Killfie: i selfie che uccidono. L'imprudenza che dilaga provocando sempre più decessi
di: Dott.ssa Fabrizia Modica - del 2018-10-09
In bilico su un precipizio; a tanti metri di altezza; sulle rotaie di un treno; tante sono le persone che mettono a repentaglio la propria vita rischiando di perderla solo per il gusto di immortalarsi in pose estreme.
Circa 170 persone l’anno perdono la vita nel tentativo di scattare selfie pericolosi e imprudenti. Un dato che coinvolge anche il nostro paese; un ragazzo di 20 anni è annegato nelle acque del lago di Como per scattare un selfie da brivido.
Ma cosa spinge i giovani (e non solo) a compiere simili azioni? La ricerca del consenso sembra essere alla base di questo atteggiamento.
Una volta scattata la foto, infatti, questa viene subito pubblicata sui canali social in attesa dei tanto agognati like e dei commenti dell’utenza. Questa sembra essere la molla che spinge ad imprese folli. Istanti da cogliere per guadagnare celebrità nel web sufficienti a perdere la cosa più preziosa: la vita. E torniamo quindi a ragionare su quanto la situazione ci stia veramente sfuggendo di mano.
Cosa si è disposti a fare per raccogliere i consensi degli altri ? Cosa porta un soggetto a spingersi così tanto oltre perdendo il senso della misura? Come è possibile che la nostra autostima possa realmente dipendere da tutto questo?
In un era in cui sembra difficile, per molti soggetti, pensare alla propria vita fuori dalle reti di condivisione, assistiamo alla perdita di due elementi importanti: consapevolezza e lucidità. Quando si sceglie di rischiare così tanto per uno scatto “perfetto” non rimane che interrogarsi su una questione: “Può un like renderci davvero felici? Può un like migliorare la nostra autostima ? Può un like avere la meglio sulla nostra vita?”. La risposta sembrerebbe ovvia, ma forse, così ovvia non è.
Dott.ssa Fabrizia Modica