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Il Venerdì Santo, la dominazione spagnola in Sicilia e le diverse tradizioni cittadine

del 2018-03-30

Immagine articolo: Il Venerdì Santo, la dominazione spagnola in Sicilia e le diverse tradizioni cittadine

(ph. Il Castelvetranese doc)

Il Venerdì Santo è la giornata fondamentale della Settimana Santa. In questo giorno la Chiesa cattolica celebra il mistero della morte in croce di Gesù, la forma siciliana più antica della drammaturgia sacra riguardante la passione di Cristo.

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  • La Bibbia proibisce espressamente la rappresentazione di "tutto ciò che cammina sulla terra, nuota nell'acqua o vola nel cielo”. Quando all’inizio del IV secolo l’imperatore romano Costantino si convertì al Cristianesimo, ne fece la religione di stato. Masse di pagani cominciarono a dichiararsi “Cristiani”. Una pratica comune fra loro era il culto delle immagini dell’imperatore. Da questo, alla venerazione delle immagini sacre di Gesù e Maria, il passo fu breve. All’inizio La Chiesa di allora cercò di ostacolare l’uso delle immagini per evitare di ritornare al paganesimo e, in seguito al Concilio di Elvira, in Spagna, le immagini furono bandite dalle chiese e furono stabilite severe sanzioni contro chiunque le venerasse.

    Ma l’uomo da sempre ha voluto manifestare i propri sentimenti attraverso una rappresentazione visiva tangibile, anche perché con l’analfabetismo diffuso in quasi tutta la popolazione, non si era in grado di leggere i libri sacri o di capire certi principi filosofici o teologici o dogmatici della Chiesa. Così le immagini sacre presero il sopravvento e nel 1600  la stessa Chiesa cattolica per rappresentare al popolo analfabeta la vita, la morte e la resurrezione di Gesù diede impulso a una serie di sacre rappresentazioni teatrali.

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  • In Sicilia, la dominazione spagnola  ha dato avvio al sorgere e fiorire nelle città siciliane dell’arte barocca e della rappresentazione della vita terrena di Gesù, con manifestazioni fastose, con la nascita di numerose Congregazioni ed istituti religiosi che, con i loro edifici, le loro chiese e cappelle hanno inciso profondamente, oltre che sul costume civile e religioso, anche sull’assetto urbanistico e monumentale della città.

    Così, agli inizi del 1600 la Sicilia diventa un grande palcoscenico dove l’evento Passione – Morte – Resurrezione di Gesù assume forme precise di drammatizzazione e teatralizzazione. A Castelvetrano, ci ricorda il Ferrigno: <>.

    Nelle città di Marsala, Trapani, ed Erice, una volta si svolgeva la processione dei Misteri; le maschere di cera dipinte, che rappresentano il Cristo e indossate dagli attori conferiscono sofferenza al personaggio. Oggi solo Marsala continua a rappresentare la Via Crucis con attori viventi.     

    A Castelvetrano la ricorrenza del Venerdì Santo è degna di citazione e considerazione, in quanto rappresenta una edizione ridotta della processione dei Misteri di Trapani, mantiene una forte componente spettacolare a carattere penitenziale, ed è arricchita da altre particolarità.

    La manifestazione, un tempo organizzata e diretta dalle varie confraternite locali, si svolge in un’atmosfera lenta e commossa; nel corso degli anni ha subito delle variazioni in negativo dal punto di vista spettacolare e tradizionale.

    Alle origini e fino agli anni ’50, la chiesa dell’Addolorata, il giorno del Venerdì Santo era tutta addobbata di nero e con una larga fascia nera attaccata al portone, seguendo la consuetudine del popolo siciliano in caso di lutto. Si iniziava la manifestazione con la celebrazione in tutte le chiese della Via Crucis, che porta in scena le varie tappe del percorso di Gesù fino alla Croce. Ultimata la Via Crucis, i sacerdoti e il popolo si riunivano davanti la chiesa dell’Addolorata.

    Qui si svolgevano le sette prediche, (la predica delle sette parole), come avviene ancora oggi sotto le tre croci del Calvario, quindi verso le ore 15 si formava la processione. Precedevano gli incappucciati con il saio bianco della confraternita dell’Addolorata, che portavano tre croci: in quella centrale, la  più grande, portava due aste incrociate, in un’altra c’era la lancia che secondo la tradizione aveva colpito il costato del Cristo e nell’altra una spugna con la quale i soldati, davano da bere fiele ed aceto a Gesù in croce. Seguiva “la vara” (la bara) con Gesù morto, quindi il simulacro della Madonna ammantata di nero.

