Ricordando Peppe Salerno e la gioia del Carnevale a CVetrano tra abiti luccicanti, balli e sano divertimento
del 2019-03-02
In foto: L'indimenticato Peppe Salerno (ph. Foto: CRIMAUDO)
Lo ricordo quando, ancora giovanotto, mio coetaneo, lo incontravo per strada e lo invidiavo per il suo fisico robusto e muscoloso, al cospetto del mio che era piuttosto longilineo. In quegli anni era di moda la persona muscolosa e tutti facevamo ginnastica per sviluppare i muscoli.
Peppi Salerno, per come era chiamato da tutti, non la pensava allo stesso modo, egli avrebbe voluto un fisico piuttosto magro, e, se possibile, direttamente di donna. Infatti, il suo corpo maschile conteneva un’anima tutta al femminile, che lo tormentò per tutta la sua esistenza: era lei prigioniera di lui, una situazione insostenibile che si è portato dentro per tutta la vita.
Pochi decenni prima, durante il regime fascista, molte persone della sua stessa situazione fisica nascondevano questa loro diversità e, per non farsi scoprire, addirittura si sposavano, conducendo apparentemente una vita felice coniugale, salvo poi avere una loro seconda vita privata.
Mentre oggi grosse personalità del mondo della cultura, dello spettacolo e della politica si possono vantare della loro omosessualità sbandierandola ai quattro venti, intorno agli anni ’60 le leggi razziste della dittatura non erano del tutto scomparse dalla nostra mente e l’essere diverso era un handicap difficile da sopportare, poiché la società lo faceva notare in ogni occasione.
Salerno aveva il coraggio di dichiarare apertamente la sua diversità e alla società ipocrita non nascondeva nulla. Apparentemente lui riusciva a superare la sua situazione e a mantenere un carattere gioviale, scherzando e ridendo con chi lo conosceva e gli faceva la battuta di presa in giro.
Egli viveva lavorando onestamente, abbracciando lavori umili come lavare scale e vetrine di negozi. Non chiedeva soldi a nessuno, salvo qualche sigaretta per attaccare discorso con qualche uomo che gli piaceva, ma di sua conoscenza. Tutti lo conoscevano e lui conosceva tutti.
Qualcuno gli faceva una battuta spiritosa e lui rispondeva per le rime, ma senza volgarità. Nonostante la sua mancanza d’istruzione si sapeva comportare con correttezza. Qualcuno ha detto che quando lavava le vetrine dei negozi cantava una nota canzone di quei tempi “Sono una donna, non sono una santa” rivolgendosi agli uomini che passavano. Purtroppo a volte piangeva quando tutto non andava per il verso giusto.
Nell’ultimo decennio della sua travagliata esistenza, attraverso il carnevale, era riuscito a realizzare il suo sogno di donna, vestendosi da ballerina del Moulen Rouge. Viveva tutto l’anno nell’attesa del Carnevale, parlava sempre dei suoi preparativi per la festa, dei suoi vestiti bellissimi che lui stesso riusciva a realizzare con elementi poveri.
Aspettava quei giorni, per potersi vestire per come madre natura comandava: di donna, di soubrette, con vestiti vistosi e variopinti, ricchi di piume e fronzoli colorati. Anche se per pochi giorni voleva essere al centro dell’attenzione di tutta la cittadinanza, la prima donna di Castelvetrano, per come lui stesso si definiva. Il lei, che restava tutto l’anno nascosta sotto le sembianze di lui, in quei giorni usciva all’aperto per riprendersi la rivincita meritata..
Così, salito sul carro, ballava al ritmo della musica, mettendo in mostra un paio di gambe, ben tornite e coperte da calze a rete, che tutti guardavano quasi con ammirazione. A volte partecipava anche al carnevale di Sciacca.
Ancora oggi tutti si ricordano di Peppi Salernu, diventato ormai un personaggio carnascialesco castelvetranese e, in occasione della lettura del testamento “di lu nannu” veniva ricordato fra i “lasciti” testamentari.
Articolo di Vito Marino per Castevetranonews.it del 2013