La storia dei Florio tra investimenti anche a CVetrano e la nascita del giornale "l'Ora"
di: Vito Marino - del 2016-03-09
(ph. en.wikipedia.org)
I Florio furono tra le più ricche famiglie del 1800 e della prima metà del 1900; essi intrapresero numerose iniziative industriali e commerciali e diedero vita a grosse compagnie di navigazione.
Vincenzo Florio, nel 1828, diede una svolta decisiva nelle attività commerciali. Volendo seguire le fortune delle famiglie inglesi degli Ingham e Woodhouse volle cimentarsi nel mondo vitivinicolo, costruendo oltre al noto stabilimento sul lungomare di Marsala, diversi bagli (fabbricati rurali) a Campobello e Castelvetrano.
Finanziò anche la pubblicazione del giornale l’ORA, un giornale quotidiano con sede a Palermo, al fine di disporre di un organo di informazione, attraverso il quale la borghesia imprenditoriale dell'isola potesse esprimere le proprie lamentele verso il governo nazionale, accusato di trascurare il meridione d'Italia.
L’ORA fin dalla sua fondazione fu di orientamento progressista, a parte la parentesi del “Ventennio”, durante il quale divenne un organo della federazione fascista palermitana. Il primo numero de L'Ora uscì il 22 aprile 1900, ufficialmente ne era proprietario il marchese Carlo Starrabba di Rudinì, figlio dell'ex Presidente del Consiglio, ma la maggior parte delle azioni della società editrice appartenevano a Ignazio Florio, finanziatore e principale promotore dell'iniziativa editoriale.
A dirigere il giornale, fino al febbraio del 1902 venne nominato Vincenzo Morello, uno dei più autorevoli giornalisti politici italiani del tempo.
Sulle colonne dell'Ora scrissero Napoleone Colajanni, Francesco Saverio Nitti, Luigi Capuana, Antonio Borgese, Rosso di San Secondo, Matilde Serao, Luigi Pirandello, Salvatore Di Giacomo e Giovanni Verga. Il primo evento di grande rilievo documentato dal nuovo giornale fu la manifestazione degli operai dei cantieri navali di Palermo e della Fonderia Orotea, che il 1º marzo del 1901 scesero in piazza per uno sciopero generale.
La dimostrazione venne repressa nel sangue dall'esercito, su preciso ordine di Giolitti, che accusò i Florio di aver sobillato la piazza, accuse che vennero prontamente rispedite al mittente da Morello, con documentate argomentazioni sulle colonne del giornale.
L'Ora divenne un giornale di importanza europea; vennero stipulati accordi per lo scambio di informazioni con altri grandi quotidiani stranieri tra cui Le Matin di Parigi, il Times di Londra ed il quotidiano statunitense New York Sun.
Inoltre venne inviato un corrispondente a Tokyo ed aperti uffici di corrispondenza a Vienna e a Berlino. In quegli anni ospitò numerosi articoli del movimento futurista, tra cui quelli di Filippo Tommaso Marinetti. Durante la guerra italo-turca, che il giornale sostenne pubblicò servizi molto dettagliati, grazie anche alla vicinanza del fronte, Inoltre pubblicò i primi servizi fotografici di guerra, uno dei primi esempi di "fotogiornalismo d'attualità" in Italia.
Nonostante la popolarità del giornale, il declino della situazione economica della famiglia Florio costrinse a cedere la maggioranza delle quote della società editrice a Filippo Pecoraino, facoltoso imprenditore e proprietario di molini e pastifici, che già dal 1904 aveva acquisito una quota di minoranza nell'impresa.
Il 31 ottobre 1926, a seguito dell'attentato a Mussolini avvenuto a Bologna, la dittatura fascista scioglie i partiti politici e chiude d'autorità tutti i giornali e le pubblicazioni non in linea con il regime. Anche L'Ora, notoriamente antifascista venne chiuso il 31 ottobre, insieme al periodico “Il Mondo di Roma”, anch'esso finanziato da Pecoraino e diretto da Giovanni Amendola. Inoltre l'intero patrimonio della famiglia Pecoraino venne messo sotto sequestro.
Nel gennaio del 1927 le Autorità concessero al giornale di riprendere le pubblicazioni con il sottotitolo di “Quotidiano fascista del Mediterraneo” avendo per direttore Nicola Pascazio, segretario dei giornalisti di Sicilia, già redattore dell'organo ufficiale del PNF, Il Popolo d'Italia.
Dopo la dittatura fascista e terminata la grande guerra, il 28 agosto del 1945 a Palermo viene costituita da Sebastiano Lo Verde la "Società Editrice l'Ora", con l'obiettivo di riportare in edicola il giornale, che riprende le pubblicazioni l'8 aprile del 1946 con la testata L'Ora del Popolo.
