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Il risparmio degli italiani tra insidie, minacce e limiti all’uso del contante

di: Gianfranco Becchina - del 2019-12-28

Immagine articolo: Il risparmio degli italiani tra insidie, minacce e limiti all’uso del contante

(ph. www.repubblica.it/)

Dopo la mattanza delle risorse monetarie e dei beni pubblici, assistiamo ora a quella, ancora più oscena, del risparmio privato da tutti osannato come di gran lunga il più consistente in Europa. Talmente consistente da aver fatto pensare ai giocolieri del potere dominante, consapevoli dell’importanza dell’ulteriore pozzo di San Patrizio, di utilizzarlo come rimpiazzo delle ormai dilapidate fortune pubbliche. Sia per tappare alla meglio i buchi, onde scongiurare quello che sulla bocca di tutti viene preconizzato come rischio ‘default’ del Bel Paese, come pure per pascolare senza soluzione di continuità nel sudato frutto dei sacrifici altrui.

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  • Si tratta ovviamente di operazioni che hanno bisogno di qualche solido paravento; non puoi dire ai risparmiatori: dammi i tuoi soldi per pagare i miei debiti! Vanno, invece, abilmente menati per il naso verso la trappola della scelta obbligata, abilmente predisposta. Operazione fattibile solo con la partecipazione corale, o complicità che dir si voglia, del sistema nel suo insieme: dal fisco alle banche, passando per il potere legislativo, il solo abilitato ad apporre l’imprimatur della legalità, vera o presunta che possa essere.

    Da qui il colpo di spugna sulla libera disponibilità dei propri risparmi nella sfera del diritto all’autonomia decisionale; in altri termini sul loro uso legato alle personali e legittime scelte, oggi pesantemente inibite nella parte che toccano le libertà fondamentali dell’individuo. Questa elencazione delle conseguenze, che molto rumorosamente fanno scricchiolare i cardini di tanti ineludibili principi, non spiega come nasce, e perché, una così estrema esigenza da parte dell’assolutismo dominante.

    È sempre la stessa solfa, con delle varianti esecutive che portano sempre e comunque l’acqua al mulino del potere. Partiamo dalle vicende non tanto recenti che risalgono alla inconvertibilità del dollaro in oro, decretata da Nixon nel 1971, e dalla ragione di un tale provvedimento. Nasce nelle piazze finanziarie fuori dagli Stati Uniti, letteralmente traboccanti dei famosi ‘Petrodollari’, di cui sarebbe stato impensabile ipotizzare la conversione in oro, per l’ovvia insufficienza di materia prima nelle riserve. 

    La decisione produsse, sì, la massiccia svalutazione del dollaro nei confronti delle monete forti – mediamente di oltre la metà del precedente valore –, ma anche la contemporanea, vertiginosa impennata del prezzo dell’oro e la conseguente forte rivalutazione del contenuto di Fort Knox.

    Diciamo che gli Americani presero due piccioni con una fava, al costo irrisorio di un rincaro del prezzo del petrolio e di quello delle importazioni; automaticamente bilanciato dal forte incremento delle esportazioni, soprattutto verso l’Europa, e dalla svalutazione del debito espresso in valuta americana e non più in oro. Insomma, peggio per chi si era fidato del biglietto verde, sceicchi in testa.

    L’Italia, nel contempo, rimasta apparentemente immune dalla febbre speculativa innescata dall’abolizione dei cambi fissi e dalla conseguente altalenante volatilità delle differenti valute, avendo pesantemente svalutato la lira persino nei confronti del dollaro, esportava a gogò alla faccia dei criticoni delle svalutazioni e – oggi - degli innamorati dell’euro, di cui ancora non conosciamo appieno le disastrose conseguenze sull’economia europea.

    Per non parlare dei marchingegni propri dell’evoluzione speculativa, che dovevano approdare ai famigerati derivati, in cui mezzo mondo si è avventurato senza capirci un tubo, persistendo ancor oggi pur capendoci ancor meno. Tutta roba da premi Nobel della truffa e della dabbenaggine. Vicenda, questa, in cui le nostre banche si sono bruciate, e non è dato sapere fino a che punto.

    A giudicare dalla latitanza dei dati al riguardo, l’incendio non sarà facile da domare. Ci provano, comunque, aggrappandosi alla mafia e al riciclaggio e facendoci sapere che siamo economicamente solidi … di un risparmio privato che ci farà dormire sonni tranquilli.

    Tranne, ovviamente, che ai risparmiatori che si vanno accorgendo di essere stati declassati alla categoria dei “fottuti”. Che senso ha, infatti, la limitazione della circolazione del contante, che impedisce di disporre a piacimento dei propri soldi, se non a far capire che, “in nomine mafiae”, e grazie alle tecniche tipiche del mago Silvan, i tanto declamati risparmi sono passati nel mondo virtuale, alla mercé dell’incontrollato sistema bancario!? …

    Ci dicono che la limitazione riguarda solo il prelievo fisico del contante, in quanto nessuno ci può proibire di comprare qualunque bene e bonificare l’importo dovuto al venditore. Il fatto è che questi sarà a sua volta soggetto alla stessa limitazione, e così di seguito per tutti i beneficiari che hanno venduto case, terreni, automobili, barche ed altro.

    Non è possibile definire questa sorta di catena di Sant’Antonio, se non come una vera e propria imposizione arbitraria - operata da una posizione di potere - che nulla ha a che vedere con la libertà individuale di decidere, improvvisamente, di custodire i propri legittimi risparmi al di fuori della banca per qualunque ragione, non ultimo il timore, fondato o meno, di una possibile insolvenza di uno o più istituti di credito.

    Proprio per non ritrovarsi a recriminare – attualità docet - sulla propria colpevole leggerezza per non avere provveduto in tempo. Mi viene in mente: come fare con le private utilizzazioni di danaro, oltre i limiti consentiti, nel rispetto della ‘privacy’? Per quest’ultima riflessione, vedo perpetrarsi un ulteriore colpo di scure alla nostra libertà.

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    Effeviauto 6 gennaio 2025