Da Cvetrano a Roma passando per Stoccolma. Quando l'Europa è lavoro e passione. Intervista ad Antonio Calcara
del 2016-07-19
Nel difficile momento che sta attraversando l’Europa, attanagliata dalla Brexit, da una ondata immigratoria senza precedenti e con l‘Isis che spaventa sempre di più, parlare di Europa unita e di integrazione tra i popoli appare alquanto difficile e di ardua realizzazione.
Le moderne generazioni vivendo l’Europa spesso non conoscono a dovere gli immensi sforzi politici e i passi avanti fatti negli anni per poter arrivare ai giorni in cui la libera circolazione dei mezzi, servizi e capitali sembra essere “normale”.
E mentre c’è chi, alla luce di una crisi economica che non sembra allontanarsi, rimpiange la lira invocando politiche di isolamento in stile Inghilterra, c’è anche chi nell’Europa ci crede fortemente facendone oggetto del proprio percorso di studi e professionale.
Stiamo parlando del 26enne castelvetranese Antonio Calcara che, presso la School of Government della LUISS di Roma, si occupa di Politica Estera e di Difesa a livello europeo come un esperto di processi di integrazione e coordinazione delle politiche di difesa nazionali. Una esperienza che giunge dopo un altro importante progetto svolto a Stoccolma, in Svezia, presso il prestigioso centro di ricerca internazionale “Swedish National Defence College”, adesso rinominato “Defence University”. Lo abbiamo intervistato per discutere di Europa non con il solito politico o finanziere ma con una persona che è consapevole delle difficoltà di un Sud ormai sempre più meta di tragici viaggi della speranza.
Antonio, di cosa ti occupi come dottorando?
“Presso la “School of Government” della LUISS mi occupo di Politica Estera e di Difesa a livello europeo come un esperto di processi di integrazione e coordinazione delle politiche di difesa nazionali in Europa.
In particolare, nelle ultime settimane, ho rivolto la mia attenzione verso la politica di difesa italiana in ambito europeo e ho presentato (proprio qualche giorno fa) la mia ricerca nell'ambito dell' “Italian Standing Group of International Relations”, un evento molto prestigioso per gli studiosi del settore che si è svolto a Trento.
Nei prossimi mesi sarò impegnato a presentare altri due progetti di ricerca a cui sto lavorando sia in Italia - presso la Società Italiana di Scienze Politiche - sia all'estero (Estonia, Repubblica Ceca, Turchia).”
Hai lasciato la tua amata Sicilia, poi Forlì e ancora più su, fino in Svezia. Come reputi la tua esperienza?
“Il periodo universitario è stato impegnativo ma nello stesso tempo fondamentale per la mia crescita umana e professionale: ho conosciuto tantissimi amici e colleghi e ho avuto la possibilità di viaggiare e studiare all'estero, grazie alle opportunità promosse dall'Unione Europea.
L'esperienza svedese è stata fondamentale per la scelta di intraprendere un dottorato, poichè a Stoccolma mi sono reso conto dell'importanza di lavorare in un “team” di ricercatori al fine di perseguire un obiettivo comune.
A Stoccolma mi sono occupato di un progetto sulla gestione delle crisi umanitarie nell'Europa meridionale ed è proprio in Svezia che ho scritto e sviluppato il progetto di ricerca grazie al quale ho potuto ottenere il dottorato alla LUISS.”
Parliamo di qualcosa di tecnico per la tua figura professionale.
In questi periodi in cui il terrorismo dilaga quanto è importante un coordinamento delle polizie, servizi segreti e organismi di sicurezza?
"Un coordinamento europeo tra polizie, servizi segreti e organismi di sicurezza è fondamentale per far fronte alla minaccia del terrorismo. È impensabile poter affrontare minacce transnazionali rimanendo ancorati alle tradizionali strutture organizzative di sicurezza nazionali.
Le recenti tragedie a Bruxelles e Parigi dimostrano come i servizi di intelligence nazionali possano fare veramente pochissimo, senza un meccanismo di coordinamento a livello europeo. Questo è ancora più vero tra i paesi dell'area area Schengen, zona di libera circolazione in cui sono aboliti i controlli alle frontiere e in cui è molto difficile tracciare i movimenti di un individuo, una volta varcato lo spazio comunitario."
Ritieni che siano stati fatti passi avanti nella condivisione di informazioni riservate in possesso dei vari stati su terroristi, pregiudicati e soggetti pericolosi?
"Sono stati fatti numerosi passi avanti negli ultimi vent'anni da questo punto di vista. Basti pensare all'Europol, agenzia finalizzata alla lotta per il crimine e il terrorismo nel territorio Europeo, che coordina il flusso di informazioni in possesso dei vari stati europei.
L'Eurojust , invece, ha il compito di favorire la cooperazione tra stati europei in ambito strettamente legale e giudiziario. Purtroppo, le singole agenzie nazionali che si occupano di anti-terrorismo e crimine organizzato rimangono ancora molto gelose della propria sovranità e la condivisione di informazioni spesso non avviene in modo efficace e rapido.
