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"Alimentazione & Scienza": Quando mangiare bene fa bene al cervello

di: Dr Fabio Bavetta - del 2016-07-03

Immagine articolo: "Alimentazione & Scienza": Quando mangiare bene fa bene al cervello

Se da un lato il legame tra alimentazione sana e bilanciata e prevenzione delle patologie cardio-vascolari è oramai un fatto ben documentato ed acquisito, dall’altro è sempre più attenzionata la correlazione tra interventi nutrizionali e prevenzione, o trattamento terapeutico, dei processi di invecchiamento cerebrale.  

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  • C’è una stretta correlazione tra alimentazione e Sistema Nervoso Centrale (SNC), nel senso che il SNC regola l’assunzione di cibo e alcuni nutrienti possono influenzare la neurochimica cerebrale. I neurotrasmettitori coinvolti in questi processi sono diversi, tra cui acetilcolina, serotonina, noradrenalina e dopamina.

    L’acetilcolina è maggiormente coinvolta nei processi di memorizzazione. Una sua carenza è correlata all’invecchiamento cerebrale. La colina è il precursore naturale dell’acetilcolina e, negli alimenti, la troviamo principalmente nel tuorlo dell’uovo e nel germe di grano.  

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  • Anche altri micronutrienti, come la tiamina (vitamina B1), acido folico, vitamina B12, vitamina E, N-acetil-cisteina e acetil-L-carnitina, sono co-fattori indispensabili per la sintesi e la liberazione dell’acetilcolina, ragione per cui un’alimentazione bilanciata deve prevedere fonti alimentari che apportino adeguate quantità di questi micronutrienti.

    Studi epidemiologici attuali evidenziano il ruolo protettivo di alcuni micronutrienti (vitamine del gruppo B, vitamine C, D ed E, flavonoidi) e macronutrienti (acidi grassi insaturi Omega-3, pesce) nella prevenzione del declino cognitivo.  

    A causa del loro elevato fabbisogno di ossigeno e della loro ridotta capacità di bio-sintesi di antiossidanti endogeni, i tessuti cerebrali sono probabilmente i tessuti più vulnerabili da un’alimentazione sbilanciata sul lungo termine e sono particolarmente vulnerabili alle specie reattive dell’ossigeno ed allo stress ossidativo in generale.

    Pertanto, combattere lo stress ossidativo è da considerarsi a sua volta una strategia utile nel contrastare il declino cognitivo e la neuro-degenerazione, anche se non ne costituisce la causa primaria.  

    Recentemente è salito alla ribalta il ruolo degli acidi grassi alimentari nel declino cognitivo correlato sia all’età che a fattori degenerativi (malattia di Alzheimer, morbo di Parkinson, etc). Il coinvolgimento del metabolismo dei grassi nella neuro-degenerazione è infatti ormai ben stabilito dagli studi sui livelli di colesterolo e sul rapporto tra acidi grassi saturi/polinsaturi presenti nella dieta.

    Diversi studi epidemiologici hanno suggerito che un aumento degli acidi grassi saturi nell’alimentazione può avere effetti negativi sulle funzioni cognitive. Mentre una significativa riduzione del rischio di declino cognitivo è stato riscontrato in campioni di popolazione che avevano un elevato apporto di acidi grassi polinsaturi (PUFA) e di acidi grassi monoinsaturi (MUFA).

    Ad esempio, una dieta ad elevato contenuto di pesce (fonte di questi grassi) è correlata in modo inversamente proporzionale all’incidenza di demenze in genere e della malattia di Alzheimer in particolare.

    Ossia maggiore è l’apporto di questi grassi salubri attraverso il pesce, minore è l’incidenza di queste patologie.  In questo contesto risulta particolarmente importante un equilibrio tra gli acidi grassi insaturi assunti con l’alimentazione, in particolare tra gli Omega-6 e gli Omega-3.

    Di questi ultimi sono ricchi i pesci, in particolare il pesce azzurro (sarde, alici, sgombro, etc) e alcuni semi oleosi.  

    Inoltre, ricerche recenti hanno ulteriormente dimostrato come una adeguato apporto di Omega-3 nell’alimentazione eserciti effetti di stimolo sulla rigenerazione e funzionalità cellulare a livello cerebrale.

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