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Vent'anni dal terremoto di Assisi. Tra i protagonisti della ricostruzione il compianto Giuseppe Basile

del 2017-09-27

Immagine articolo: Vent'anni dal terremoto di Assisi. Tra i protagonisti della ricostruzione il compianto Giuseppe Basile

A venti anni dal terremoto che sconvolse Assisi, SKY arte (canale 120 e 400) ha ricordato ieri i grandiosi salvataggi d’arte compiuti sulla Basilica ad opera, tra l’altro, nel nostro compianto concittadino Giuseppe Basile, indimenticato storico dell’arte. In proposito appare utile riproporre l’articolo apparso su “Repubblica”, nell’occasione del secondo anniversario del terremoto.

Due anni dopo il terremoto, ripristinati gli affreschi di Giotto e Cimabue...
Il restauro è concluso
di PAOLO VAGHEGGI
(23 settembre 1999)

ASSISI - Il rosso, il giallo, l'azzurro di Giotto e Cimabue accendono di nuovo l'interno della chiesa superiore della basilica di San Francesco di Assisi.

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  • La candida facciata si specchia sul verde del prato della piazzetta, affollata di turisti. Sono i segni più visibili di una riconquistata "normalità". A due anni dal terremoto, da quel terribile 26 settembre quando le scosse ridussero il sacrario in un cumulo di macerie e uccisero quattro persone, il restauro di questo ciclo pittorico in cui si forma la nuova lingua dell'arte occidentale è concluso, tanto che tra due mesi, ci sarà l'inaugurazione.

    E chi verrà ad Assisi si troverà davanti all'antico fantastico spettacolo che da sempre offre la basilica. Non ci saranno più i ponteggi che nascondevano la navata: ormai sono stati quasi completamente smontati. E si potrà rivedere il colorato universo del Poverello. La pulizia dell'intera decorazione murale, che era offuscata dall'immensa nube di polvere causata dai crolli, è infatti terminata. Non solo. Le crepe che fecero tremare il mondo dell'arte sono ormai impercettibili smagliature e soltanto nelle due zone che piombarono a terra - dove Cimabue raffigurò San Matteo e il giovane Giotto San Girolamo - sono ancora visibili i segni del disastro.

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  • Ma da questo fronte arrivano buone notizie. Con i frammenti recuperati a terra sono stati quasi completamente ricostruite le figure dei Santi dell'arcone della controfacciata. Torneranno al loro posto.

    E' in corso di ricostruzione il San Girolamo. "E probabilmente riusciremo a recuperarlo quasi per intero", afferma Giuseppe Basile, dell'ICR, direttore dell'intervento di restauro, uno dei protagonisti del convegno che da ieri si tiene ad Assisi e a cui sono stati invitati i maggiori studiosi del settore, da Luciano Bellosi a Bruno Toscano, oltre ai restauratori, Antonio Paolucci e al ministro per i Beni e le attività culturali Giovanna Melandri, che sabato chiuderà l'incontro. Per il San Matteo, diviso in centoventimila frammenti, è in corso un processo di informatizzazione.

    La figura rinascerà dal computer. Gli ordini per formare il puzzle arriveranno da un San Matteo virtuale che permetterà di individuare il pezzo giusto all'interno delle 880 cassette in cui sono depositati i frammenti, che ovviamente dovranno essere scannerizzati. Per completare questo lavoro ci vorranno mesi.

    E nel frattempo, forse, una proiezione ricostituirà le immagini dei due Santi nelle zone perdute. Ma è un progetto che incontra molti pareri negativi. Il restauro delle pareti affrescate invece è già concluso, addirittura in anticipo sui tempi. L'operazione, come spiega Basile, non è stata delle più semplici. Il ciclo era coperto da un velo di polvere, si era formata una specie di crosta. Non era possibile utilizzare materiali liquidi: "Siamo intervenuti a secco.

    Per dirla banalmente con una sorta di particolarissima gomma sintetica con cui è stato cancellato lo strato di polvere e umidità". E' stato un lavoro di estrema difficoltà e delicatezza perché insieme allo sporco poteva esser cancellato il colore. Ma al di là della polvere gli affreschi di Giotto e quelli di Cimabue non avevano subito gravi danni. Poche cose, modeste scalfitture.

    E non c'è stato, come si poteva temere, un allentamento o il distacco dei dipinti dal supporto murario. Il vero caso è nato intorno ai dipinti della volta: mille metri quadrati di pittura lesionati e centocinquanta crollati. "E' stato molto complicato risolvere questo problema perché si sono incontrati e scontrati metodi di lavoro spesso incompatibili, quelli degli architetti e degli ingegneri e quelli dei restauratori. I primi tendevano a salvaguardare l'architettura, l'edificio, utilizzando sistemi e materiali che non sempre sono compatibili con la salvaguardia degli affreschi.

    Ma la soluzione è stata positiva per entrambi", testimonia Basile spiegando i risultati di quello che definisce "il cantiere invisibile", gli studi, le indagini di laboratorio, le prove che hanno preceduto il progetto finale. Segue le tracce del primo intervento, adottato all'indomani del crollo, messo a punto da Giorgio Croci e Paolo Rocchi.

    Non ci sono state gettate di cemento: avrebbero appesantito la struttura. Sopra la superficie esterna delle volte - l'estradosso - sono state stese delle nervature di legno e fibra di kevlar a cui sono ancorati tiranti metallici a molle collegati al tetto. La navata è in sicurezza. Eppure il mondo dell'arte è preoccupato. Per attaccare il kevlar all'estradosso sono state usate resine che impediscono alle murature di "respirare".

    Di conseguenza potrebbero esserci dei distacchi di colore. Replica Giuseppe Basile: "Questo sarebbe vero se la resina epossidica fosse stata spalmata sull'intero estradosso, se fosse stata applicata sopra le vele. In realtà le fasce di kevlar sono larghe solo venti centimetri e sono state posizionate in corrispondenza dei costoloni che sporgono di venti centimetri dalle vele.

    Gli studi eseguiti dal professor Sandro Massa del Cnr hanno dimostrato che quando la fascia e il muro sono di queste dimensioni non c'è il rischio di fenomeni di condensa. E' una fasciatura, di ridotte dimensioni, che non crea problemi agli affreschi". Ovviamente sono state reintegrate anche le lacune causate da crepe vecchie e nuove. Ma non ci sono state ridipinture.

    I restauratori sono intervenuti seguendo il metodo dell'"abbassamento cromatico" dell'intonaco: "Abbiamo usato dell'intonaco che come grana e cromaticamente è trattato in modo da essere assorbito visivamente. La mancanza non risalta all'interno dell'immagine. E' quello che abbiamo fatto anche nelle zone dove sono avvenuti i crolli". Il colore, il dipinto, non c'è ma non si nota di colpo.

    E la basilica, apparentemente, è tornata splendida come prima del terremoto. E' questo l'ultimo "miracolo" di Assisi.


    Ing. Giuseppe Taddeo

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