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Alla scoperta del castello di Bigini di Castelvetrano dimora anche di una sezione della Santa Inquisizione

del 2020-02-08

Immagine articolo: Alla scoperta del castello di Bigini di Castelvetrano dimora anche di una sezione della Santa Inquisizione

Si erge a circa 5 Km da Castelvetrano ed è situato a 258 metri sul livello del mare. Faceva parte di un feudo che diede il nome al castello. Alcuni studiosi asseriscono che sia di origine saracena.  La sua struttura fu modificata nel 1540 dal proprietario Antonino da Ponte come si evince nel De Valle Mazariae et laudi bus Siciliae” del medico, urbanista e storiografo Gian Giacomo Adria. Il castello, sorge nei pressi delle sorgive omonime e conserva ancora  la facciata medievale merlata. Fu eretto in una zona già abitata in passato.

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  • Sul luogo, infatti, sono stati riportati alla luce tombe corredate di ceramica risalenti al II millennio a.C. Tommaso Fazello, nel 1558, menzionò nei suoi scritti una sorgente affluente del Modione, che nel passato forniva d’acqua l’antica Selinunte, e menzionò una fortezza della zona. Il circondario è ricco di sorgenti di acqua potabile che riforniva l’antica Selinunte e l’odierna Castelvetrano. Il castello, secondo il ricercatore Varvaro Bruno, nel 1575, ospitò una sezione della Santa Inquisizione, con dieci ufficiali, tra laici e secolari. Con atto dell'11 settembre 1652, in notar Pietro Graffeo, tutto il territorio ed il castello fu acquistato dai Gesuiti di Salemi, che nel 1680, restaurarono la torre ed eressero una cappella per celebrare le sacre funzioni ai contadini della zona.

    Dopo l'espulsione dei Gesuiti, avvenuta nel 1767, le terre di Bigini furono divise in piccoli appezzamenti e divisi a 48 contadini di Castelvetrano: la concessione fu però annullata affinché le terre fossero date 'a veri villani anziché agricoltori di campagna'. Fu quindi concessa a 481 “villicis diurnis  et rusticanis operaiis”. Con il decreto del 31 dicembre 1845 del re delle Due Sicile Ferdinando II di Borbone, l'ex feudo di Bigini, assieme a quelli di Ciafaglione e Donzelle, fu sottratto al territorio di Castelvetrano e aggregato a quello di Partanna, anche se nell’atto venne menzionato con il toponimo 'Riginé'.

    In seguito, il castello e le adiacenti sorgenti divennero proprietà del barone Favara di Partanna, che nel Giugno 1882 li vendette al comune di Castelvetrano. Mentre si provvedeva alla pulizia della vasca moderna, si scoprì che era sovrapposta ad un’altra. Durante questi scavi, nell’antica vasca furono trovate lucerne e monete dell’alto e del basso impero. Del castello, oggi, è visibile soltanto il fronte di una torre merlata. Nelle immediate vicinanze si conserva l'antica vasca selinuntina.

    Santi Gnoffo

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    Effeviauto 6 gennaio 2025