Morto un giovane lavoratore del Senegal che si era ustionato a Campobello di Mazara
di: Rosalba Virone - (fonte: lasicilia.it) - del 2013-10-22
Oussmane è morto domenica. È morto solo, nella sua stanzetta sterile del Centro ustioni di Palermo. I suoi vent'anni non sono bastati a sconfiggere il fuoco che gli aveva divorato quasi il cinquanta per cento della pelle. Oussmane è morto perchè era stato nel posto sbagliato, aveva conosciuto un pezzettino di inferno qui sulla terra.
Erano uno degli ospiti della «tendopoli» a due passi da Campobello di Mazara, tirate su con cellophane, stracci, lamiere, teloni, legno, poggiate sul cemento dove un tempo c'erano le baracche del dopo terremoto, o adagiate su bancali per evitare che un'eventuale pioggia le riempia d'acqua e se le porti via. Una tendopoli improvvisata che ospita 400, forse 500 persone, fino a qualche giorno fa senza neppure l'acqua e gestita con grande difficoltà da chi la abita.
Loro, l'indispensabile manodopera per la raccolta delle olive, viene in prevalenza dall'Africa: Senegal, Nigeria, pochi maghrebini. Tutti mostrano imbarazzo e sofferenza per il fatto di dover vivere in un posto simile. Maurice conosceva Oussmane, lo aveva incontrato ad Alcamo, dove Comune e Crocerossa offrono assistenza, alloggio e un pasto caldo al giorno ai lavoratori stranieri che arrivano in città per la vendemmia.
Lo ricorda, giovane, timido, arrivato in Italia da sette mesi, ospite di uno zio a Milano, poi risoluto a cercare di guadagnarsi qualcosa da solo, per questo aveva lasciato il Nord e si era ritrovato fra le tende di Campobello.
Dopo Alcamo, il suo primo giorno lì, la sua prima notte. Il fornelletto a gas che fa una vampata, tutto si incendia, gli altri scappano, ma Oussmane quando si sveglia è già avvolto dalle fiamme.
Terrorizzato corre, attizzando così ulteriormente il fuoco, i suoi amici non riescono a raggiungerlo. Dopo qualche ora sono degli italiani a recuperarlo, svenuto, fra le sterpaglie. Maurice dice che ora tutta la comunità senegalese in Sicilia raccoglierà i soldi per il rimpatrio, «facciamo sempre così, per noi è importante partecipare ed aiutare in qualche modo la famiglia».
È sera al campo, su decine di fuochi improvvisati si cucina della carne, un enorme calderone serve a scaldare l'acqua per lavarsi, con 50 centesimi ti danno un secchio di acqua calda per fare la doccia, qualcuno ha anche improvvisato un bar, in una capanna più grande distribuiscono bevande calde e c'è la Tv. Una realtà denigrante. «Vorrei che fosse chiaro che io non sono abituato a questo, per nessuno di noi è normale. Resistiamo, ma è umiliante».
Anche Ba aveva altri sogni. In Senegal ha una moglie e tre bambini, non li vede da due anni. Oggi ha gli occhi lucidi, pensa a Oussmane, ai suoi genitori e si guarda attorno, «Io qui non ci torno più, a tutto c'è un limite». Ba parla un italiano fluente, vive a Milano, dove faceva l'operaio in una vetreria, la crisi, i licenziamenti ed ora si ritrova a raccogliere olive, con una cassetta appesa al collo, per dieci ore al giorno, per tre euro e mezzo a cassetta. Con la voce pacata e un sorriso subito pronto a comparire dice che lui non si lamenta, va bene qualsiasi cosa pur di lavorare, ma comincia a perdere fiducia e ad avere paura per il futuro.
Ha 47 anni ed aveva scommesso tutto sull'Italia, ma il suo slancio e il suo entusiasmo per il nostro paese non sono stati ricambiati. A cominciare da chi è più vicino. I commissari di Campobello, infatti, finora non hanno mostrato particolare attenzione per il problema. La Croce Rossa di Trapani, cittadini e associazioni hanno chiesto un intervento, la Cri ha anche presentato un piano per allestire un presidio medico e portare almeno docce e bagni chimici. Ieri il deputato di Sel, Erasmo Palazzotto, dopo aver visitato il campo, ha incontrato i commissari per sollecitarne l'azione.
Perché non serve la facile retorica ai funerali, ma occuparsi della vita di chi ce l'ha fatta.