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Quando arrivava il Direttore Vito Leo.. Erano gli anni ‘70 ma il ricordo e’ sempre vivo

del 2019-05-02

Immagine articolo: Quando arrivava il Direttore Vito Leo.. Erano gli anni ‘70 ma il ricordo e’ sempre vivo

Sulle onde della memoria, prima che si disperda l’eco delle parole già spese a proposito del Direttore didattico Vito Leo, mi piacerebbe arricchirne il “ritratto” mediante qualche calda “pennellata” che ne vivifichi in particolare lo sfondo.

  • Fratelli Clemente Febbraio 2023 a7
  • Mi sento infatti stimolata a delineare alcune semplici e simpatiche notazioni aneddotiche, attinte da ricordi personali, che meglio fanno comprendere il clima e la cornice da cui emergevano la figura e la personalità del Nostro.

    Correvano i - Naturalmente! - Favolosi Anni ’70.

    La visita del Signor Direttore alla Scuola Elementare Dante Alighieri veniva ufficialmente preannunciata da una fatale telefonata che proveniva dalla Direzione didattica, all’epoca sita nell’altra Scuola di Piazza Ruggero Settimo.

    La comunicazione del Suo imminente arrivo veniva diffusa nelle classi dai bidelli che, si affrettavano solerti per le scale e lungo i corridoi verso le aule, chi col piglio severo dell’emissario di un’Intelligence straniera, chi con la dignitosa flemma patrizia del messo diplomatico, chi con la sacra solennità di Nunzio apostolico della Santa Sede… Le signore bidelle invece, aderendo ad un profilo meno alto, esibivano atteggiamenti di familiarità più complice ed ammiccante, tipo di astuta e aggiornata portinaia o di informatissima vicina di pianerottolo.

    A seguito della “Lieta Novella” le menti e le membra fanciullesche faticavano non poco a riattivarsi.

    Che fatica riprendersi, sciogliersi dall’assideramento di una cupa mattinata invernale… Che strazio dover emergere dal tiepido e sognante torpore primaverile; o -molto peggio- destarsi dall’asfissia già canicolare che da metà aprile funestava le impavide scolaresche, nonostante -o forse proprio a motivo- della presenza degli spessi tendaggi a fioroni che, forse stinti o semplicemente polverosi, ingentilivano le altissime e numerose finestre di cui ciascuna aula del plesso godeva.

    Un po’ stiracchiandosi impercettibilmente sotto il livello del banco, un po’ stropicciandosi più vistosamente e con vigore le palpebre, un po’ dissimulando -malamente- la fame d’aria e di vita che esitava in ampi e musicali sbadigli, alla fine i pargoli, ormai del tutto svegli ed altrettanto attenti, venivano restituiti all’aspettativa di quell’evento che prometteva di spezzare magicamente la consueta routine.

    Il generale rianimarsi era segnato da un crescendo di brusio e fervore, di ilarità e concitazione psicomotoria, temprate da un filo di cauta preoccupazione per l’eventualità, invero assai remota anzi del tutto immaginaria, che il Direttore potesse sottoporli ad interrogatorio estorsivo nazi-poliziesco tra le più atroci torture…

    Scolaretti/e, pur mantenendosi all’erta, tuttavia illanguidivano, prendendo a consumare sé stessi, più qualche spizzico sbocconcellato dal panino. Al che rinfrancati e satolli dimenticavano l’improbabile torquemada, dedicandosi a più affascinanti ipotesi di matrice storicista…

    Prefiguravano il Signor Direttore corredato da ogni sorta di attributi visibili di Regalità e Potenza: abbigliato come un faraone egizio, o alla stregua di un imperatore romano o bizantino, o da magnifico re sole, da eccentrico gentleman, da vecchio magistrato togo-parruccato, e perfino, -suggestione post circense-, da impavido domatore di ferocissime belve…

    Nel contempo, affrancandosi dalla monotonia abbastanza spesso autoindotta, molte signore maestre si erano da par loro ridestate, cominciando a mostrar segni di coscienza, vitalità, vigore fisico e mentale.

