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Quando le sarde erano il motore economico di Selinunte e il salato era una specialità del nostro territorio

di: Matteo Venezia - del 2022-08-28

Immagine articolo: Quando le sarde erano il motore economico di Selinunte e il salato era una specialità del nostro territorio

Il mare antistante Selinunte è stato sempre famoso per la bontà e copiosità del suo pesce azzurro ed in particolare per la “ sarduzza”. Documenti d’archivio mostrano in maniera inconfutabile che fin dal 1500, a cominciare dalla stagione primaverile,il piccolo borgo, sorto attorno alla torre di guardia posta sull’Acropoli di Selinunte e poi alla scalo di bruca, si animava di centinaia di pescatori alla caccia di quello che allora si poteva definire “ l’oro azzurro”.

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  • Molti pescatori provenivano allora dal territorio di Palermo ed esattamente dalle borgate dell’Arenella e della Vergine Maria, come riferisce lo storico G.B Ferrigno in diversi suoi scritti. Solo una piccola parte del pescato veniva destinata al mercato del pesce fresco, infatti la maggior parte era destinata alla salatura, in modo che il pesce ptesse essere consumato in qualsiasi periodo dell’anno. Il salato veniva fatto sul posto in magazzini più o meno improvvisati.

    La sarda veniva pulita e deposta a strati insime al sale in “valliri”, di legno appositamente costruiti che contenevano circa 25 kg di sarde. Una volta maturate le sarde entravano a far parte del vitto quotidiano della gente meno abbiente e dei lavoratori giornalieri, assieme alle olive. Le due cose non venivano effettuate contemporaneamente, troppo costoso per il datore di lavoro;infatti i non più giovani ricordano ancora il detto: “cu avi la sarda un po’ aviri l’aliva”.

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  • Fino a non molti anni fa il “ vallire” con le sarde salate faceva mostra di se sulle porte delle botteghe e venivano messe fuori anche per l’odore, congiuntamente alla carta paglierina e alla carta oliata che servivano per “ncartarle”. Per quanto concerne la sarda fresca, si è sempre detto “ la so morti è arrustuta”. A parte l’aspetto etno antropologico la “sarduzza” o meglio la sua pesca e conservazione, rappresentarono per la borgata di Marinella l’unica e vera attività artigianale, attività che nel dopo guerra,assume per qualità e quantità dimensioni quasi industriale.

    All’inizio degli anni 50 Marinella è inserita nell’elenco dei centri pescherecci della provincia di Trapani, in quanto la sua marineria disponeva di 24 motobarche, per una potenza complessiva di 294 hp,e di 21 barche remo-vela. Per il numero di motobarche e la potenza istallata Marinella si collocava al 5° posto tra le marineria della Provincia.

    Qasi tutte queste barche ogni anno a partire dai mesi primaverili si dedicavano alla pesca delle sarde, pesca che serviva essenzialmente ad alimentare, come visto, un fiorente artigianato del salato.

    Negli anni 50 la vendita della sarda fresca al minuto rappresentava infatti solo un valore marginale per l’economia della borgata,anche in considerazione del basso prezzo di vendita. Per sfruttare meglio la congiuntura favorevole ed evitare inutili concorrenze, si costituì, sempre in quegli anni una cooperativa fra pescatori denominata Selinus con 102 soci e un capitale di lire 52.000.

    La  cooperativa raggruppava tutte le barche della borgata.La stessa con la sua attività di pesca forniva la materia prima a ben 37 ditte che nel territorio di Castelvetrano Marinella esercitavano esclusivamente la conservazione delle sarde mediante salatura. Vale la pena far rilevare che le ditte che agivano nel nostro territorio,rappresentavano il 39% di tutte le ditte dedite alla salatura che operavano nella Provincia di Trapani. Fatto più ancora eccezionale il pescato alimentava anche aziende che praticavano la conservazione sott’olio.

    Nel nostro territorio operavano per la precisione quattro aziende e più esattamente le aziende: Maiorana, Ferraro, Ispeca, e Saica.

    Il trend positivo, cominciò a scemare verso la fine degli anni 60 e in special modo dopo il terremoto che sconvolse  il belice nel 1968. Le nuove tecnologie, specialmente il freddo e il sottovuoto permettono in pratica di conservare tutto e di più diminuendo così in maniera drastica il valore della salatura come mezzo per la lunga conservazione e quindi per quello che ci riguarda il valore della “sarda salata”.

    La richiesta di tale prodotto cominciò a diminuire in maniera molto sensibile e in presenza di un offerta praticamente invariata il suo prezzo crollò nel giro di pochi anni.  A tutto ciò si aggiunge, almeno per la nostra marineria la mancata realizzazione di un verio e proprio porto peschereccio.

    Ricordo ancora incredulo la scelta fatta dai “saggi” che studiando il piano comprensoriale n. 4 (1970) allocarono il porto peschereccio del comprensorio a Porto Palo di Menfi, piuttosto che Marinella di Selinunte, tra la quasi indifferenza degli amministratori di allora, dove, come visto, era presente una fiorente marineria. Si assiste quindi ad un progressivo dissolversi del mondo legato alla sarda. Il crollo della richiesta prodotto salato non potè che generare la chiusura  di quasi tutte le attività artigianali con conseguente drastico ridensionamento della pesca alla sarda, che era stata fiorente già a partire dal medioevo.

    La vendita della sarda fresca al minuto non giustificava più l’utilizzo di quasi tutta la marineria anzi rendeva inutile tale attività sia per la quantità di pescato invenduta sia per lo scarso ritorno economico. Tutte le barche cominciarono, a riconvertirsi e ad attrezzarsi per la pesca di pesce più pregiato o in ogni caso più richiesto dal mercato. 

    Quest’ultimo al quale personalmente mi associo, spera in una inversione della tendenza, che riporti tale pesce al centro degli interessi della marineria  e sulle tavole ad allietare i palati di migliaia di estimatori (non importa se fresco o salata). Affinché questa speranza diventi realtà è necessario l’impegno di tutti nessuno escluso. Se invece le cose dovessero restare al punto in cui oggi sono, la sardina di Marinella dopo centinaia d’anni di onorato servizio, sarà consegnata per sempre alla storia come “ fossile guida” di un mondo mai scomparso.

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