TIA 2: secondo la Cassazione è soggetta a IVA. Ecco perchè
di: Antonino Pernice - del 2020-05-12
Le Sezioni Unite erano state chiamate ad esprimersi per il contrasto di posizioni sorto in seno alla stessa Corte di Cassazione sulla natura privatistica o meno della Tia2, cioè la tariffa integrata ambientale (Art. 238 del D.Lgs. n. 152/2006 - Codice dell’ambiente), una delle “varianti evolutive ” che la tassa rifiuti ha assunto nel corso del tempo, come la Tia, la Tari e la Tarip, la tariffa puntuale sui rifiuti che è basata sul calcolo dei rifiuti prodotti anziché della superficie dei locali (Art. 1, commi 639 e ss., Legge 27 dicembre 2013, n. 147 - Legge di stabilità 2014).
La Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, con la citata sentenza n. 8631/2020, ha affermato la natura privatistica della Tariffa integrata ambientale (c.d. TIA2) e di conseguenza l’assoggettabilità ad Iva.
“La tariffa di cui all'art. 238 del D.LGS. 152/2006, come interpretata dall'art. 14, comma 33, del D.L. 78/2010, conv., con modif., dalla Legge 122/2010, ha natura privatistica ed è, pertanto, soggetta ad IVA ai sensi degli artt. 1, 3, 4, commi 2 e 3, del Dpr 633/1972”.
L'art. 238 del D.LGS. 152/2006, a differenza dell'art. 49 del D.LGS. 22/1997, individua il fatto generatore dell'obbligo di pagamento della T.I.A.2 nella produzione di rifiuti, ancorando il debito all'effettiva fruizione del servizio e, al tempo stesso, diversamente dal passato, assegna nature di "corrispettivo" alla tariffa, parametrando l'entità del dovuto alla quantità e qualità dei rifiuti prodotti.
Ne consegue che la natura privatistica della tariffa consente di ritenere il prelievo assoggettabile ad IVA ai sensi dell'art. 3 del DPR 633/1972, ciò non trovando ostacolo nella circostanza che "il pagamento della TIA2 (come quello della TIA1) sia obbligatorio per legge, atteso che il citato art. 3 del DPR 633/1972 prevede che "le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d'opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere" costituiscono prestazioni di servizi (ai fini della assoggettabilità all'IVA ex art. 1 del medesimo decreto) "quale ne sia la fonte".
Gli Ermellini hanno ritenuto che la Tia2 costituisce il corrispettivo del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
Questi servizi e il corrispettivo pagato per essi costituiscono un “rapporto sinallagmatico” (composto da una prestazione e da una controprestazione) che legittima l’assoggettabilità ad Iva dell’importo pagato dai contribuenti per fruirne.
La sentenza chiarisce le differenze tra Tia2 – che è stata espressamente qualificata dalla legge (Art.14, 3^ C., del D.L. 31 maggio 2010, n. 78) come entrata non tributaria – dalla precedente Tia, la vecchia “tariffa di igiene ambientale”.
Entrambe sono suddivise in due quote:
- una fissa destinata a coprire i costi generali di gestione;
- una variabile, che si riferisce alle spese per la gestione dei rifiuti prodotti dalle utenze (dunque la raccolta, il trasporto e lo smaltimento).
Ma la prima e più recente “apre” al principio europeo del “chi inquina paga” e questo induce a considerare il prezzo pagato dal produttore dei rifiuti come corrispettivo di natura privatistica anziché come tributo.
La Cassazione richiama a sostegno della propria tesi anche una pronuncia della Corte di Giustizia europea (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza 22/02/2018 in causa C-182/17) secondo la quale lo svolgimento di compiti pubblici da parte di una società in virtù di un contratto concluso con un Comune costituisce una prestazione di servizi a titolo oneroso, soggetta all’Iva.
Non rileva, in tali casi, il fatto che il corrispettivo sia determinato in via forfettaria, perché questo non spezza il nesso tra la prestazione della società di gestione e il corrispettivo dovuto da coloro che usufruiscono dei servizi.