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"Assitarisi, iri, travagghiari e fari cuasetti". Alla scoperta delle origini del cucito siciliano

di: Carolina Ragusa - del 2020-03-30

Immagine articolo: "Assitarisi, iri, travagghiari e fari cuasetti". Alla scoperta delle origini del cucito siciliano

Cari amici di CastelvetranoNews.it ben trovati! 

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  • Questa settimana il nostro viaggio all’interno di #Siculamente ci porterà alla scoperta dell’affascinante quanto elegante e raffinato mondo delle arti tessili. Scopriremo insieme, l’origine di numerosi vocaboli che riguardano il cucito ed il ricamo. Per cui, care lettrici appassionate di ago e filo, prestate massima attenzione! Questa curiosità fa proprio al caso vostro!

    Per chi invece, un po’ come me, a ferri da maglia, telai ed uncinetti predilige altro, nessun problema! Ho pensato anche a voi!   

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  • Per svelarvi chi sono stati gli artefici di tante parole utilizzate quotidianamente da sarte, stiliste e modelliste tanto nelle sartorie del passato, quanto negli atelier di moda del presente, vi racconterò brevemente la testimonianza di Rosetta e Celestina, due simpatiche signore, appassionate di tessitura  incontrate, qualche mese fa, al Museo dello Sfilato Siciliano di Chiaramonte Gulfi.

    Per chi ancora non ne fosse a conoscenza, Chiaramonte Gulfi è un paesino situato nella parte Sud-orientale della Sicilia, in provincia di Ragusa, ed è il posto in cui sono cresciuta e in cui tutt’ora vivo.   E adesso, dopo questa breve digressione, direi che è giunto proprio il momento di avventurarci in questo racconto! E voglio farlo riportando testuali parole: - «Carolina», mi dissero quella volta Rosetta e Celestina, «lo sai cosa facevano in passato le donne la sera dopo una giornata di duro lavoro nei campi?»  Ed io risposi: - «In realtà, non proprio. Che ne dite di raccontarmelo?»  - «Con molto piacere», replicò Rosetta ma Celestina aggiunse: «Io, però, non so parlare molto bene in italiano. È per te un problema se durante il racconto mi scappa qualche parola in dialetto siciliano?» Ed io, ancora lo ricordo, sorridendo le risposi: - «Assolutamente no, signora Celestina! Nessun problema. Chi vuole iniziare? Sono pronta ad ascoltarvi.»  - «Devi sapere, cara Carolina», disse Rosetta, «che quando io ero bambina, i vestiti già confezionati, pronti per essere acquistati in negozio, era molto, molto difficile trovarli.»  - «Esatto!» esclamava Celestina, che proseguiva dicendo: «Come nella maggior parte dei casi, anche la mia era una famiglia numerosa. Mia mamma, mischina, la sera dopo cena, s’assittava e ca cannilla addumata, arraccamava cammisi, partò e cuasetti ri cuttuni, pi travagghiari, e ri damascu pi iri a festa.»  Ma subito interveniva Rosetta la quale, pensando che io non avessi capito, faceva da traduttrice: - «Carolina, la mia amica voleva dire che sua mamma, poverina, la sera dopo cena, seduta con la candela accesa, cuciva camicie, giacche e calzette di cotone, per lavorare, e di damasco per andare alle feste, insomma, potremmo dire, per uscire.»   

    La testimonianza della signora Celestina è ricchissima di termini che ci fanno capire come la nostra sicilianità la dobbiamo anche alle popolazioni che ci hanno dominato. In questo suo ricordo di bambina, infatti, ritroviamo lo “zampino” degli Arabi, dei Francesi e persino degli Spagnoli. E quindi non ci resta che scoprire dove e come! 

    Iniziamo con le parole che ci sono state trasmesse dai nostri cugini d’Oltralpe. “S’assittava”, “addumata”, “partò”, “cuasetti”, “travagghiari”, sono tutti vocaboli di origine francese. Nello specifico: “S’assittava”, deriva dalla terza persona singolare dell’indicativo imperfetto “s’asseyait”, cioè “si sedeva”;  “addumata”, da “allumée”, ossia “accesa”; “partò” e “cuasetti”, rispettivamente da “paletot” e “chaussettes”, ovvero “giacca” e “calzette” ed infine “travagghiari”, inteso come l’infinito del verbo “lavorare”, da “travailler”.  Di origine spagnola è invece “iri”, che deriva dall’infinito del verbo “ir” tradotto in italiano come “andare”.  Numerose invece sono le tracce arabe a partire da “qindīl”, “qamīṣ”, “quṭn” e “dimašq” da cui derivano rispettivamente “cannila”,“cammisi”,“cuttuni” e “damascu” ovvero “candela”, “camicia”, “cotone” e “damasco” ma pure “raqqama”, usato dagli Arabi con significato di lasciare un segno, anche con punti d’ago, da cui deriva per estensione la terza persona singolare dell’indicativo imperfetto siciliano “arraccamava”, ovvero “ricamava” e dulcis in fundo “mischina”, da “miskīna”, cioè “poverina” (per indicare una persona sventurata). 

