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La festa dei Morti tra dolci e tradizioni. Quando il fidanzato donava "lu pupu di zuccaru"

del 2021-10-31

Immagine articolo: La festa dei Morti tra dolci e tradizioni. Quando il fidanzato donava "lu pupu di zuccaru"

Il due novembre tutto il mondo cristiano celebra la commemorazione dei defunti; in Sicilia, fino ad un recente passato, per i più piccoli era “la festa di li morti”.

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  • Per non fare perdere ai bambini la memoria dei cari defunti, fino a qualche decennio fa, in quella ricorrenza, c’era la tradizione di portare loro dei doni e far credere, nella loro dolce innocenza, che a fare ciò erano “li murticeddi”.  Per spiegare questo fenomeno, per loro soprannaturale, si sosteneva che i defunti, usciti dalle tombe, andassero a comprare dolciumi e oggetti vari e poi li portassero come regalo ai bambini più buoni. La delusione era forte, quando a scuola i ragazzi più grandi se ne ridevano della loro convinzione.

    L'origine ed il significato di questa usanza si collega certamente ad antichi culti pagani ed al banchetto funebre un tempo comune a tutti i popoli indo-europei, di cui si ha ancora un ricordo nel “cunsulu” siciliano. I bambini più poveri potevano trovare nel cestino “calia, favi caliati, pastigghia” (fave e ceci tostati, castagne secche), “ficu sicchi, ranati, cutugna” (fichi secchi, melograni, cotogne), “nuci, nuciddi, nuciddi americani (arachidi)”. Non c’è da meravigliarsi dei regali così miserevoli per i giorni nostri; ma la frutta allora era considerata un bene voluttuario poco consumato dai più poveri. Inoltre: “Bombolona” (le caramelle artigianali di una volta), “tetù, muscardina (per chi aveva buona dentatura), mustazzola, quaresimali, viscotti picanti” (tutti biscotti artigianali). I meno poveri ricevevano “li cosi di morti”, come: confetti, caramelle, cioccolatini, finte sigarette e soldoni di carta dorata o argentata ripieni di cioccolata; fra questi, i più caratteristici erano: la frutta di “marturana, li pupa di zuccaru e li muscardina”.

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  • La “marturana” è un tipico dolce siciliano, più precisamente di origine palermitana, famoso nel mondo, simile al marzapane ma notevolmente più dolce e saporito, a base esclusivamente di farina di mandorle e zucchero e confezionato in forma di frutta. Deve il suo nome alla Chiesa di Santa Maria dell'Ammiraglio o della Martorana, eretta nel 1143 da Giorgio d'Antiochia, ammiraglio del re Normanno Ruggero II, nei pressi del vicino monastero benedettino, fondato dalla nobildonna Eloisa Martorana nel 1194, da cui prese il nome, e di quello di Santa Caterina nel centro storico di Palermo, dove le suore lo preparavano e lo vendevano fino a metà del 1900.

    Secondo la tradizione ebbe origine alla fine del 1812, con la venuta a Palermo di Maria Carolina d’Austria, Regina delle Due Sicilie, che andò a far visita alle monache del monastero della chiesa della Martorana; queste le offrirono di questi dolci, così simili alla frutta naturale, da fare rimanere stupefatta la sovrana. Secondo un’altra versione la frutta di Martorana è nata perché le suore del convento della Martorana, in occasione della visita del papa, dovendo ornare di frutta il monastero, non bastando i frutti già raccolti nel loro giardino, ne crearono di nuovi con pasta di mandorla.

    Li pupa di zuccaru”, reminiscenze della dominazione araba in Sicilia, erano statuette antropomorfe di zucchero, decorate con colori sgargianti e vivaci dei carretti siciliani. vuote di dentro, con la forma di ballerina, bersagliere, soldato a cavallo con il fiocco colorato, tamburino.

    Gli arabi allora ricavavano lo zucchero da una speciale canna da zucchero chiamata “cannam mellis” (cannameli), coltivata anche in Sicilia. I bambini benestanti il due novembre trovavano anche vestitini, scarpette, camiciole, giocattoli. Il tutto era sistemato su una “nguantera” ben nascosta, per stimolare un loro maggiore interesse al risveglio. Così “lu iornu di li morti” i bambini andavano contenti con i genitori a fare visita ai cari defunti per ringraziarli dei doni ricevuti.

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