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Quando nel 1547 i campi e la città di Salemi furono infestate dalle cavallette. Intanto in Africa l'invasione continua

di: Vito Marino - del 2020-02-06

Immagine articolo: Quando nel 1547 i campi e la città di Salemi furono infestate dalle cavallette. Intanto in Africa l'invasione continua

(ph. www.africarivista.it)

Nella stampa del mese di dicembre e in quella di gennaio si legge con insistenza, di un’invasione di locuste che si sta diffondendo in Kenya, Etiopia, Uganda, Sudan. Gli insetti costituenti un sottordine di Ortotteri sono stati segnalati fin dall'antichità e menzionati più volte nella Bibbia, con nomi diversi, come uno dei più temuti flagelli dell'agricoltura. 

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  • Si tratta di sciami inarrestabili di cavallette che si estendono su un fronte lungo 60 – 70 Km e per una profondità che si misura a giornate di passaggio, un vero esercito distruttivo una minaccia serissima per la sicurezza alimentare e per i mezzi di sussistenza. Secondo quanto confermato dalla Fao, la peste delle cavallette ha già distrutto 175 mila acri di terreno, solo in Somalia. 

    Uno sciame medio può distruggere raccolti in grado di sfamare 2.500 persone per un anno. A rischio anche il traffico aereo in tutte le zone interessate. A volte, intere popolazioni di cavallette, spinte da un oscuro istinto, che forse si desta nelle annate di maggiore prolificazione, movendosi a schiere sterminate, compiono vere migrazioni, lasciando ovunque il deserto lungo il loro passaggio. Volano tutta la giornata, si posano la sera per ripartire l'indomani. Si fermano soltanto allorché è giunta l'ora di deporre le uova. In America sono state osservate "migrazioni di ritorno", nel corso delle quali le larve non conoscono ostacoli, e, sebbene sprovviste di ali, possono attraversare anche i fiumi.

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  • Le regioni dove il fenomeno migratorio e le invasioni raggiungono la massima intensità sono la Siria, l'India, l'Africa settentrionale e meridionale, gli Stati Uniti d'America e le Pampas dell'Argentina. Ma anche nei paesi dell'Europa centrale e meridionale, particolarmente in Sicilia, si devono lamentare periodiche invasioni di cavallette.

    Molto nota è l'invasione delle cavallette in Egitto (Esodo, X, 13-15) secondo cui "il paese ne fu coperto ed oscurato", e "in tutto l'Egitto non rimase alcun verdume sugli alberi, né erba nei campi". 

    La lotta contro le cavallette è tanto ardua, che ha assunto le proporzioni di lotta sociale condotta o sorretta dagli stati. La tecnologia moderna mette a disposizione dei metodi di lotta su larga scala, come una disinfestazione delle zone interessate con insetticidi, effettuata con  aerei, ma problemi economici, oltre che politici e le continue guerre che questi territori  sono soggette a sostenere lo impediscono.

    Già nell’antichità si ricorse alla leva in massa delle popolazioni per cacciare o distruggere gl'invasori. Per quanto i mezzi distruttivi si siano col tempo moltiplicati e perfezionati, non per questo il compito è divenuto agevole e sicuro. Altri mezzi di lotta meno invasivi, ma più impegnativi  si devono effettuare sul luogo dove si è posato lo sciame e dove avvengono l'accoppiamento e la deposizione delle uova. Qui conviene procedere subito alla distruzione dei nidamenti oviferi, e ciò per prevenire un'invasione nell'anno successivo, assai più devastatrice della prima.

    Nella successiva primavera si dovrà poi sorvegliare la schiusa delle uova rimaste e la prima comparsa delle larve ancora poco agili, bruciando, dov'è possibile, i tratti incolti che costeggiano i campi coltivati, o anche concentrando, mediante battute, verso apposite fosse, o contro ripari e reticolati, grandi quantità di larve, che così potranno agevolmente esser distrutte.

    Nel dopoguerra si sono più frequentemente utilizzati con qualche successo i cosiddetti "lancia fiamme"; e, nell'America del Nord, anche i gas afissianti lasciati cadere da aeroplani. Senza apprezzabile risultato, invece, rimangono finora i numerosi apparecchi di cattura escogitati, come pure i tentativi di utilizzare i nemici naturali delle cavallette, come taluni imenotteri e taluni funghi microscopici parassiti, distruttori di uova e di adulti. Nel lontano passato, la Sicilia e la Sardegna, oltre alla siccità erano flagellate anche dall’invasione delle cavallette provenienti dall’Africa, che distruggevano tutta la vegetazione esistente  Nel 1965 ho avuto la possibilità di assistere in Sardegna ad  un’invasione di cavallette, per fortuna di medie dimensioni.

    In Sicilia, invasioni di cui si è a conoscenza fu quella del 1542, quando le cavallette distrussero tutto il raccolto. Nel 1547 i campi e la città di Salemi furono infestate dalle cavallette; il popolo tutto, nobili e contadini, si recò a chiedere grazia a San Biagio, protettore delle sementi. Da allora il popolo promise di ringraziare San Biagio ad ogni ricorrenza, riproducendo le cavallette nei così detti “panuzzi”  di San Biagio, finemente lavorati e  chiamati “cavadduzzi”;  inoltre si riproducono alla stessa maniera le “gole” di cui il Santo è protettore, sotto forma di  “cuddureddi”.   

    Un’altra invasione di cavallette si ebbe nel 1713. Queste bestie creavano tanto terrore che si sperava soltanto nell’intervento divino per fermarli. In merito,  G.Vuiller pittore paesaggista francese, visitando la Sicilia nel 1893, così scrisse: - <> – 

    Anche il Pitré afferma che contro le ricorrenti invasioni di cavallette, “l’ariddi”, si provvedeva con pratiche esorcistiche cui partecipava una marea di popolo: «Se oggi la fanno i semplici sacerdoti o qualche modesto curato di campagna, in cotta e stola, una volta lo facevano vescovi ed arcivescovi di Palermo e d’altre città dell’isola in abiti pontificali con l’assistenza d’interi Capitoli e di Senati». 

    Ma i contadini conoscevano anche altri metodi per impedire che questi maledetti  insetti distruggessero i seminati,  ricercando e distruggendo le uova, o dando la caccia alle cavallette senza ali, o infine dando la caccia a quelle alate e più frequentemente, bruciandole. Nel periodo estivo ottimi risultati si ottenevano lasciando nei campi infestati dalle larve ormai mature, squadre di tacchini. 

    A Castelvetrano c’era la Chiesa di San Leonardo (oggi chiusa, già sede dei vigili urbani), costruita tra il 1500 e il 1600, dove si celebrava, a spese del municipio, la festa di San Trifonio per proteggere la città e le campagne dalle invasioni di cavallette. Il Santo, nel culto orientale, era tenuto in grande considerazione dai contadini greci per la salvaguardia delle coltivazioni dalle invasioni di cavallette, dalla infestazione di rettili, di insetti ed altre specie di animali nocivi. Il Santo viene rappresentato come un giovane militare o come un pastore di oche, capace di operare guarigioni ed esorcismi.

    Quando era in vita, il santo, dopo essere stato torturato subì il martirio per decapitazione a Nicea (in Asia Minore) all'età di diciotto anni, il 2 febbraio del 250. Diverse le date della ricorrenza. Molti lo venerano il 2 di febbraio mentre il Martyrologium Romanum lo pone al l0 febbraio come Santo patrono dei giardinieri ed ortolani. 

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