero essere considerate tali. Ricordiamoci che il materiale genetico è lo stesso per tutti gli esseri viventi (dai batteri all’uomo) e che tutte le specie sul pianeta sono evolutivamente collegate, cioè derivano da un progenitore comune più o meno lontano.

    L’analisi approfondita del genoma di diverse specie animali ha evidenziato che centinaia di geni provenienti da batteri, protisti, funghi e piante sono “saltati” orizzontalmente da questi ultimi agli animali, uomo compreso, e sono ancora attivi. Per non parlare dei geni virali. Circa l’8% del genoma umano (circa 250 milioni di lettere su 3 miliardi) ci è stato “donato” dai retrovirus (che includono il virus dell’AIDS) e un gene virale, la sincitina, è essenziale per le nostre funzioni di mammiferi.

    Possiamo anche pensare ai grani che attraverso una serie di ibridazioni tra specie diverse con 14 cromosomi hanno fuso i loro genomi per dare origine al nostro grano tenero, un mostro genetico con 42 cromosomi e con un genoma di 17 miliardi di lettere!

    Una scoperta recentissima riguarda il connubio tra il nostro agrobatterio (il vettore citato sopra) e una pianta domesticata dall’uomo circa 8 mila anni fa, la patata dolce.

    Ebbene, tutte le varietà coltivate di patata dolce (sia moderne che antiche) portano un frammento di DNA dell’agrobatterio con geni attivi. Questo sta a indicare che eventi di ingegneria genetica sono avvenuti spontaneamente in natura almeno 8 mila anni fa e uno di questi è stato selezionato dall’uomo perché probabilmente conferiva alle piante domesticate dei tratti utili. Come a dire: la natura è arrivata prima dell’uomo!

    Un’altra criticità mossa alle piante GM è dovuta al fatto che le poche specie coltivate su larga scala sono state ottenute da poche aziende multinazionali che le proteggono con brevetti. Senza voler entrare nel merito delle complicate legislazioni brevettuali che non riguardano le sole piante GM e che servono a remunerare l’innovazione c’è da notare che la feroce opposizione e le regole eccessive per la messa in commercio di OGM hanno di fatto bloccato la ricerca pubblica nel settore.

    In Italia non è possibile da 15 anni fare ricerca e sperimentazione in pieno campo! Mettere in commercio OGM richiede oggi uno sforzo economico (dell’ordine di centinaia di milioni) che solo le grandi aziende multinazionali possono permettersi e solo per colture ampiamente diffuse (mais, colza, soia cotone, riso, grano).

    Un esempio di innovazione mancata è il pomodoro San Marzano, un prodotto tipico della tradizione italiana, che fino a qualche decennio fa rappresentava il 35% della produzione italiana di pomodoro, oggi praticamente scomparso perché molto sensibile a un virus. Esiste un pomodoro italiano GM resistente ma oggi è impossibile metterlo in commercio.

    La stessa cosa è successa a una mela GM ottenuta dall’Università di Bologna. Questa è resistente a una malattia fungina, la ticchiolatura, per il cui controllo sono necessari anche 30 trattamenti fungicidi all’anno ma giace nei cassetti da anni. Un altro esempio emblematico riguarda il riso Golden Rice.

    Nei paesi del terzo mondo la malnutrizione causa carenza di vitamina A che porta prima alla cecità e poi alla morte. Si stima che circa 200 milioni di esseri umani siano colpiti da ipovitaminosi A e ogni anno circa 2 milioni ne muoiano, principalmente bambini.

    Poiché il riso rappresenta la principale fonte di alimentazione per molte popolazioni malnutrite due ricercatori, Ingo Potrykus e Peter Beyer, ottennero un riso ingegnerizzato inserendo due geni della via biosintetica del beta carotene (precursore della vitamina A). Il riso, di colore giallo per la presenza del precursore, è libero da brevetti e potrebbe essere coltivato liberamente ma l’opposizione feroce di multinazionali ambientaliste come Greenpeace ne ha ostacolato e ne ostacola la coltivazione con grave danno per le popolazioni sottonutrite.

    Una tazza (circa 180 grammi) di riso Golden Rice soddisfa il 60% del fabbisogno giornaliero di vitamina A. Ciononostante nel mondo esistono anche esempi di successo di piante GM non ottenute da multinazionali. Un esempio è la papaya delle Hawaii, una coltura lì tradizionale. Un virus ne minacciava l’esistenza e per salvarla l’USDA (Ministero dell’Agricoltura Americano) negli anni 90 progettò assieme ad alcune Università pubbliche una papaya transgenica resistente al virus.

    Le piante transgeniche vennero distribuite agli agricoltori e ancora oggi la coltivazione della papaya è florida, anzi la papaya GM ha reso possibile la coltura tradizionale e biologica grazie al cuscinetto esercitato dalle piante GM resistenti.  

    Riguardo agli effetti degli OGM sulla salute umana e l’ambiente, l’Unione Europea ha finanziato negli ultimi 30 anni 130 progetti di ricerca per un totale di 300 milioni di euro coinvolgendo più di 500 istituzioni pubbliche di ricerca.

    La vasta letteratura scaturita da queste ricerche non ha evidenziato alcun danno potenziale per la salute umana e per l’ambiente come rilevato anche nei rapporti dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (http://www.efsa.europa.eu/it/panels/gmo.htm).

    C’è da notare anche che gli OGM arrivano abitualmente sulla nostra tavola. La maggior parte dei prodotti (soia e mais) utilizzati per l’alimentazione dei nostri animali deriva da piante geneticamente modificate importate dall’estero.

    In conclusione, un concetto generale che dobbiamo fare nostro è che bisogna valutare ogni nuovo prodotto caso per caso e non la tecnica utilizzata per ottenerlo. Una nuova pianta va valutata per le sue caratteristiche innovative, per la salubrità e per il rispetto per l’ambiente senza pregiudizi sulla metodologia utilizzata per realizzarla.

    La tecnica del DNA ricombinante è uno dei tanti strumenti utili per affrontare alcune delle sfide che ci attendono nel prossimo futuro in campo agroalimentare. Non è la panacea per ogni problema, ad esempio alcuni tratti complessi (ad esempio la resa) al momento non sono adatti per essere trasferiti con questa tecnica. Rinunciare a una tecnologia per motivi ideologici ed emotivi non è una scelta saggia. Ne va della competitività e della sicurezza alimentare del nostro Paese.  

    Per chi volesse approfondire l’argomento consiglio questi due libri: uno di Dario Bressanini “OGM tra leggende e realtà” pubblicato da Zanichelli e un altro più recente dello stesso autore scritto con Beatrice Mautino “Contro Natura” pubblicato da Rizzoli.

    Email: [email protected]

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    Effeviauto 6 gennaio 2025