    Partecipavano le “Marie”, ragazzine vestite di nero con i folti capelli neri arricciati, che portavano i dadi, i fasci con scure dei littori, le insegne della legione romana, le aquile, la tenaglia il martello, le scale il gallo, una scaletta i tre chiodi,  le corde, un telo con il volto di Cristo, una corona di spine il lenzuolo, la tunica rossa, e ancora la bandiera color porpora con la scritta “ S.p.R.” . Portavano anche, in argento, la patena, l’ostensorio, la pisside, l’incensiere, il calice, il vaso con l’unguento e altri oggetti, tutti i misteri della passione   di Cristo. Altri bambini suonavano “lu trik trak” (le traccole). Alcune donne rappresentavano “la Veronica” don il volto di Cristo riprodotto sulla tela.

    Nelle manifestazioni religiose, le bambine (li virgineddi), simbolo d’innocenza, sono state sempre presenti e protagoniste; infatti, nella processione del “Signuri di lu tri di Maiu” partecipavano ragazzine vestite con una gonna blu, una camicetta marrò e un cordoncino blu. Camminavano scalze e portavano in testa una simbolica corona di rovi o di rose (erano “li virgineddi di San Francesco” o  “li puvureddi” francescani), mentre, nella ricorrenza di San Giuseppe erano vestite di bianco con il giglio bianco in mano. A Mazara in occasione dell’Aurora di Pasqua partecipano bambini vestiti da angeli, santi e monachelle. Nel caso specifico del Venerdì Santo rappresentavano l’innocenza che portava sulle spalle la colpa e i peccati di tutta l’umanità, simboleggiati dai “misteri” che portavano in mano.

    Seguivano le numerose altre confraternite con i “fratelli” incappucciati e moltissimi fedeli.

    Tutti recitavano una preghiera unica, in lingua siciliana, “l’acqua e lu pani vulemu Signuri”, seguiva un colpo sordo di tamburo; “pietà e misericordia Signuri”, un altro colpo sordo di tamburo.   

    Quindi “lu tammurinaru”, che apriva la processione, in segno di lutto non doveva suonare alla maniera tradizionale, ma dare dei colpi secchi per accompagnare la preghiera.

    Anche il tamburo in segno di lutto portava attaccata una “scocca” nera (dei nastri neri). Dopo avere girato per le strade principale della città, verso le 21 la processione si ritirava lasciando  il Cristo dentro la Chiesa Madre, mentre la Madonna, seguita dai fedeli, veniva portata davanti la chiesa dell’Addolorata. Lì, il prete faceva la predica a voce alta perché ancora non erano entrati in uso gli altoparlanti. Quindi la Madonna veniva portata a spalla all’interno della Chiesa e la si collocava su un tavolino per dare la possibilità ai fedeli di baciarle i piedi e strofinare i fazzoletti anche nelle mani. Si pensava che questi fazzoletti una volta portati a casa e messi al collo delle perone ammalate, potessero guarire, viceversa a quelle  che stavano per morire servivano per dare un trapasso meno doloroso.

    Molte persone stavano tutta la notte in Chiesa, assieme al prete di allora Padre Messana, per la veglia funebre, recitando preghiere, leggendo brani del Vangelo e cantando lo “ Stabat mater in siciliano:” stava la matri dulurusa, sutta la cruci lacrimusa, dunni c’era so figghiu).

    Verso la mezza notte un membro della confraternita faceva entrare dentro la sacrestia ad uno ad uno i fedeli e dava loro qualcosa da mangiare (si tratta dell’antica tradizione siciliana del “cunsulu” secondo il quale ai dolenti si portava da mangiare). A proposito di alimenti, il giorno del Venerdì santo era giornata di digiuno.

     Quando nel 1950 il parroco di allora, padre Vasile, fece restaurare tutta la chiesa  acquistò il simulacro del  Cristo morto con le braccia snodate.  Da quella data il Cristo morto venne portato al Calvario, come avviene oggi, e appeso alla croce, in attesa dell’arrivo della processione con la Madonna Addolorata.

    Al Calvario, dopo le sette prediche, avveniva la funzione della “scisa di la cruci” (la discesa di Gesù dalla croce) e si riformava la stessa lunga processione di prima, per il rientro, con l’aggiunta della “vara” con  Cristo morto.

    Quando nel 1954 il vecchio Calvario fu diroccato, la funzione della “scisa di la cruci” fu portata nella piazza Garibaldi, quindi in Piazza Ruggero Settimo davanti la chiesa della SS. Annunziata. Oggi si svolge presso il nuovo Calvario.

    La Madonna dell’Addolorata racchiude in sé tutto il dolore dell’umanità causato dalle ingiustizie di questo mondo e dalla morte. Una morte molto spesso causata dalla guerra, dalla fame o dalla violenza. Per questo motivo è molto venerata e, in occasione del Venerdì Santo, non poche persone piangono commosse durante la processione della Via Crucis.

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