Il "beccamorto" tra storia, superstizioni e aneddoti mai dimenticati
del 2018-11-14
(ph. www.milocca.wordpress.com)
Quando manca il lavoro, qualsiasi mestiere può andare bene purché garantisca da vivere. Esistono, però, dei mestieri verso i quali è ancora oggi diffuso un rifiuto dovuto, tante volte, anche a una questione di natura scaramantica.
Sto parlando del beccamorto o camposantaro, termine che si fa risalire al Medioevo. In pratica, per verificare se fosse realmente avvenuto il decesso del malcapitato, il medico condotto mordeva con forza l’alluce del defunto
Il morso avrebbe provocato un dolore tale che, qualora il morto non lo fosse ancora del tutto, avrebbe reagito in qualche maniera. D’allora e fino ai giorni nostri, quando c’è la necessità di sapere quali sono state le cause della morte d’una persona, il cui corpo esanime è custodito all’interno d’una cella frigorifera, si usa porre un cartellino contenente i dati del defunto, proprio sull’alluce.
Il ruolo di beccare (mordere) il morto fu, in seguito, assunto da una figura preposta esclusivamente a tale scopo, motivo per il quale fu chiamato beccamorto. Mestiere che nel tempo subì un’evoluzione.
Egli cominciò a occuparsi anche della preparazione della salma provvedendo, al termine delle funzioni religiose, a darne degna sepoltura e, ove richiesto, cremarla. Al termine beccamorto fu associato, poi, anche quello di becchino o, più elegantemente, necroforo (portatore di morto), dal nome d’alcuni coleotteri che depongono le uova nelle carogne.
Secondo la tradizione superstiziosa, il becchino porta sfortuna per il semplice fatto che sta in contatto coi cadaveri, ma non esistono episodi che possano convalidare questa diceria popolana. Alla figura del beccamorto molti autori italiani di musica leggera hanno dedicato alcune loro composizioni: “I Gufi” con la "Storia di un becchino contento”; Nanni Svampa con “El Beccamort”; i “Gem Boy” con la parodia sulla canzone degli “883” che da “La regola dell'amico” è diventata “La regola del becchino” e, su tutte, la celebre ballata “Il testamento” di Fabrizio De André.
Nella tradizione cattolica il defunto, prima d’essere tumulato, è esposto in una stanza adibita e addobbata all’occorrenza ch’è chiamata camera ardente. Ardente poiché c’è l’usanza, già dai tempi antichi, di porre delle fiaccole allora e dei lumini o steariche oggi, attorno alla salma.
All’organizzazione del funerale provvede una ditta specializzata in onoranze funebri più propriamente detta “impresa di pompe funebri”. Al termine “pompa” sono stati dati diversi significati, alcuni molto fantasiosi, ma la verità la troviamo dalla traduzione dal latino della stessa parola che significa accompagnamento, corteo, processione e, allo stesso tempo, fasto, sfarzo.