Quando il web "uccide". Storia di Tiziana linciata dai social e da un oblio negato
di: Dott.Francesco Marino - del 2016-09-15
I recenti casi di suicidio di Tiziana Cantone e la violenza filmata su “Francesca” la minorenne di Rimini, (Francesca è un nome di fantasia) accompagnano ad inevitabili interpellanze. La tematica del suicidio e l’isolamento sociale, conseguenze di casi simili, sono da sempre argomenti sensibili e d’importanza rilevante, portatori di interrogativi per la collettività in cui si verificano, e a cui non sempre si riesce a dare risposte dettagliate.
Tiziana era stata filmata durante un rapporto intimo con un “amico” mentre Francesca era stata ripresa dalle “amiche” durante una violenza sessuale subita in discoteca. In entrambe i casi, gli “amici” avevano pubblicato sul web i due video provocando un irrefrenabile processo di moltiplicazione.
La gogna mediatica ha prodotto l’autoeliminazione di Tiziana e la distruzione della vita sociale di Francesca. Ci sembra,dai fatti brevemente esposti, possano emergere due pesantielementi di riflessione: la carenza di educazione digitale e la necessità di rielaborare il concetto di amicizia. Sembra che lo scambio di video hard tra giovani sia dovuto al più tenue significato oggi attributo al pudore.
Anzi pare ci sia una rincorsa a mostrarsi. Non tutti, poi, dimostrano di sapere che la pubblicazione sul web o la diffusione di immagini e video attraverso WhatsApp, Messengerecc., è paragonabile ad un tatuaggio sulla pelle che difficilmente potrà esser rimosso. Altri non saprebbero di provocare reazioniincontrollabili delle vittime, anche funeste, o di rischiare un’accusa per istigazione al suicidio come nel caso “Tiziana”.
Nei casi di violazione della privacy attraverso la pratica della diffusione via web di notizie sensibili altrui,l’intervento chiestoalle autorità può risultare macchinoso e spesso ostacolato dall’applicazione pratica della stessa scienza del diritto, ritardando la rimozione di foto e video. La materializzazione del diritto all’obblio non è cosi immediata. Ciò imporrebbe la necessità diatti preventivi. Obbligherebbe che la prudenza informatica diventasse un automatismo culturale. Il suicidio è abitualmente provocato da forme di aggressività, mentre l'aggressività deriva dalle frustrazioni.
La frustrazione è generata dalla delusione per aspettative non soddisfatte.L'atto suicida e la pulsione che lo sottende possono avere origini molto diverse: entrambi comunque presuppongono sempre un grave indebolimento dell'istinto di conservazione, se non addirittura la sua inversione, eventualmente da mettersi in rapporto con determinati tratti caratterologici. Si è concordi nell’attribuire al nefasto gesto ragioni plurime, sulla cui causa concorrono motivazioni culturali, sociali e biografiche. Pare sia pensiero unanime nella comunità scientifica internazionale considerare il suicidio come provocato da pressioni sociali insostenibili, generate nell’ambito di un gruppo/collettività, in presenza di fragili condizioni emotivi dell’attore. Sigmund Freud ha considerato il suicidio: “un omicidio mancato”.
La persona che si autoelimina rivolgerebbe contro di se l’aggressività che nella realtà desidererebbe indirizzare ad altri. In sostanza, secondo lo psichiatra austriaco, nessuno uccide se stesso se non ha in precedenza fantasticato di uccidere un altro.
Per Freud si raggiunge con il suicidio un duplice vantaggio inconscio: il vantaggio dell’espiazione delle colpe e quello della colpevolizzazione delle persone significative, contro cui e per le quali, ci si suiciderebbe. Durkheim, ritiene che il fenomeno del suicidio dipende da peculiari condizioni sociali. Il sociologo francese sottolinea, come la mancanza d’integrazione degli individui in un gruppo sociale e nella società in genere, sia una delle cause fondamentali del suicidio.
In sostanza, un individuo può ricorrere al massimo atto di autolesionismo, quando dal suo punto di vista, la società, e in particolare il gruppo di appartenenze, le impedirebbe ogni possibile via d’uscita rispetto ad un problema che egli percepisce. Durkheim considera l’interpretazione dell’atto suicida come atto di libertà contro una società repressiva.
Nel caso di Tiziana si potrebbe interpretare il suicidio come una risposta ad una situazione di disaggio imposta dalla collettività. Sembra, sarebbe stata ingannatada false circostanze o dalle proprie stesse idee. In altri termini non sarebbe stata in grado di percepire vie d’uscita allasua vissuta condizione di disaggio sociale.