"Lu Caccamu" di Salemi tra ricordi e giochi d’altri tempi
di: Dott. Francesco Marino - del 2018-11-02
Nell’immagine, le foglie e i frutti dell’albero di “bagarolo”, oggi pianta quasi estinta, conosciuta in Sicilia anche come “caccamo” o “minicucco”. Nella campagna di Fiumelungo, una località del comune di Salemi, si ergeva possente forse la pianta di Caccamo più grande del paese belicino.
Nei periodi autunnali degli anni “60/70, quell’albero diveniva meta preferita dei ragazzi dell’epoca e di tanti cacciatori della zona. I giovanissimi raccoglievano gli amabili frutti di quella pianta, mentre i cacciatori si appostavano nelle adiacenze per sparare a merli o tordi del sassello più noti localmente come “marvizzi”, che si posavano sui i rami per cibarsi dei drupe.
Il Caccamo, una pianta che sembra avviarsi alla scomparsa, è un grande albero che può raggiungere altezze prossime ai 30 metri. Il suo tronco è robusto e caratterizzato da massicce nervature, mentre la chioma è folta, estesa e quasi tondeggiante.
I suoi frutti, dal sapore dolciastro e con poca polpa, sono carnosi, succosi e dalle ridotte dimensioni. La pianta fiorisce a primavera mentre i frutti, in sequenza, sono verdi, poi gialli e in autunno diventano scuri con la completa maturazione.
Oggi, si ha ragione di credere che quella pianta non sia molto conosciuta dalle giovani generazioni. In alcune località della Sicilia, nel periodo della maturazione di quel frutto, sorgeva un vero e proprio mercato dei “caccami” o “millicucca”, che venivano ceduti sfusi e contati uno ad uno.
Si sa che a quei tempi, venti caccami costavano 5 lire e, con qualche decina di lire in più, si comprava anche la cannuccia o cannolo vale a dire una varietà di cerbottana creata con la canna, che veniva utilizzata per lanciarsi addosso i noccioli dei caccami.
Comunque, a Fiumelungo, erano in tanti coloro i quali privi di risorse economiche preferivano arrampicarsi direttamente sugli alberi per riempirsi le proprie tasche con il minuscolo frutto. Spesso la raccolta dei caccami si trasformava in una vera competizione con i cacciatori che, con la presenza dei ragazzi sull’albero, non potevano certo sparare.
Mentre, qualche altra volta, era una sfida con i propri genitori occultare quel raccolto perché, specialmente i padri, ben conoscevano l’indebito uso che ne avrebbero fatto i loro figli. Ad ogni buon conto, dopo aver procurato la materia prima, per i giovanissimi iniziava il divertimento.
I ragazzi si introducevano nella propria bocca tre o quattro caccami, si succhiavano la polpa e poi, abitualmente organizzati in squadre, si sparavano addosso i noccioli del frutto attraverso l’uso della cannuccia, spinti dal solo impulso generato dalla forza del proprio fiato. In pratica, si sfidavano in divertentissime e interminabili “battaglie” con i “proiettili” formati dai noccioli dei caccami.
Altro uso antico dell’abbinata Cannuccia-Caccami di qui tempi e che si ricorda, era il nascondersi di sera, e poi nell’oscurità “sparare” addosso ai passanti. Costoro, che dopo essersi esibiti nel classico urlo “haiaaaaaa” e inveendo ogni genere di maledizione contro ignoti, non riuscivano quasi mai a comprendere chi li avesse colpiti e da cosa fossero stati centrati.
Infine, tanti meno giovani salemitani non possono non ricordare le scene extra programma avvenute durante le proiezioni dei film western nei cinema Italia e Roma. Negli autunni di quell’epoca, quando le luci si abbassavano e i cowboy si esibivano nelle loro performance con le pistole, qualche ragazzo dispettoso degli anni “60, spesso sparava i noccioli dei caccami sul pubblico.
Subito dopo si udivano le divertite risate collettive, non comprese nel costo del biglietto d’ingresso, generate dall’ascolto interminabile e progressivo di ogni sorta di imprecazione gridata dall’ignaro e contrariato bersaglio umano.