• A3 Conad
  • A3 dottor Gianni catalanotto
  • A3bis Farmacia Rotolo
  • outlet del mobile A3bis fino al 21 marzo
  • Farmacia Rotolo Castelvetrano
  • Spazio disponibile R1

"Valorizzare il Museo del contadino di CVetrano per far conoscere ai turisti la nostra storia". L'appello di Vito Marino

di: Elio Indelicato - del 2020-10-22

Immagine articolo: "Valorizzare il Museo del contadino di CVetrano per far conoscere ai turisti la nostra storia". L'appello di Vito Marino

Il museo della civiltà del contadino di Castelvetrano si arricchisce di un prezioso abito da sposa confezionato nel 1949 e donato al Comune dai figli e accettato con delibera di Giunta, dove si legge che:

  • Fratelli Clemente Febbraio 2023 a7
  • ”la Civica Amministrazione ritiene opportuno accertare la donazione proposta, in quanto la stessa arricchisce il nostro patrimonio, legato alle tradizioni del territorio e che l’accettazione non comporta alcun onere. La volontà di donare l’abito nuziale, rigorosamente confezionato a mano, è considerato un simbolo e una testimonianza del periodo in cui è stato realizzato e che ben si inserisce nel contesto delle attività rappresentate nell’ambito del museo Etonoantropologico.”

    Un museo della civiltà contadina che necessita comunque, di essere rinvigorito nella sua dinamicità per essere pur nella sua connotazione, sempre attuale e appetibile ai visitatori. I turisti restano affascinati da queste testimonianze anche se si ritiene opportuna la presenza di qualche giovane esperto della materia, che sappia quanto meno parlare bene la lingua inglese, bisogna che venga pubblicizzato sulla rete nei siti importanti specializzati di settore.

  • h7 immobiliare catalanotto
  • Molte le scolaresche che l’hanno visitato e bisogna anche ringraziare le insegnanti per il lavoro di ricerca fatto fare agli alunni prima di portali in visita.

    Il museo è stato inaugurato il 18 dicembre del 2015, dall’allora sindaco Felice Errante ed intitolato a        “Francesco Simanella”, che fu il primo sindaco eletto democraticamente dopo il regime fascista che governò Castelvetrano, da buon repubblicano dal 1946 al 1949.

    La storia del Museo è bella e piena di amore per la storia contadina, degli usi e costumi di un tempo. Intanto bisogna dire che si trova allocato nel Sistema delle piazze all’interno del “Collegio di Maria,” una volta sede storica della Democrazia Cristina.

    Nasce dalla sinergia tra il nipote dello stesso sindaco Gigi Simanella, noto musicista e Arianna Maniscalco, antropologa che è stata anche consulente del sindaco e si è molto spesa per la catalogazione di questo museo etno-antropologico assieme all’Associazione Culturalt.

    Lo stesso Gigi Simanella racconta che: ”L’idea di dare in comodato d’uso tutti questi “piccoli tesori”, testimonianza di un tempo che fu, nasce per caso perché non riuscivo più a vedere al “buio” quei cinquecento circa pezzi, attrezzi vari, trovati in vecchi casolari abbandonati, ricevuti da amici e anche acquistati e ne ho parlato con il Sindaco che è rimasto entusiasta dell’idea.”

    C’è chi come Matteo Chiaramonte, poeta locale ha scritto in vernacolo castelvetranese una poesia che parla di tutti gli attrezzi, con tanto di rima baciata che si trovano all’interno del museo, che nasce quindi come "museo-laboratorio con alto valore non solo culturale -come disse il sindaco Errante- ma sociale, poiché fungerà da collante tra due generazioni: gli anziani, il cui compito è quello di tramandare e i giovani il cui timone da ricevere, è quello di accogliere le testimonianze, dando senso e consapevolezza ai processi di  trasmissione culturale”.

    Il museo fu realizzato anche grazie alla liberalità di qualche ditta e fu raccolta una somma di circa settemila euro. Partì allora una gara di solidarietà tra cittadini, imprenditori, solo appassionati di tradizioni popolari per far sì che in pochi mesi, si potessero effettuare alcuni lavori di sistemazione e poi la catalogazione dei reperti.

    L’Associazione Culturale ha definito questo museo un puzzle culturale, grazie anche all’allestimento brillante e moderno, sebbene legato a matrici tradizionali.

    Sono tanti i turisti che continuano a visitarlo ma si deve e si può fare di più, come aveva dichiarato l’allora assessore Salvatore Stuppia adesso consigliere comunale: ”Il museo è destinato a diventare uno spazio laboratoriale didattico, dove le nuove generazioni si potranno confrontare con il passato.”

