La "canna", la “cannedda” e la "cannàra" tra antichi usi e tradizioni
di: Vito Marino - del 2015-11-12


La canna comune (Arundo donax) o canna domestica è una pianta erbacea perenne e dal fusto lungo, cavo e robusto, che cresce, a dense macchie (cannitu), in terreni anche relativamente poveri. Attualmente la canna si può trovare sia piantata che naturalizzata nelle regioni temperate e subtropicali di entrambi gli emisferi.

Durante la civiltà contadina, l’uso della canna era indispensabile come tutore della vigna e di altri alberetti, per la costruzione di canne da pesca, friscaletti, agugghera (agoraio) per conservare gli aghi, cannàra (o cannarati) per mettere ad essiccare al sole i fichi e i pomodori, “cannedda” per spillare il vino dalla botte, il fucile per giocare i bambini, manico per la scopa, per coprire tettoie, per la costruzione delle logge al mare.
La canna, tagliata a strisce serviva per la costruzione di: “cannizzati” (cannucciate) per tettoie d’ombra e per la costruzione di soffitti e muri divisori, cannizzi, panara, carteddi, cartidduna, cannistra, ma anche per preparare lo scheletro per la costruzione della “cumerdia” (l’aquilone), che i ragazzi più bravi sapevano preparare da soli.
