La singolare protesta del quartiere Amari a Castelvetrano nel giugno 1964
di: Salvatore Di Chiara - del 2025-06-02

Castelvetrano e le proteste, un binomio non sempre perfetto. La storia ci impone - con attenzione - ogni tipo di contestazione che la città ha organizzato per ottenere qualcosa. Tra quelle meno ricordate, senza ombra di dubbio, la singolare protesta del giugno 1964. Il nostro Paese (Italia) viveva con successo il boom economico, mettendosi alle spalle gli anni bui post-secondo conflitto mondiale. Nel mentre, il territorio castelvetranese cercava - con tutte le difficoltà del caso - di uscire da una situazione socioeconomica non indifferente. Purtroppo, come spesso accade, le periferie (cosa ancora attuale) erano state poco coinvolte dalla lenta ripresa. Disagio e abbandono erano i termini più in voga per dimostrare le lacune amministrative.

Nel quartiere Amari (abbastanza popoloso), tra i meno affermati, era scoppiata la “ribellione interna”. Una sorta di polemica aperta e in contrasto per la mancanza di servizi. A montare il forte dissenso erano state le donne. Non contente della situazione attuale, avevano lanciato - a più riprese - degli appelli per ottenere un rinnovamento dell’intera zona. Prima di addentrarci con i punti salienti, diamo l’esatta collocazione del quartiere. Grazie alla partecipazione attiva dello storico Vincenzo Napoli, è stato possibile risalire - dopo un’attenta ricerca - al punto di dislocazione. Oltre al nome (riferito a una famiglia castelvetranese - appunto gli Amari), il vecchio rione si
trova dietro l’ex stabilimento S.A.I.C.A.
Ritornando ai fatti dell’epoca, dopo l’amministrazione presieduta da Petronato Venezia (circa una ventina di giorni), il comune era stato commissariato. Dapprima con il dottor Messina e poi, con il Commissario Prefettizio Alcamo. A partire dal mese di febbraio, erano state inoltrate le richieste per sollecitare gli enti preposti a un pronto intervento nell’area predetta. Tra le richieste fatte: la costruzione di una rete fognaria e di una scuola. Nel primo caso, fu realizzato un progetto di 32 milioni volte alla costruzione dell’intero impianto (assente fino a quel momento). Tra iter burocratici lenti (una piaga all’italiana) e aste andate deserte, purtroppo, il progetto cadde nel dimenticatoio. E la rivalutazione dello stesso ebbe contraccolpi non indifferenti (in tempi di rilavorazione).

Altro caso anomalo fu la richiesta insistente di un edificio scolastico. Per una cifra pari a 16 milioni e mezzo, l’asta andò deserta. Oltre al danno, la beffa. La mancanza d’infrastrutture destava enormi perplessità, aggravate da inutili spese da sostenere. Il tutto pesava sulle casse di un comune, quello nostro, con difficoltà permanenti. Di fronte a una petizione firmata da 200 donne circa, lo stesso Commissario promise interventi urgenti per l'installazione della pubblica illuminazione e una serie di opere strutturali in grado di migliorare una situazione incresciosa.
Presa in dote una situazione di non facile gestione, lo stesso dott. Alcamo ammise che il territorio castelvetranese non navigava in buone acque. Il suo compito era quello di portare avanti un assetto organizzativo per rimediare ai beni di prima necessità. Di quella rivolta civile rimangono impresse le idee, l’unione (fa la forza) e la comunità d’intenti per raggiungere uno scopo unitario. Un fatto storico accantonato dalla nostra società.