    E in effetti ne sono passati già cinque di anni dalla sua apertura, ma bisogna renderlo più appetibile e farlo conoscere ancora meglio, magari anche spostandolo in ambienti più grandi, dove possa trovare spazio anche il classico carretto siciliano nella sua integrità che qualche castelvetranese ancora tiene gelosamente conservato.

    Gli oggetti esposti nel museo hanno una logica di sistemazione come un volere offrire al visitatore un percorso nel tempo. Nel museo ogni pezzo di legno o di terracotta è un documento storico che ricorda la civiltà contadina, un periodo storico povero, faticoso ma ricchissimo di valori umani.

    E’ composto da cinque stanze. Nella prima ci sono oggetti di varia natura, come il “ritratto”, la valigia di cartone, ruote varie di carretti e calessi, zappe ”aciddara e currula”, selle per animali da soma, la “pila” per lavare gli indumenti (la robba), una basculla (bilancia) e tanto ancora. Si nota anche un carretto in metallo, un residuato bellico della prima guerra mondiale, che serviva per il trasporto del materiale esplosivo. Si tratta di un pezzo raro, ma a detta di esperti non ha molto a che vedere con la civiltà contadina.

    Nella seconda stanza intitolata: "il ciclo del grano”, ci sono tutti gli attrezzi che si utilizzavano per lavorare la terra, per la semina, mietitura, trebbiatura e contenitori per la conservazione del grano.

    Nella terza stanza, chiamata “il ciclo dell’olio“ si possano ammirare tutti gli attrezzi usati, sia per la raccolte delle olive, che per la loro conservazione.

    Nella quarta stanza sono raggruppati oggetti relativi alla stanza da letto di un tempo e alla cucina.

    La quinta ed ultima stanza è stata riservata per eventi o conferenze varie.

    Bisogna ricordare gli architetti Dina Leone e Franco La Barbera, responsabili del progetto di allestimento e coordinamento dei lavori ,che si sono spesi per la nascita del Museo.

    Vito Marino, ferroviare in pensione, da tanti anni si occupa di tradizioni popolari, ha scritto anche un libro dedicato alla storia della famiglia Saporito e un altro “Sicilia scomparsa il museo della memoria".

    Quando lo chiamano per spiegare l’uso degli attrezzi e della storia contadina al Museo, non si tira mai indietro e lo fa veramente con amore, perché è stato da sempre un appassionato conoscitore della civiltà contadina. Come tanti altri era presente all’inaugurazione del Museo, ma adesso ritiene che bisogna fare qualcosa per farlo ripartire.

    "Il museo della civiltà contadina, resta opera morta, perché ha già fatto il suo corso. I castelvetranesi lo hanno visitato. Bisogna interessare sempre di più le scuole ed effettuare delle visite annuali soprattutto con le nuove generazioni. Per incrementare la visita dei turisti, bisognerebbe offrire un pacchetto di visita includendo una notte in albergo e una degustazione di prodotti locali, da consumare in qualche agriturismo o in qualche frantoio dopo la visita al museo". 

    Vito Marino quando inizia a raccontare la storia dello spaccato siciliano parte sempre dalla valigia di cartapesta attaccata con il laccio e lo fa sempre con emozione.

    “In effetti per me la valigia di cartone ha un suo profondo significato, perché è il simbolo dell’emigrazione, di una piaga che in Sicilia si è aperta dopo l’unità d’Italia e che ancora stenta a chiudersi. Per la mancanza di lavoro migliaia di contadini, con la morte nel cuore ed una rabbia repressa, emigrarono verso terre meno avare subendo il supplizio della “spartenza” come allora veniva chiamata la partenza e la separazione dai propri cari. Una lacerazione dolorosa e violenta.”

    Vito Marino lancia un appello affinchè tutti vengano al Museo: ”Sul posto spiegherò di ogni pezzo, il nome in siciliano, la storia e la funzione. Il museo serve per far vedere e toccare con mano, il sottoscritto, ormai “pezzo da museo”, serve per spiegare e togliere ogni perplessità”.

    Ci scherza sopra, ma di Vito Marino, anche poeta, ce ne vorrebbero tanti altri e si spera che tra le nuove generazioni ne spuntino degli altri, come lui stesso per prima spera.

    Vuoi essere aggiornato in tempo reale sulle notizie dalla Valle del Belìce? Clicca “Mi piace” su Castelvetranonews.it o seguici su Twitter

    Arredo Gulotta P1