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In uscita il saggio di Susanna Valpreda "Sikelia 2. La Sicilia dei Bizantini. I Bizantini di Sicilia"

di: Giuseppe L. Bonanno - del 2020-07-24

Immagine articolo: In uscita il saggio di Susanna Valpreda "Sikelia 2. La Sicilia dei Bizantini. I Bizantini di Sicilia"

Susanna Valpreda è autrice di due saggi sulla Sicilia bizantina. Il primo, dal titolo "Sikelia. La Sicilia orientale nel periodo bizantino", è uscito nel 2015. Il secondo, che esce in questi giorni con l’editore Lithos di Castelvetrano, si intitola "Sikelia 2. La Sicilia dei Bizantini. I Bizantini di Sicilia".

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    Quando si parla di Sicilia bizantina, la maggior parte delle persone pensa ai monumentali mosaici della Cappella Palatina e di Santa Maria dell’Ammiraglio a Palermo oppure a quelli della cattedrale di Cefalù e del duomo di Monreale. Ma sebbene le maestranze che realizzarono questi capolavori fossero certamente bizantine, queste opere appartengono già al XII secolo e furono realizzate sotto il dominio normanno dell’isola.

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  • In questi libri invece ci si dedica all’analisi del periodo in cui la Sicilia fu un’importante provincia dell’Impero Bizantino, ovvero dalla conquista di Palermo da parte del generale Belisario nel 535 fino alla definitiva caduta di Rometta, l’ultimo baluardo della cristianità, nelle mani dei conquistatori islamici nel 965.

    Quattro secoli in cui la Sicilia rappresentò uno snodo fondamentale nelle rotte che collegavano il Mediterraneo orientale a quello occidentale e il Nord Africa all’Italia, motivo per il quale l’Isola fu sempre contesa dai diversi dominatori che si susseguirono nel corso dei secoli. Ma perché allora di questo periodo si sa così poco e non se ne parla quasi per niente?

    Diciamo che innanzi tutto la scarsità dei monumenti ancora visitabili contribuisce a questo oblio. La maggior parte delle chiese bizantine di grandi dimensioni erano o templi greci trasformati in edifici di culto cristiani o chiese paleocristiane rinnovate, il più delle volte con l’orientamento dell’abside spostato a oriente o infine edifici costruiti ex novo nel periodo bizantino. Di molte di queste però non rimangono tracce, altre invece sono state pesantemente modificate nei secoli successivi, specialmente nel periodo barocco e quindi hanno perso la loro fisionomia originaria.

    Poco modificate sono state invece le chiesette di campagna a pianta centrale, le cosiddette Cube di cui tutta l’area orientale dell’isola è disseminata. Ma la gran parte di esse giace in pessime condizioni e necessiterebbe di restauri, salvo rari casi, recentemente risistemati. Dei cicli pittorici e musivi dei secoli bizantini è rimasto ben poco, si sono tramandati invece gli affreschi in stile orientale che decorano le chiese rupestri, ma che spesso sono molto più tardi, appartengono all’epoca normanna e oltre.

    Della ricchissima produzione di oreficerie e dell’altrettanta ricca monetazione del periodo bizantino è stata fatta man bassa nei secoli dai fortunati scopritori. La maggior parte dei pezzi più preziosi è finita fusa o venduta al mercato nero degli antiquari e dei collezionisti che spesso li hanno portati all’estero senza documentarne i luoghi d’origine. Solo pochi pezzi sono oggi conservati nei musei siciliani, e sono così raffinati da farci intravvedere i livelli di benessere e il gusto per l’ornamento personale che avevano i cittadini bizantini di Sicilia.

    Piuttosto scarse sono anche le fonti letterarie cui possiamo affidarci per conoscere gli avvenimenti e lo stile di vita di quel periodo. Abbiamo le lettere di Gregorio Magno che per il sesto secolo sono fonti preziose, il Liber pontificalis, le opere di Paolo Diacono, di Procopio di Cesare, di Teofane Confessore e degli storici musulmani di epoca successiva alla caduta dell’isola in mano islamica; e infine abbiamo alcuni testi agiografici, che, seppur da prendere con un certo beneficio di inventario, contribuiscono ad arricchire il quadro della società, degli usi e dei costumi.

