Quando Facebook viene usato per rubare identità e foto
di: Dott.Francesco Marino - del 2015-11-03
Gli amori possono non durare in eterno ma le foto che avrete pubblicato con il vostro ex o la vostra ex, rimarranno nel web per sempre. Prima di Internet, i criminali dovevano scavare nella spazzatura delle persone o intercettare la posta per rubare loro informazioni personali.
Ora che tutte queste notizie sono disponibili on-line, i criminali utilizzano Internet per rubare le identità delle persone, incidere nei loro conti, ingannarli nel rivelare le informazioni, o infettare i loro dispositivi con il malware.
Durante il seminario al Viminale del 24 settembre scorso, “Nuovi Rischi, Nuovi Predatori, Nuove Strategie di Protezione”, organizzato dalla C.O.N.S.A.P. in collaborazione con Accademia Internazionale di Scienze Forensi di Roma, è emerso che gli italiani trascorrono mediamente 6/7 ore al giorno sul web di cui 2,5 ore sui social media.
Nel corso della loro navigazione lasciano miglia di dati che vengono captati da predatori e poi successivamente commercializzati per scopi generalmente non leciti. Un magistrato relatore ha riferito di aver indagato su casi di minori adescati tramite il web.
Quando i loro aguzzini sono stati scoperti e denunciati, egli ha proposto di privare i genitori della patria podestà per omessa vigilanza sui figli lasciati incustoditi nella navigazione. A volte sui social media si ha la pessima abitudine di manifestare i propri stati d’animo, raccontare fatti personali, litigare pubblicamente, riferire i propri spostamenti. Bisogna imparare a considerare il web come “l’agorà” dell’antica Grecia, ossia la piazza dove in molti si incontrano e discutono.
Pure i criminali la frequentano e potrebbero apprendere che anche la vostra casa è incustodita! Il vostro avverabile datore di lavoro, dopo aver visionato il vostro curriculum vitae, va a guardare il vostro profilo Facebook per costruire il vostro “profiling”.
Dalle notizie che voi avete inserito, egli può elaborare il vostro grado di riservatezza, le vostre insicurezze, la vostre impulsività, chi frequentate e alla fine potrebbe decidere di non assumervi proprio per gli spunti che le avete fornito. Tante volte avrete appreso che pubblicare foto dei bimbi su Facebook è pericoloso.
Se qualcuno di voi, incurante, lo fa ancora, forse è il caso di sapere che il 50% del materiale foto e video rintracciato sui siti pedopornografici viene scaricato dai social network. Il dato è stato posto alla ribalta dopo una ricerca investigativa condotta dall’Australia’s new Children’s eSafety Commissioner e riportata da Il Fatto Quotidiano.
Genitori, zii, nonni caricano senza pensarci troppo su, foto e video di bambini impegnate nelle loro quotidiane attività. Uno degli investigatori del Children’s eSafety Commissioner ha raccontato di un sito web con almeno “45 milioni di immagini di cui oltre la metà sembrava essere acquistata direttamente dai social media”. Provate a pensare che ne sarebbe della vita di vostro/a figlio/a se un giorno, i suoi amici, scoprissero che in quell’immagine pornografica c’è proprio la sua faccia.
Quando si registra qualsiasi cosa online, non importa dove l’avete caricata: sappiate che in quel momento avete perso il controllo su di essa. Inoltre Facebook ha le migliori impostazioni di protezione e sicurezza in modo da consentire gruppi bloccati e limitati nella condivisione delle immagini con amici e familiari. Ricordatevi che non importa quanto innocente la foto sia.
Ogni violazione commessa attraverso il web non è di facile soppressione. In tanti avvenimenti delittuosi è risultato che la sede del sito incriminato è collocata in nazioni straniere che non collaborano volentieri con le agenzie di polizia. Far rimuovere un’immagine compromettente o una frase offensiva dal web non è proprio facilissimo.
Anche quando verrebbe rimossa non si avrà mai la certezza che nessuno non l’abbia copiata in precedenza.
La lotta più convincente ai mali del web pare sia la prevenzione. Ricordatevi sempre che la pubblicazione di qualsiasi cosa sul web è come un tatuaggio sul corpo che non andrà mai più via.