    Spero proprio di non avervi annoiato troppo! Ma non potevo non condividere con voi il racconto di Rosetta e Celestina! Con questa moltitudine di curiosità, che mi auguro abbiate apprezzato, vi saluto e come sempre vi do appuntamento alla prossima settimana qui su #Siculamente.

     

    Dear friends of CastelvetranoNews.it well found! This week our trip inside #Siculamente will lead us to the discovery of the fascinating and elegant world of textile arts. Together we will discover the origin of several words concerning sewing and embroidery. So, dear readers, lovers of needle and thread, pay close attention! This curiosity is right for you! For those who, a little like me, prefer something else to knitting needles, looms and crochet hooks, no problem! I thought of you too!  To reveal who were the creators of many daily words used by seamstresses, stylists and pattern makers both in the tailors of the past and in the fashion ateliers of the present, I will briefly tell you the testimony of Rosetta and Celestina, two nice ladies, who love weaving that I met, a few months ago, at the Museum of Sfilato Siciliano in Chiaramonte Gulfi. For those who are not yet aware, Chiaramonte Gulfi is a village located in the South-Eastern part of Sicily, in the province of Ragusa, and it is the place where I grew up and where I still live.  And now, after this short digression, it is time to start our venture into this story! And I want to do it by using textual words: - «Carolina», Rosetta and Celestina said to me that time, «do you know what women did in the past in the evening after a day of hard work in the fields?» And I replied: - «Actually, not really. How about telling me?» - «With great pleasure», Rosetta replied but Celestina added: «But I cannot speak Italian very well. Is it a problem for you if during the story I use a few words in Sicilian dialect?» And smiling, I still remember it, I replied: - «Absolutely not, Mrs Celestina! No problem. Who wants to start? I am ready to listen to you.» - «You must know, dear Carolina», said Rosetta, «that when I was a child, it was very, very difficult to find clothes already made up and ready to be bought at the shop.» - «Exactly!» Celestina exclaimed, who went on to say: «As in the majority of the cases, even my family was also a large family. My mother, mischina, in the evening after dinner, s’assittava e ca cannilla addumata, arraccamava cammisi, partò e cuasetti ri cuttuni, pi travagghiari, e ri damascu pi iri a festa.»  But Rosetta immediately intervened and, thinking that I did not understand, acted as a translator:  - «Carolina, my friend wanted to say that her mother, poor woman, in the evening, after dinner, sitting with the lit candle, sewed shirts, jackets and socks using cotton, to go to work, and damask to go to parties, in short, we could say, to go out.»  Mrs Celestina’s testimony is very rich of words that make us understand how our Sicilianity is also due to the populations that dominated us. In her child’s memory, in fact, we find the “hand” of the Arabs, of the French and even the of Spanish. And so, we just have to find out where and how!  Let's start with the words that have been sent to us by the French. “S’assittava”, “addumata”, “partò”, “cuasetti”, “travagghiari”, are all words of French origin. Specifically: “S'assittava”, derives from the third person singular of the past tense “s'asseyait”, that is “he/she sat”; “addumata”, from “allumée”, that is “lit”; “partò” and “cuasetti”, respectively from “paletot” and “chaussettes”, that is to say “jacket” and “socks” and finally “travagghiari”, intended as the infinitive of the verb “to work”, coming from “travailler”.  Of Spanish origin it is “iri”, which derives from the infinitive of the verb “ir” translated as “to go”.  There are numerous Arabic traces starting from “qindīl”, “qamīṣ”, “quṭn” e “dimašq” from which respectively derive “cannila”,“cammisi”,“cuttuni” and “damascu” that is to say “candle”, “shirts”, “cotton” and “damask” but also “raqqama”, used by the Arabs with the meaning of leaving a mark, even with needle points, from which derives by extension the third person singular of the Sicilian past tense “arraccamava”, that is “he/she embroidered” and last but not least “mischina”, from “miskīna”, that is “poor girl/woman” (to indicate an unfortunate person).  I really hope I have not bored you too much! But I could not help sharing the story of Rosetta and Celestina with you! With this multitude of curiosities, which I hope you have appreciated, I greet you and, as always, I give you appointment to next week here on #Siculamente

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