La sciarria è per la Coltre Funeraria
di: Redazione - del 2024-11-01
Sono questi i giorni in cui il canone della Chiesa cattolica ci invita a riflettere sulla miseria umana del quotidiano di fronte all'arcano della morte. E proprio riflettendo su questi valori, spesso paludati dall'uomo con trionfali monumenti al sentimento nobile incensante l'estremo saluto del dipartito, volendo a mó più dei nostri giorni, celebrare quei grandi valori dei patrii greci, (a noi vicini per Selinunte) quando il defunto veniva arricchito di tutto un suo corredo costoso e raffinato per celebrare la grandezza il sentimento la nobiltà e la civiltà di chi lo salutava, mi viene il ghiribizzo e il sornione sorrisetto di avvocato che ne ha viste mille (e più...tra le nobili famiglie), di voler confrontare questa "creanza" antica e di sincero valore con quello che la tradizione siciliana ha tramandato nei periodi più recenti e miserevoli dell'700, quando ad apprestar la pompa si procedeva con la CUTRA. Molti di voi legheranno questa parola alla cosiddetta cuttunina, una pesante coperta trapunta imbottita di fiocchi di cotone, che doveva essere data in dote di matrimonio nel contratto matrimoniale notarile, per il corredo della sposa per i giorni freddi dell'inverno. Niente di tutto questo, però è l'argomento a cui intendo riportarmi in ciò che è storia di questa terra e che tra le sue radici in maniera, molto più antica, al rito dei defunti.
È proprio alla morte che è legata la "cutra" questa coperta ricca pesante di tessiture di fiandra e di damasco che serviva a guarnire la copertura della cassa per il trasporto della salma alla chiesa prima e poi al cimitero.
Di volata partendo dal medioevo, i morti venivano portati su semplici barelle a spalla però ricoperti da un velo nobile e raffinato di seta, o ancora da un drappo che magari riportasse le insegne della famiglia o dello stato di appartenenza secondo il lignaggio o l'autorità del defunto che veniva onorato.
Conosciamo ai nostri giorni, dalle esequie di Elisabetta d'Inghilterra ammirate dalle nostre case in TV , come per un monarca, per esempio, il suo feretro sia avvolto dalla Nobile bandiera del suo regno.
La supremazia spagnola, invece, superba in Sicilia, aveva poi fatto sì che le famiglie anche le più cafone, volendo un po' a proprio modo scimmiottare la grandezza di un re del proprio caro estinto, anche nelle miserie della morte aveva preso a copiare questo genere pompa, per mio avviso, di cattivo gusto.
Sicché i morti che per miseria della tasca venivano trasportati in vere e proprie casse di legno, durante le esequie, si era soliti coprirli il con una coperta elegante – la cutra, appunto – soprattutto con l’obiettivo di nascondere la vergognosa povertà della famiglia.
Avvenne, via via nel tempo, che i sacerdoti, durante i funerali, chiedessero una tassa arbitraria, se sulla bara si fosse voluto apprestare una ricca "cutra". La richiesta di questa sorta di dazio ecclesiastico, col tempo, diventò una vera e propria tradizione che nemmeno la proibizione del viceré Domenico Caracciolo ma molto prima ancora del III Consiglio Lateranense – convocato da Papa Alessandro III nel marzo del 1179 – riuscì mai a fermare. Fin qui tutto immaginabile, ma il bello avrebbe ancora da essere narrato... Rimane intanto per fermo in tutto questo tempo il sentimento indelebile dei parenti di volere a tutti i costi assicurare al dipartito "l'onore e il trattamento di un re" ...sia ben chiaro, ma questo solo, fino al momento del sotterramento, magari in fossa comune... altro che chiesa! (importante era l'apparenza e che nessuno potesse dire che i congiunti, famigli e parenti, "non avessero dismesso, neppure un attimo, la propria generosità verso un munifico sentimento ed onore al dipartito...." (sic!)
Ma torniamo al "nostro morto"... Era regola dunque che i parroci non curandosi minimamente di smorzare il malcostume, pure se perseguito a fil di codice penale dal vicerè di Sicilia, continuarono a chiedere ai parenti del defunto il pagamento della tassa per la cutra.(La coltre funeraria).
Il pagamento, che si basava su quanto i parenti avevano ereditato, a volte non veniva completato e per saldare il debito, ed era allora che per compensazione fra il debito e la tassa da saldare, la cutra venisse donata dai familiari al parroco che vi aveva celebrato il funerale.
Come sempre avviene, pure oggi, ai giorni nostri, però, non tutti i parenti, (e non erano pochi i casi di quelli disposti pure a dividersi le pezze sporche del morto...) risultava poi fossero d’accordo con la decisione di donare il ricco copriletto alla chiesa . La situazione poi spesso compromessa, con l'innalzar dei toni, sfociava in vere e proprie liti con il ricorso anche, se vogliamo alle carte bollate e al gran giudizio che investiva I magistrati del regno, soprattutto tra quei parenti che dimostravano un interesse maggiore per la cutra del defunto ricco che per l’affetto che li legava.
La vicenda poteva avere anche un suo secondo momento, quello della divisione dei beni ereditati davanti al notaio. Anche questa volta, i familiari del defunto spesso si trovavano decisi a far battaglia, nonostante le spartizioni delle ampie riccz**zz**z*hezze del morto, litigandosi, poi, alle molliche, sul possesso della cutra. Ciò su cui riflettere il giorno dei morti...
La sciarra per la cutra ovviamente, era la situazione con cui finiva una parentela nelle sue frequentazioni. Proprio per questo, il significato dell'antico detto siciliano, per certi versi comico è degno di farci rivedere divertiti davanti a una commedia di martoglio, quando venga collegato ad un litigio per niente, per quei motivi poco importanti della vita e della morte, rappresentando nel vero ciò che, in realtà, è il peggior difetto dell’uomo: Quello di predominare sugli altri e non avere, quindi, la capacità di dividere il proprio bene – qualunque esso sia: sociale, politico o economico – con gli altri.
Avv. Vincenzo Basile