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L'App immuni viola la privacy? E i social network e Google Maps che uso fanno dei nostri dati?

di: Maria Concetta Lucia La Grassa - del 2020-05-09

Immagine articolo: L'App immuni viola la privacy? E i social network e Google Maps che uso fanno dei nostri dati?

E’ ormai noto ed ampiamente sperimentato che il COVID-19 ha sconvolto la vita di tutti gli italiani sotto molteplici aspetti, personali, lavorativi e, di conseguenza, anche economici.

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  • E’, altresì chiaro, che, sebbene tra maggio e giugno si preveda una riapertura di tutte le attività commerciali, non si potrà tornare alla normalità pre-marzo 2020.  I motivi della lenta ripresa sono circoscritti alla persistenza dell’esigenza sanitaria.

    Di contro, però, bisogna iniziare a far fronte alla crisi economica che, secondo alcuni economisti, considerando l’aumento del prezzo dell’oro e del petrolio, o meglio, per avere un confronto con beni di prima necessità, l’aumento del prezzo della farina e del lievito, potrebbe trattarsi di una crisi uguale o più grave di quella del ‘29. 

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  • Al fine di evitare questo danno irreparabile è necessario ed indispensabile una ripartenza con tutte le dovute cautele: distanza di sicurezza, guanti, mascherine e dulcis in fundo l’installazione sul proprio cellulare di un’app che delinea le mappe del contagio, consentendo di limitare gli spostamenti di coloro che, in modo inconsapevole, sono venuti a contatto con soggetti che hanno contratto il virus.

    Questa soluzione c.d. di "contact tracing" potrebbe concretamente aiutare il Governo a frenare la moltiplicazione esponenziale dei contagi, in quanto fornirebbe un’anteprima di quella che sarà la diffusione del virus sul territorio nazionale. 

    Già nazioni come Corea del Sud, Taiwan, Hong Kong e Singapore hanno fondato le loro strategie di contenimento del COVID-19, proprio sulle tecnologie di tracciamento, geolocalizzazione, aggregazione e analisi dei dati, ottenendo risultati incoraggianti. 

    In particolare, la Corea del Sud ha ideato un metodo che consente di tracciare i soggetti tramite i dati raccolti dalle reti cellulari, dai sistemi GPS (Global Positioning System), dalle transazioni effettuate con carta di credito e dalle telecamere di videosorveglianza per monitorare la popolazione.

    Le informazioni sono poi mostrate in forma anonima su un sito web a ciò dedicato e inviate anche tramite messaggi a chi potrebbe avere incrociato un infetto, in modo da ridurre la catena dei contagi. Anche in Italia è stata istituita, presso il Ministero dell’Innovazione, una task force composta da esperti con il compito di supportare il Governo nell’emergenza coronavirus e nell’elaborazione di una soluzione di contact tracing che invada il meno possibile la sfera privata.

    Non a caso, il Governo italiano, sulla base delle indicazioni provenienti dall’UE, starebbe creando un’applicazione meno invasiva del precedente modello preso in esame, poiché l’installazione sul proprio dispositivo sarebbe puramente volontaria e si attiverebbe tramite bluetooth e non GPS. 

    La scelta sarebbe ricaduta sul bluetooth proprio per evitare una lesione della riservatezza, in quanto l’unico scopo dell’app è avvisare gli utenti che sono stati in contatto con un soggetto infetto mantenendo l’anonimato di quest’ultimo e del luogo in cui sarebbe avvenuto l’incontro con il contagiato. 

    L’unico problema è che, pur trattandosi di un’installazione su base volontaria, gli esperti hanno dichiarato che il meccanismo della riduzione dei contagi funzionerà solo se il 60% della popolazione farà usa della “App immuni”.  E se tale soglia non dovesse essere raggiunta? Prima di dare una risposta a tale quesito, è opportuno capire cosa comprenda il diritto alla riservatezza. 

    2. Diritto alla riservatezza Il diritto in esame può essere collocato nell'ambito di quei diritti di nuova formazione, non presenti all'epoca della codificazione costituzionale. 