    Molte di queste creature esibivano uno sguardo “sgranato”, smarrito ed ancora un po’ sognante, appena appena velato da una giustificata aura di languida e stupefatta attività spirituale.

    Alcune esitavano incerte sulla predella; alcune giungevano fin sulla soglia ma non oltre e ivi sostavano indecise sul da farsi; le più audaci erano già uscite in corridoio in cerca di ispirazione, consiglio o semplice compagnia, producendo alcuni sit-in o impegnandosi in veri e propri giri di consultazione.

    Allo sguardo di un osservatore disinteressato si offriva allora un interessante epifenomeno: la signora maestra che usciva fuori, con un balzo, dal letargo di stagione, quindi, riconquistata la postura bipede, col piglio pratico e deciso degno di una moderna artista di burlesque, prendeva a sfilarsi con uno slancio, nel contempo garbato e impaziente, l’austero grembiulone nero-blu. Indi ripiegava accuratamente l’odiosa divisa per poi o abbandonarla sul bracciolo prossimale, oppure occultarla vigliaccamente dentro l’armadietto. L’ex crisalide prendeva a dedicarsi -sospirosa- all’ispezione e al riassetto di vestiario, monili, acconciatura, collant (Oddio! Che smagliatura!), scarpe, unghie e quant’altro. Facoltativo un velo di cipria e di lacca, consigliato avvolgersi in discreta nuvola d’acqua di colonia, anatema su sgargianti o sbavati rossetti effetto clown. Dismesso e dimenticato il rigido bozzolo, ecco che emergeva risoluta la farfalla, che sciamava leggiadra volendosi unire alle compagne…

    Finivano con l’addensarsi componendo un variopinto eterogeneo drappello, un anelante e fedele gineceo che si disponeva ad accogliere il proprio sospirato sultano…

    Con l’eccezione, a parte i signori maestri, di un ligio paio di insegnanti, completamente identificate e contratte nell’augusto ruolo - in purezza- di “maestra” e basta; da subito queste avevano radunato il proprio piccolo gregge di scolari, più spaventati che curiosi, per sottoporli ad un addestramento intensivo: lottando contro la tirannide del tempo riuscivano ad allestire una “performance” di elementare ma pignola erudizione infantile a beneficio del Visitatore.

    Alle altre invece, alle -golose/gelose- dame, si addiceva l’inoperosa attesa del proprio Dirigente.

    Con dissimulata e trepidante adorazione, parlottavano complici, anticipandone l’incedere sicuro ed il passo marziale ma elastico o perfino disinvolto; ammirandone l’eleganza impeccabile, ancorché classicamente severa, dell’abbigliamento; stimandone la pienezza il rigore e la profondità dell’eloquio “ufficiale”, efficacemente bilanciata dal “saper dire” informale di Vito Leo, persona ironica, semplice, benevola, estremamente chiara, genuina e simpatica.

    Particolare ricorrente e significativo, la maggior parte di loro lo visualizzava seduto, descrivendolo tal quale il noto attore Ernesto Calindri, il cui mix di fascino, distinzione e pacata signorilità le aveva la sera innanzi infiammate, a partire da un fortunato carosello televisivo, e che stamane proiettavano sul loro “Superiore”.

    Superiore appunto, quanto a statura umana e morale, quanto a carattere cultura e civiltà, quanto a padronanza di sé e del proprio ruolo apicale, temperate da onestà e calore che ha profuso nella dimensione relazionale ed amicale.

    Un’“allure” del tutto peculiare lo ha reso oggetto di affetto, di rispetto e di ammirazione tra coloro ebbero il piacere di avvicinare l’uomo e che ne serbano intatto il caldo e nostalgico ricordo.

    Amica lettrice

     

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    Effeviauto 6 gennaio 2025