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Quella volta del Convegno che portó a Castelvetrano Leonardo Sciascia. Era il 1970..

di: Salvatore Di Chiara - del 2021-09-15

Immagine articolo: Quella volta del Convegno che portó a Castelvetrano Leonardo Sciascia. Era il 1970..

La società civile si costruisce nel tempo, grazie ad un percorso interessante e diretto alla conoscenza della cultura, territorio e la formazione dell'individuo nella comunità d'appartenenza. Grazie alla manifestazione operata dagli storici, letterati, filosofi e figure professionali di spicco, un popolo riesce e può assumere quelle mansioni intelligenti per vivere in simbiosi ed essere partecipe alla vita sociale quotidiana.

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  • Tra gli incontri di pregevole fattura avvenuti nel nostro paese, bisogna menzionare quello del settembre del 1970. L'invito proposto dall'allora preside prof. Luciano Messina dell'Istituto Magistrale del nostro paese ed alcuni collaboratori allo scrittore Leonardo Sciascia, fu accolto positivamente e quel giorno, si assistette ad un confronto aperto, determinato, partecipe ed in alcuni momenti dello stesso, acceso ed aspro.

    Gli argomenti evidenziati, sviluppati ed elaborati durante l'incontro furono tanti, importanti e crearono anche un confronto diretto tra lo scrittore siciliano ed il letterato G. Cottone, col quale si verificò un dialogo intenso e non privo di colpi gobbi.

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  • I temi sulla moralità, immigrazione, mafia, antimafia, letteratura, posizione dello scrittore nella letteratura italiana del periodo e percorso adottato, spinsero il Cottone ad esternare parecchie considerazioni personali. Durante la presentazione, mosse una concezione meno storica e professionale, soffermandosi su alcuni aspetti e rifugiandosi in critiche di natura estetica.

    Pur affermando ed inoltrando passaggi della cultura sciasciana, il Cottone affermò l'impegno letterario dello scrittore come decadentista, determinando una biografia che ha la sua originaria identità nell'autobiografia delle “ Parrocchie”.

    In esse, son inseriti i progressi voluti dalla civiltà, assunti in un'area sociale che pur subendo l'influenza naturale isolana, partecipa al travaglio decadentissimo dell'anima contemporanea e Sciascia apparteneva alla stessa corrente. Durante i suoi interventi, il letterato apostrofò continuamente lo scrittore con l'appellativo di decadentista, come fatto di estrema condanna nei suoi confronti.

    Il contenuto massimo di rabbia letteraria avvenne quando condannò i limiti dello scrittore nella sua continua polemicità e facendo dei paragoni abbastanza cruenti con le idee manzoniane. Dopo aver ascoltato con grande abnegazione, rispetto e calma apparente,  nonostante le considerazioni ricevute, Leonardo Sciascia intervenne mostrando senso gentile e charme comunicativo.

    Ringraziando l'invito da parte del preside Messina, approfondì il suo distacco dalla politica letteraria , autodefinendosi “ anti-letterario”. Il suo rifiuto del presente attuale nasceva da quell'intenta ricerca quotidiana, affermando di essere originale e propenso a nuove tematiche sociali ed umane.

    La sua linfa proveniva dall'obiettivo di sapere la verità ed ampliarla alla platea, al pubblico, ai lettori, al popolo, partecipando in prima persona e cogliendone gli aspetti ironici, morali ed interpretativi della stessa verità. La sua arte è sempre stata quella di indagare ogni giorno, scavando a fondo su ogni possibile ritrovamento che potesse determinare l'innovazione ed il miglioramento delle condizioni di vita.

    I suoi studi hanno comportato la scoperta dei grandi “nodi” della scena politica e sociale del nostro Paese. I contrasti tra Chiesa e Stato, l'Inquisizione ed il potere temporale sono entrati nel suo vocabolario quotidiano, provando a studiare i difetti del caso.

    Nel suo ampio intervento, affermò (dovremmo prenderne spunto anche nella modernità vissuta), dell'importanza dei libri e della lettura. Ogni libro racchiude una storia, un pensiero, ha una precisa funzione e magari, crea i presupposti per la soluzione di alcuni problemi.

    Il punto più alto del convegno avvenne alla domanda posta da parte di un alunno. Secondo il parere di molti critici, il “ Giorno della Civetta” affrontava una conclusione di natura pessimistica. La risposta dello scrittore assunse quell'effimera esattezza ancora presente nel nostro Paese, seppur siano passati 51 anni dai concetti espressi dallo scrittore.

    Secondo il suo modesto parere, il mondo tendeva a cambiare repentinamente e spesso, in peggio. Ad esempio, la rivoluzione siciliana dell' 800, di carattere borghese e mafioso si era consolidata nel tempo ed in pianta stabile nella politica siciliana e nazionale.

    La Commissione Antimafia aveva fallito i suoi compiti istituzionali e reso possibile l'infiltrazione nei ranghi sociali della mafia. I pesci piccoli erano stati ingabbiati e spesso, denunciati e resi colpevoli coloro che, non avevano commesso nessun reato.

    Un altro intervento di rara bellezza ed associato ad un tema che viviamo nel 2021 fu la questione dell'immigrazione. Lo scrittore ammise la situazione economica povera meridionale e la necessità di migrare alla ricerca di un posto al sole. Allo stesso tempo, la “ normalità” e crescente presenza di tunisini al Sud, sostituendo la manovalanza assente.

    Quel giorno avvenne “quasi” un cambiamento nell'ordinaria concezione dello stile di vita, con un numero altissimo di presenti pronti a  comprendere i passaggi dello scrittore Sciascia.

    Il suo impegno comune ha tracciato una strada diversa, tortuosa, impegnativa e di gran sacrificio da parte di tutti. La gente rappresenta il “tutti”, dovendo accrescere nuovi obiettivi ed assumendo una posizione positiva, rispettosa e coinvolgente nei confronti dell'ambiente in cui vive.

    Leonardo Sciascia è stato un personaggio vivo e geniale, provocando scossoni abbastanza decisi e mai banali o scontati. Approfondire gli studi, può portare il singolo lettore ad imparare ed insegnare il significato di umanità.

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