    Si ritiene, dunque, che tale diritto è stato spesso desunto dall'interpretazione sistematica di altre norme della Carta Fondamentale, come ad esempio l'art. 13 Cost. sulla libertà personale, l'art. 14 Cost. sulla inviolabilità del domicilio, l'art 15 Cost. sulla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione.  In via generale, il diritto alla riservatezza ha seguito una sorte simile ad altri diritti "nuovi" ed ha trovato tutela costituzionale tramite un ancoraggio alla fattispecie aperta rappresentata dall'art. 2 Cost.

    Il diritto de quo, diffuso anche con l'appellativo anglosassone "Privacy", viene descritto come il diritto a tenere segreti aspetti, comportamenti, atti, relativi alla sfera intima della persona, impedendo che tali informazioni vengano divulgate senza l'autorizzazione del soggetto interessato. Oltre all'aspetto "negativo" del diritto, come non intromissione nella propria sfera privata, dall'altro lato, la privacy ha un aspetto "dinamico" poiché il soggetto ha il potere di controllare in maniera autonoma la diffusione dei propri dati, intervenendo a fronte di comportamenti di turbativa o aggressione. 

    3. Questioni spinose Una volta chiarito e individuato il contenuto del diritto alla riservatezza, si possono riprendere le fila del discorso, ovvero la questione inerente al diritto alla privacy ai tempi del coronavirus. Più precisamente: nel caso in cui non si raggiunga volontariamente la soglia del 60% di coloro che installeranno l’applicazione, è possibile a livello normativo l’utilizzo coattivo dell’app, in violazione del principio della riservatezza? Ad oggi tale questione non ha una risposta  ma, le limitazioni che potrebbero applicarsi sono di due tipologie.

    1. La prima, limitazione indiretta della privacy, sarebbe quella di restringere la libertà di circolazione del soggetto che non utilizza l’app. Ad esempio, tutti i soggetti che decideranno di non usufruire della tecnologia di tracciamento potranno circolare solo nel comune di residenza. Per quanto tale rimedio appare altamente coattivo, non si esclude l’ipotesi che possa essere preso in considerazione ed applicato, come è già stato fatto, per motivi di salute pubblica (art. 32 Cost.).

    2. La seconda limitazione sarebbe, invece, una limitazione diretta alla riservatezza, in quanto imporrebbe l’uso della “app immuni” ad una ben precisa fascia di popolazione. L’individuazione dell’ipotetica fascia di soggetti cui verrebbe imposta l’installazione dell’applicazione deve seguire un criterio ragionevole, ad esempio la rilevanza epidemiologica legata al territorio.

    Un’altra caratteristica fondamentale è la proporzionalità, ovvero la misura da adottare deve essere proporzionale all’esigenza da fronteggiare ed è tale solo se è efficace. In altri termini, nell’ipotesi in cui la tecnica di geolocalizzazione non dovesse raggiungere l’obiettivo di tutelare la salute pubblica, la limitazione del diritto alla riservatezza sarebbe sproporzionata ed illegittima.

    Oltre alle problematiche prettamente giuridiche, non mancherebbero quelle tecniche in quanto, ad oggi, circolano indiscrezioni su problemi di incompatibilità dalla “app immuni” con alcune tipologie di cellulari, quali dispositivi particolarmente sofisticati, come gli iphone, e particolarmente datati.   

    In conclusione, app si o app no?

    Dalla trattazione si evince che i valori in gioco non sono solo il diritto alla salute e il diritto alla privacy, ma anche il diritto alla libertà personale in tutte le sue sfaccettature, dalla libertà di circolazione alla libertà di andare al cinema o bere un caffè al bar.

    Quindi, “il sacrificio” di limitare la propria riservatezza, se fatto con misure efficienti, è giustificato non solo per la salvaguardia della salute collettiva ma anche per riprendere le redini della propria vita e per far ripartire l’economia italiana. 

    Per tutti coloro che, invece, decideranno di non installare la “app immuni” per preservare la propria privacy, sarebbe più corretto chiedergli: nell’attuale società in cui viene installato il GPS sulle automobili e sui cellulari, in cui si fa uso, a volte anche sproporzionato, di svariati social network che immortalano diverse tappe della vita di un individuo, quale riservatezza bisogna proteggere? 

    Maria Concetta Lucia La Grassa

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