Dal punto di vista della legislazione europea, inoltre, bisogna segnalare che vi è in atto un dibattito abbastanza acceso sulla necessità di bilanciare la sicurezza interna con l'imprescindibile tutela della libertà individuali."
Pensi che un giorno possa essere creato una forza di polizia europea effettiva con personale dispiegato nei vari Stati?
"La creazione di una polizia europea (stesso discorso per la creazione di un esercito europeo) con personale dispiegato nei vari stati, richiederebbe un sistema politico di tipo federale. Ipotesi che, vista l'attuale composizione politica degli stati membri, vedo – almeno nel breve e medio periodo- quantomeno improbabile.
Vi sono differenze di tipo culturale, operativo e strategico molto marcate tra le varie forze di sicurezza in Europa. Credo che sia prematuro affrontare questi temi in una congiuntura storica, per il continente europeo, molto difficoltosa."
A livello diplomatico l’Italia ritieni che negli ultimi anni abbia aumentato il suo peso specifico in Europa e nel mondo?
"L'Italia negli ultimi anni sta affrontando un processo di riorganizzazione a livello interno, sia dal punto di vista politico che amministrativo e burocratico. Dal punto di vista strategico mi sembra che la posizione italiana si stia indirizzando verso due direttrici fondamentali: da un lato la politica estera italiana sta spingendo per un ruolo di primo piano nel processo di integrazione europea (aiutati anche dalle buone credenziali internazionali dell'attuale Alto Rappresentante degli Affari Esteri Europei Federica Mogherini).
Dall'altro il Mediterraneo e il rapporto con i paesi Nord-Africani. Entrambe le posizioni mi sembrano ben strutturate, anche se la politica estera italiana rimane (e questa è una costante) troppo ancorata alle dinamiche politiche interne."
In Svezia ti sei occupato di gestione delle crisi umanitarie nell’Europa meridionale. Viste le tue origini il problema lo conosci ancora meglio.
Pensi che le soluzioni adottate oggi siano sufficienti o, visto l’elevato numero di morti, la soluzione è ben lontana. L’idea di un piano Marshall per l’Africa è davvero così inconcepibile?
"Da Siciliano, non posso che essere particolarmente sensibile verso il tema delle migrazioni. Il tema è complesso è spinoso ma proverò a dare una risposta basata su tre piani: uno europeo, uno umanitario e uno internazionale.
Dal punto di vista politico considero l'accordo tra Unione Europea e Turchia un grande errore, perchè è impensabile arginare il problema, pagando qualcun'altro che faccia il lavoro sporco per te. Quello che andrebbe fatto, invece, è un'immediata revisione del Trattato di Dublino, che prevede che la domanda d'asilo la esamini lo stato dove il richiedente ha fatto ingresso nell’Unione.
Inoltre è prioritaria una legislazione europea sul diritto d'asilo e parallelamente una serie di leggi che favoriscano il rilascio di visti per motivi di lavoro, studio o ricongiungimento familiare.
Dal punto di vista umanitario è necessaria l'apertura di canali umanitari legali che impediscano le tragedie giornaliere che avvengono nel nostro Mar Mediterraneo. La Comunità di Sant'Egidio, insieme ad altre associazioni, lo stanno già facendo e sono progetti che andrebbero supportati maggiormente.
Dal punto di vista internazionale, l'idea di un Piano Marshall per l'Africa e per il Medio Oriente dovrebbe però essere successiva ad un processo di pacificazione regionale. Siria e Libia sono due scacchieri fondamentali in cui le capacità diplomatiche e gli strumenti economici dell'Unione Europea potrebbero giocare un ruolo fondamentale."
Quale futuro vedi per l’Europa dopo la Brexit?
"Sono un convinto europeista in linea di principio, ma è innegabile che la gestione delle crisi economica e migratoria da parte di Bruxelles sia stata fallimentare sotto ogni punto di vista. Ci vuole un deciso cambio di marcia nel processo di integrazione europea, in cui la politica ritorni ad essere protagonista e non subalterna alle leggi dell'economia e dei mercati finanziari.
Inoltre, come dimostra il voto sulla Brexit, dobbiamo fare uno sforzo pedagogico e culturale per spiegare perchè l'Europa è importante e quali vantaggi concreti può portare una maggiore coordinazione a livello europeo. Scongiurare il ritorno ad istinti nazionalistici e neo-sovranisti è, a mio parere, prioritario."
Cosa vorresti fare conseguito il dottorato di ricerca?
“Una volta terminato il dottorato mi piacerebbe rimanere nell'ambito universitario, ma non mi dispiacerebbe anche lavorare in centri di ricerca governativi e non governativi.
Considerato infine che da piccolo sognavo di fare il giornalista sportivo, qualora la carriera universitaria dovesse andare male, potrei cominciare a scrivere sul serio sul basket professionistico americano, che seguo con passione da sempre, e infine perché no, anche sul mio amato (e ormai assai bistrattato) Milan.”
La redazione di Castelvetranonews ringrazia Antonio Calcara per le sue opinioni da esperto, e per la disponibilità a raccontarsi, augurandogli di raggiungere altri brillanti traguardi per la sua promettente carriera, con l’auspicio di poter coltivare in futuro la sua passione per il giornalismo sportivo.