    Nel primo saggio S. Valpreda si è occupata esclusivamente dell’area orientale della Sicilia, ripercorrendone la storia e mettendo in luce la continuità nell’uso della lingua greca, la cultura profondamente costantinopolitana, il monasticismo di stampo eremitico orientale e analizzando infine le architetture, le pitture e l’artigianato.

    Nel secondo Sikelia invece ha ampliato lo sguardo a tutta la Sicilia e anche oltre, alle isole minori e a Malta che, ricordiamoci, ha fatto parte della provincia siciliana fino al XVI secolo. Non mancano in questo nuovo libro curiosità storiche come il trasferimento dell’imperatore Costante II da Costantinopoli a Siracusa per alcuni anni e le possibili cause del suo omicidio e le cause di alcuni momenti di crisi politica in cui alcuni usurpatori fomentarono ribellioni nell’isola.

    Qui si cerca di dare una risposta o meglio di proporre spesso diverse interpretazioni date dai vari studiosi a quesiti come: qual era il ruolo della Sicilia nel complesso scenario Mediterraneo durante la progressiva trasformazione degli esarcati in temi. Essa infatti fu non solo fertile granaio dell’impero e nodale punto di approdo nelle rotte commerciali, ma anche baluardo strategico nelle politiche prima di espansione dell’impero e poi di difesa innanzi all’avanzamento degli arabi.

    Non fu solo, come si è ritenuto erroneamente per molto tempo, un luogo di prigionia e di esilio, una colonia sfruttata e insofferente, ma fu in realtà parte integrante dell’impero. Si cerca di spiegare quale lingua si parlava nell’isola o meglio mettere in luce le differenze linguistiche fra la Sicilia orientale profondamente greca e quella occidentale, prima punica e poi latinizzata sotto l’impero romano.

    Si tenta di definire chi erano e come vivevano qui i ricchi e i poveri. Come era stratificata cioè la società bizantina nell’isola. Come evolsero gli insediamenti dalle villae romane ai villaggi tardo antichi fino alla progressiva fortificazione per difendersi dai sempre più frequenti attacchi islamici. Si discute della causa della presenza di comunità di slavi nell’entroterra siracusano e di definire il livello di integrazione degli ebrei nella società bizantina siciliana.

    Come si svolsero le dinamiche della cristianizzazione della Sicilia occidentale, e il significato degli insediamenti rupestri che dalla preistoria al secolo scorso sono stati abitati spesso senza soluzione di continuità. Si torna anche in questo libro a parlare delle architetture con un capitolo di approfondimento sulle Cube, i piccoli edifici di culto caratteristici della Sicilia bizantina, ma anche sulle chiesette e i monasteri rupestri.Si affronta l’affascinante tema delle architetture ebraiche, la sinagoga e il mikveh, il bagno rituale, di cui sono rimasi mirabili esempi sotterranei sia a Siracusa che a Palermo.

    Nell’ultimo capitolo si riepiloga come, attraverso l’analisi della circolazione di monete e sigilli, alcuni studiosi abbiano potuto ricostruire avvenimenti storici altrimenti non documentati. Si tratta quasi sempre di studiosi di numismatica stranieri, per lo più francesi, che hanno pubblicato le loro scoperte in tempi recenti e non sono stati ancora tradotti qui da noi.

    Fra gli altri ritrovamenti che aprono squarci su questo passato così lontano, ma anche importante, sono interessanti i ruderi di villaggi, disseminati di tegole, di terrecotte e stoviglie di uso quotidiano e gli ornamenti come fibbie o gioielli rinvenuti nelle tombe che aiutano a definire la rilevanza di alcuni insediamenti e le condizioni economiche dei loro abitanti. E i sigilli diplomatici che aiutano a ricostruire le diverse fasi storiche e l’avvicendamento dei governatori inviati nell’isola.

    Ma anche i relitti di navi militari e commerciali, disseminati tutto intorno alla Sicilia, a Malta e alle isole minori che con i loro ricchi carichi contribuiscono a documentare la floridezza degli scambi commerciali che si svolgevano in tutto il Mediterraneo.

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