Il "travagliato" percorso universitario di Pirandello e una tesi "tribolata"
di: Elenia Teri - del 2017-10-04
Luigi Pirandello è, senza ombra di dubbio, uno degli scrittori più importanti del nostro Paese nonché Premio Nobel per la Letteratura nel 1934. Orgoglio siciliano, studiato e apprezzato in tutto il mondo, del giovane Pirandello, però, forse non tutti conoscono il travagliato percorso universitario, nel quale molti studenti di oggi potrebbero identificarsi con facilità.
Quanto sia tortuosa la vita di un povero universitario promettente e dall’animo votato a qualsiasi sacrificio pur di ottenere l’agognata Laurea è ormai notizia risaputa. Basta navigare un po’ in rete per scovare numerosi meme e video amatoriali dedicati a questo tema, persino appositi profili social (sia su Facebook sia su Instagram), gestiti da giovani influencer che ironizzano sulle disavventure tipo realmente accadute ad ogni studente universitario che si rispetti.
Ebbene, Luigi Pirandello è attuale anche dal punto di vista biografico, non solo letterario, in quanto lui stesso ai suoi tempi si sarebbe potuto definire un “universitario disperato”, volenteroso e a tratti insoddisfatto. Lo dimostra il consistente scambio epistolare intrattenuto con il padre e con gli altri membri della famiglia, attraverso cui fu solito sfogarsi circa l’andamento dei suoi progetti e sui disagi provocatigli dal pesante impegno profuso.
Iniziò gli studi iscrivendosi all’Università di Palermo nel 1886 presso la Facoltà di Lettere, annunciando però al padre in una lettera del 7 ottobre dello stesso anno, il proposito di conseguire due Lauree: una in Legge, per poter ricoprire una più sicura carica forense e un’altra di stampo umanistico, appunto, per dare libero spazio alla sua vena artistica.
Purtroppo gli orari poco gestibili di Palermo non garantirono la realizzazione di tale progetto, quindi l’anno successivo si trasferì all’Università “La Sapienza” di Roma, divenendo l’alunno prediletto del professore di Filologia Romanza, Ernesto Monaci. «Io quest’anno ho un da fare indiavolato», scriveva al padre il 27 novembre 1888, «roba da non poterla sopportare un mulo!».
La situazione si complicò quando un acceso contrasto con Onorato Occioni, docente di Lingua e Letteratura Italiana, lo costrinse ad un ulteriore cambio di Ateneo. Così, nel 1889 si spostò a Bonn, in Germania, guidato dai consigli di Monaci che lo raccomandò all’amico professor Wendelin Foerster, perché lo aiutasse a completare gli studi linguistici. A Bonn Pirandello si impegnò per definire al più presto l’argomento della Tesi, per la cui stesura finale dovette prima dedicarsi a due lavori di argomento diverso, uno di ambito filologico – letterario l’altro linguistico/glottologico.
Questo poderoso impegno lo affaticò molto, tanto da occupargli la maggior parte del tempo a disposizione, «debbo presentare i due lavori alla fine di aprile», scriveva alla madre il 3 marzo 1890, determinato a laurearsi proprio entro la primavera. E invece no, il giovane Pirandello non consegnò in tempo i lavori e dovette rimandare la data della Laurea di un anno, cosa che lo abbatté ma non lo annientò.
Continuò ad applicarsi all’argomento della Tesi (sulla Parlata di Girgenti), con una precisione certosina fino a dichiarare in una cartolina postale del 23 agosto 1890 quanto lo stesse facendo «ammattire», per poi aggiungere in una lettera del settembre successivo: «oh di questo lavoro, miei cari, non ne possono più! Oramai, per fortuna, è quasi condotto alla fine; ma vi giuro che mi ha incretinito per bene!».
Nell’aprile del 1891 finalmente Luigi Pirandello conseguì la Laurea e lo annunciò in una lettera alla famiglia in cui accennò anche ad una grossa lite avuta con i tipografi al momento della stampa della famosa Tesi.
Insomma, il grande scrittore siciliano fu un universitario come tutti noi, esempio di come gli imprevisti o gli ostacoli sul proprio cammino non siano segni di incapacità, tutt’altro. Sono prove da superare per arrivare lontano. Ovviamente stiamo parlando di un genio che ha rivoluzionato il panorama letterario mondiale, non di un uomo dal pensiero comune, ma non trascuriamo il fatto che ogni animo appassionato custodisce dentro di sé un genio da far venire fuori se si valorizza con coraggiosa determinazione.
Infine, per chi volesse approfondire la lettura del carteggio familiare pirandelliano, vi suggerisco di leggere la raccolta in tre volumi curata da Elio Providenti per Bulzoni Editore (“Lettere giovanili da Palermo e da Roma 1886 – 1889”, “Lettere da Bonn 1889 - 1891”, “Lettere della formazione 1891 – 1898, con appendice di lettere sparse 1899 – 1919”) oppure “Pirandello e la metafonesi. Due lettere inedite da Bonn” di Marina Castiglione.