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Leonardo Centonze e lo straordinario racconto di Selinunte tra particolari e amore per la sua terra

di: Giuseppe L. Bonanno - del 2022-12-07

Immagine articolo: Leonardo Centonze e lo straordinario racconto di Selinunte tra particolari e amore per la sua terra

Negli archivi della Biblioteca Comunale di Castelvetrano sono conservati manoscritti e dattiloscritti di opere edite ed inedite di alcuni illustri nostri concittadini non più viventi. Tra gli altri, possiamo citare, in ordine alfabetico, Leonardo Centonze, Giovan Battista Diecidue, Giovanni Errante Parrino, Giuseppe Frosina Cannella, Francesco La Croce, Giovanni La Croce e Giovanni Vivona.

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  • Tali documenti potrebbero essere oggetto di tesi di Laurea Magistrale di volenterosi studenti universitari, che avrebbero la possibilità di cimentarsi nello studio e nella sistemazione e nell’eventuale pubblicazione di testi molte volte sconosciuti. Invece di collazionare testi per produrre lavori poco originali, i laureandi potrebbero farsi carico di un lavoro meritevole e, contemporaneamente, potrebbero produrre delle tesi di ricerca, che con ogni probabilità sarebbero ben considerate.

    Per quanto riguarda Leonardo Centonze (Castelvetrano, 1869-1955) – oltre che bibliotecario, scrittore e critico letterario –, cui la Biblioteca stessa è dedicata, si tratta di un numero consistente di faldoni.

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  • Tra le opere di Centonze inedite, nell’articolo sullo stesso pubblicato nel volume II del Dizionario enciclopedico dei pensatori e dei teologi di Sicilia¹, veniva inserito il suo lavoro su Selinunte (manoscritto presso la Biblioteca) che ora possiamo invece considerare fra i pubblicati.

    ¹ Cfr. G.L. Bonanno - F.S. Calcara, Centonze, Leonardo, in F. Armetta (a cura di), Dizionario enciclopedico dei pensatori e dei teologi di Sicilia. Secc. XIX e XX, vol. II, S. Sciascia ed., Caltanissetta 2010, pp. 590-592; in questo articolo si trova, tra l’altro, una esaustiva bibliografia degli scritti di e su Centonze.

    Infatti, in seguito a nostre ricerche, abbiamo appurato che, in effetti, Centonze pubblicò nel 1927 uno scritto selinuntino su un giornale che, con gli occhi di oggi, sembra essere quasi fuori dal mondo come denominazione. Si tratta de “L’Italia nel mondo. Rivista mensile di valorizzazione nazionale. Organo ufficiale dell’Associazione Nazionale Malarici di guerra”. In tre parti, sulla rivista viene proposto un articolo dal titolo Tra le reliquie della civiltà ellenica: Selinunte; la prima e la seconda nel n. 7, la terza nel n. 8-9².

    ² L. Centonze, Tra le reliquie della civiltà ellenica: Selinunte, in “L’Italia nel mondo. Rivista mensile di valorizzazione nazionale. Organo ufficiale dell’Associazione nazionale malarici di guerra”, a. II, n. 7. Luglio 1927, parte I-II, pp. 28-31; a. II, n. 8-9, agosto-settembre 1927, parte III, pp. 31-35.

    Nel saggio, Centonze descrive tutta la storia dell’antica città, con dovizia di particolari; mostrando un’approfondita conoscenza storica, traccia un esaustivo quadro delle vicende di Selinunte e dei principali personaggi, con precisi riferimenti alle opere degli autori antichi³. Dopo aver fatto cenno alla situazione precedente della Sicilia prima dell’arrivo dei Greci, scrive di Selinunte dalla fondazione – per la quale riporta le date derivate da Tucidide (627 a.C.), Diodoro Siculo (650) ed Eusebio (647) – all’827, data dell’arrivo dei Saraceni in Sicilia, che, guidati da Adelcamo, avrebbero infierito su quel che restava della popolazione.

    ³ Nell’ordine in cui sono citati da Centonze: Silio Italico, Publio Virgilio Marone, Tucidide, T. Fazello, Strabone, Polibio, Diodoro Siculo, Erodoto, J. Frontino, Plinio Seniore, Tolomeo.

    Centonze colloca in quel momento la fine della città. Egli non poteva sapere dei ritrovamenti archeologici successivi che comporterebbero una presenza abitativa, almeno fino all’età di Manfredi. Sarebbe opportuno, a questo proposito, riprendere lo studio sulla presenza musulmana e sul citato Adelcamo (da alcuni considerato perfino personaggio leggendario), forse troppo sbrigativamente trattati dagli storici successivi.
    Lo scritto è, comunque, un’ulteriore testimonianza dell’interesse dei colti castelvetranesi per l’antica Selinunte e del valore del Centonze, fra i più valenti studiosi cui Castelvetrano abbia dato i natali.

    Per una “banale” questione di virgole, si riteneva che Plinio avesse scritto nel III libro «… Selinus oppidum, Lilybaeum …», come riporta anche Centonze, mentre la critica recente legge «… Selinus, oppidum Lilybaeum …», ritenendo Selinus il nome del fiume; mentre resta certo che, subito dopo, egli includa tra i tributari di Roma anche gli abitanti di Selinunte, dal che l’esistenza della città ancora nel I sec. d.C.

    ⁴ L. Centonze, Tra le reliquie della civiltà ellenica: Selinunte, in “L’Italia nel mondo”, cit., n. 8-9, p. 35.
     Plinio seniore, Naturalis Historia, III, 14, 90.
    ⁶ Plinio seniore, Naturalis Historia, III, 14, 91.

    È possibile che i Romani, dopo la conquista del 250 a.C., abbiano usato l’acropoli selinuntina come rocca militare, mentre gli abitanti si spostavano dove ora sorge Marinella, dove probabilmente esistevano già da tempo delle abitazioni. Non ci sono chiare evidenze archeologiche, ma non dimentichiamo che buona parte della stessa acropoli non è stata mai scavata, come del resto altre zone della città, né tantomeno si potrà mai scavare sotto la suddetta Marinella. Nei dintorni di Selinunte ci sono comunque resti di ville dei ricchi romani.

    Centonze chiarisce il motivo della grandezza di Selinunte:

    «Selinunte, per la sua incomparabile posizione geografica, era in possesso di tutte le necessarie condizioni per riuscire mediatrice di commerci fra l’Italia e l’Africa, l’Oriente e l’Occidente, e infatti non tardò a divenire uno dei più grandi centri commerciali della Sicilia».

    ⁷ L. Centonze, Tra le reliquie della civiltà ellenica: Selinunte, in “L’Italia nel mondo”, cit., n. 7, p. 29.

    L’Autore pone giustamente il confine della città al fiume Hypsas (oggi Belìce), mentre il territorio tutto, nel momento della massima espansione, andava dal Mazaro all’Halycus. Il saggio è chiuso da un elogio della città e della civiltà ellenica tutta:

    «Questa città, una delle più belle pel sito e per gli edifizi che ancora oggi, benché informi macerie, vi si ammirano, stette nella Sicilia Occidentale come faro rischiaratore, diffonditrice dei beni supremi dell’Ellenismo».

    Giuseppe L. Bonanno – Erasmo Miceli

     L. Centonze, Tra le reliquie della civiltà ellenica: Selinunte, in “L’Italia nel mondo”, cit., n. 7, p. 29.
    L. Centonze, Tra le reliquie della civiltà ellenica: Selinunte, in “L’Italia nel mondo”, cit., n. 8-9, p. 35.

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