Il giornale quindi attraversa anni tumultuosi, durante i quali ha luogo il referendum istituzionale che vede il giornale palermitano schierarsi con i sostenitori della Repubblica, in controtendenza con la maggioranza dell'elettorato cittadino che voterà invano per mantenere la monarchia.
Seguirà la battaglia per l'autonomia regionale, e a favore del "Blocco del Popolo" che si affermerà nelle elezioni del 20 aprile del 1947 per la prima Assemblea Regionale Siciliana. Il 1947 è anche l'anno in cui al giornale arriva la prima seria intimidazione da parte della banda di Salvatore Giuliano.
Se lo spirito del giornale rimaneva indomito, i mezzi restavano tuttavia limitati: rotative e attrezzature erano rimaste quelle di prima della guerra.
Nel 1954, la vedova di Lo Verde cederà la proprietà del giornale alla società GATE (diretta da Amerigo Terenzi e di proprietà del Partito Comunista Italiano) che già pubblica il quotidiano romano Paese Sera, con il quale svilupperà una sinergia editoriale.
Il 4 novembre 1954, con la nuova testata “L'Ora” sotto la direzione di Vittorio Nisticò, il giornale, riprese a pubblicare fino alla chiusura, che avvenne nel 1975.
I nuovi mezzi a disposizione segnano una svolta importante nell'evoluzione del giornale, che si rinnova nella grafica e l'impaginazione, L'Ora è inoltre il primo giornale che osa intraprendere la pubblicazione di una serie di documentati e dettagliati articoli di inchiesta sul fenomeno mafioso in Sicilia, come quello di Luciano Liggio, ed ai legami sempre meno occulti tra il potere politico locale e la malavita organizzata, ponendo all'attenzione del Presidente del Consiglio dell'epoca, Amintore Fanfani, affinché venisse costituita una Commissione Parlamentare d'inchiesta sul fenomeno mafioso.
La risposta della mafia all'avvio dell'inchiesta non si fece attendere: alle 4:52 del 19 ottobre 1958 la sede del quotidiano venne devastata da un’esplosione, ma il giorno dopo, il giornale è di nuovo in edicola con un titolo di testa a nove colonne in caratteri cubitali: "La mafia ci minaccia, l'inchiesta continua".
L'attentato aveva portato il fenomeno mafioso e le sue ramificazioni all’attenzione dell'opinione pubblica nazionale, del governo e l'interesse della stampa estera. Nel luglio del 1960 vi furono in tutta Italia manifestazioni popolari di protesta contro il governo presieduto da Fernando Tambroni, sostenuto dai voti del MSI, che furono represse nel sangue. In Sicilia si contarono sei morti, di cui quattro nella sola Palermo.
Il quotidiano L'Ora documentò nei particolari le violenze della polizia e dei Carabinieri, che spararono contro la folla inerme dei manifestanti. A causa di queste cronache il giornale diventa protagonista di un clamoroso caso giudiziario: nel gennaio del 1961, per la prima volta nella storia della Repubblica, un quotidiano viene processato su iniziativa di un Procuratore della Repubblica e deve rispondere in Corte d'Assise dell'imputazione di "vilipendio del governo e delle forze di polizia".
Il giornale prosegue nell'opera di documentazione dei fatti di cronaca, e degli abusi della pubblica amministrazione e delle gesta sempre dei malavitosi, come la strage di Ciaculli del 1963, il terremoto del Belice del 1968, il massacro mafioso di viale Lazio del 1969.
Nel 1972 il giornale l’Ora apre una seconda redazione a Catania. L’importanza del giornale non è solo dovuta alle inchieste sulla mafia, ma anche alle numerose collaborazioni con giornalisti, artisti e scrittori del calibro di Renato Guttuso, Leonardo Sciascia, Salvatore Quasimodo, Felice Chilanti e Giuliana Saladino.
Negli anni sessanta e settanta il giornale seppe gestire un’incessante attività critico-culturale che culminò nelle battaglie civili ingaggiate dai suoi giornalisti, nonostante le minacce e gli attentati della mafia che giunse ad assassinare tre suoi cronisti: Cosimo Cristina (ucciso il 5 maggio del 1960), Giovanni Spampinato (ucciso il 27 ottobre del 1972) e Mauro De Mauro, quest'ultimo scomparso misteriosamente mentre stava lavorando ad un'indagine sul caso Mattei.
Verso la metà degli anni settanta il diffondersi delle emittenti private e l'uscita di nuovi giornali, in Sicilia ed altrove nel meridione, cominciò ad allontanare i lettori del quotidiano palermitano, che era rimasto un giornale del pomeriggio.
Fra alti e bassi, il giornale continuerà a sopravvivere fino al maggio 1992, quando il quotidiano cessò definitivamente le pubblicazioni salutando i propri lettori con un "Arrivederci" in prima pagina.
Nel 2000 l'archivio del quotidiano è stato acquistato dalla Regione siciliana e dal 2007 reso disponibile al pubblico anche online.